III MODULO - PERIFERICHE ESTERNE

Dialogare con il computer - le perifericheDialogare con il computer - le periferiche 

Ecco le periferiche che analizzeremo in questo modulo:

tastiera mouse altri dispositivi
di puntamento
tavoletta
monitor stampanti scanner modem

LA TASTIERA

E' dispositivo di input

Serve a immettere nel computer testo e numeri (per velocizzare quest'ultima operazione, le tastiere includono di norma un particolare tastierino numerico), ma anche a guidare, attraverso la pressione dei tasti opportuni, lo svolgimento dei programmi.

I tasti alfabetici, numerici e di punteggiatura sono disposti in maniera simile a quelli di una normale macchina da scrivere. I tasti funzione, invece, servono a rendere più semplice l'invio di alcuni comandi usati frequentemente.
Sono presenti, inoltre, degli indicatori luminosi che mostrano lo stato (se in funzione o meno) del blocco maiuscole, del blocco numerico, del blocco scorrimento, eccetera.

Alcuni dei tasti principali:

1 - tasti alt e ctrl: il tasto alt (alternate) e il tasto ctrl (control) producono la loro efficacia solo se usati insieme ad altri tasti e servono ad inviare comandi speciali al p.c.

2 - tasto prtsc: (print screen) il tasto prtsc se premuto da solo copia l'immagine video. Se lo si preme preceduto dal tasto ALT copia nella clipboard( Cartella appunti) la finestra attiva.

3 - tasto del: (delete) cancella il carattere su cui il cursore è posizionato.

4 - tasto di tabulazione sposta il cursore alla sua destra di otto caratteri se si è in DOS, oppure lo porta al più vicino fermo di tabulazione impostato nell'applicazione su cui si sta lavorando.

5 - tasto esc: l'uso del tasto esc (escape) equivale ad annullare l'ultima operazione in corso (non ancora completata).

6 - tasto return a seconda del tipo di applicazione nel cui ambito viene usato, può produrre una semplice "andata a capo" o può essere richiesto per confermare quanto è stato immesso. Nella maggior parte dei casi quello che scrivete non verrà preso in considerazione dal P.C. finché non viene premuto il tasto ins.

7 - tastierino numerico: il tastierino numerico è composto dai tasti che si trovano sulla destra della tastiera, essi hanno due funzioni principali:

- possono essere usati per battere numeri quando il programma ne richiede una grande quantità in input;
- possono essere usati per muovere il cursore nelle quattro diverse direzioni indicate dalle frecce che compaiono sui tasti numerici.

La diversa funzione del tastierino numerico viene impostata per mezzo del tasto num lock premendolo una volta, il tastierino permette di inserire numeri, premendolo di nuovo il tastierino permette di controllare la posizione del cursore.

il funzionamento di base della tastiera non è mutato in modo significativo da quando, agli inizi degli anni Ottanta, è stato commercializzato il primo PC IBM.  L’unica differenza, in pratica, è rappresentata dal meccanismo che converte il movimento del copritasto in un segnale inviato al computer.  Fatta eccezione per questa differenza, il trasferimento dei segnali nel resto della tastiera e nel PC è una tecnologia largamente consolidata. (costi bassi)

Indipendentemente dal tipo di tastiera utilizzata, la pressione di un tasto provoca una variazione nella corrente che fluisce nei circuiti associati a quel tasto.

Un microprocessore (per esempio l’Intel 8048) inserito nella tastiera esplora continuamente i circuiti che portano ai tasti e rileva aumenti e diminuzioni di corrente dal tasto premuto.  In questo modo il processore può stabilire sia quando un tasto è premuto, sia quando è rilasciato.  A ciascun tasto corrisponde un insieme univoco di codici, anche se per l'utente i tasti sembrano tutti uguali.  Il processore, per esempio, può distinguere fra shift di sinistra e di destra.  Per distinguere fra un segnale reale e una fluttuazione casuale di corrente, la scansione viene ripetuta centinaia di volte al secondo e solo i segnali rilevati in due o più scansioni innescano un'azione da parte del processore.

In funzione del circuito di tasto che gli invia un segnale, il microprocessore genera un numero, denominato codice di scansione o scan code.  Per ogni tasto esistono due codici di scansione, uno per quando il tasto viene premuto e uno per quando viene rilasciato.  Il processore memorizza il numero nel buffer della tastiera, e lo carica in una porta da cui può essere letto dal BIOS del computer.  Poi il processore invia un segnale di interruzione (IRQ) sul cavo della tastiera, per dire all'unità corrente che c'è un codice di scansione in attesa.  Il segnale di interruzione dice all'unità centrale di tralasciare quello che sta facendo e di rivolgere la sua attenzione al servizio richiesto dall'interruzione.

Il BIOS legge il codice di scansione dalla porta della tastiera, e invia alla tastiera un segnale per comunicarle che può cancellare quel codice dal suo buffer.

Se il codice di scansione è quello di un comune shift o di uno dei tasti speciali o di commutazione (Ctrl, Alt, Num Lock, Caps Lock, Scroll Lock o lnsert) il BIOS modifica due byte in un'area specifica della memoria, così da conservare documentazione di quale fra questi tasti sia stato premuto.

Per tutti gli altri tasti, il BIOS controlla quei byte per stabilire lo stato di shift e tasti commutatori.  In funzione di quello stato, il BIOS traduce il codice di scansione in un codice ASCII, utilizzabile dal PC, che sta per un carattere, o in un codice speciale che sta per un tasto funzionale o un tasto di spostamento del cursore.  Maiuscole e minuscole hanno codici ASCII diversi.  In ogni caso, il BIOS colloca il codice ASCII o il codice speciale nel suo buffer, dove viene recuperato dal sistema operativo o dal software applicativo non appena sono concluse le operazioni in corso.

IL MOUSE


Altro dispositivo di input, detto di puntamento, indispensabile per lavorare con ambienti visuali (finestre).

Le operazioni standard sono: click, doppio click, trascinamento e click destro.

Attraverso appositi sensori, il computer riceve informazioni sullo spostamento della pallina collocata alla base del mouse stesso, e le interpreta come spostamenti da far eseguire al cursore sullo schermo; analogamente, il 'click' del mouse (la pressione di uno dei suoi tasti) viene ricevuto e interpretato in accordo con le istruzioni fornite dal programma che si sta utilizzando

Come funziona il mouse meccanico

Quando si sposta un mouse trascinandolo su una superficie piana, una pallina (fatta di gomma o di acciaio rivestito di gomma) che fuoriesce dalla faccia inferiore del mouse ruota nella stessa direzione del movimento.

Nella sua rotazione, la pallina tocca e fa ruotare due cuscinetti montati ad angolo retto l'uno rispetto all'altro.  Uno risponde ai movimenti in avanti e all'indietro del mouse, che corrispondono a movimenti verticali sullo schermo; l'altro percepisce i movimenti laterali, che corrispondono a movimenti orizzontali sullo schermo.

Ciascun cuscinetto è fissato a una rotella, il codificatore, un po' come nelle automobili l'albero motore è collegato alle ruote degli assali.  Ruotando, i cuscinetti fanno ruotare i codificatori.

Sul bordo di ciascun codificatore si trovano piccole punte di contatto metalliche.  Dall'involucro del mouse sporgono due barrette di contatto che vanno a toccare le punte sui codificatori, al loro passaggio.  Ogni volta che una barretta tocca una punta, si ha un segnale elettrico.  Il numero dei segnali indica quante punte sono state toccate dalle barre di contatto e quanto più numerosi sono i segnali, tanto maggiore lo spostamento del mouse.  La direzione in cui ruotano i cuscinetti, insieme con il rapporto fra il numero dei segnali dei cuscinetti verticale e orizzontale, indica la direzione in cui è stato spostato il mouse.

I segnali vengono inviati al PC attraverso il cavo del mouse; il software converte numero, combinazione e frequenza dei segnali dei due codificatori in distanza, direzione e velocità di spostamento del cursore sullo schermo.

Anche la pressione di uno dei due pulsanti del mouse invia un segnale al PC, che lo trasferisce al software.  In funzione del numero di volte che si è premuto il pulsante e della posizione del cursore al momento del "clic', il software esegue il compito desiderato.

Altri dispositivi di puntamento

  Trackball

Trackball: alternativa al mouse, la trackball ne usa lo stesso meccanismo, avendo però la biglia sul lato superiore invece che sotto. Il movimento del cursore sullo schermo si comanda muovendo la biglia con le dita senza spostare la trackball. In questo modo non occorre lo spazio che serve invece per muovere il mouse.
Lo svantaggio è una certa scomodità d'uso (minore precisione e rapido affaticamento delle dita), oltre ad una maggiore tendenza a raccogliere polvere e sporcizia. La trackball è usata soprattutto sui portatili (che devono essere utilizzabili in ogni condizione, anche quando non c'è spazio per muovere un mouse), sebbene nei modelli recenti sia stata sostituita dalla touch pad, un'area rettangolare sensibile al tocco delle dita.

tavoletta grafica

periferica di input per disegnare a mano libera.

Quando si deve usare il computer per disegni di precisione (tecnici o artistici) il mouse è uno strumento del tutto inadeguato perché troppo difficile da controllare. Per questi casi esiste la tavoletta grafica, che comanda il cursore sullo schermo facendo uso di uno speciale stilo su un piano sensibile, esattamente come fosse una matita su un foglio di carta.

I movimenti di una sorta di 'penna' sulla sua superficie vengono registrati da appositi sensori e vengono fatti corrispondere ai movimenti di una 'penna virtuale' sullo schermo del computer. In associazione con un programma grafico, la tavoletta grafica permette di 'disegnare' al computer.

IL MONITOR

La gamma di monitor presenti sul mercato è molto ampia. La maggior parte dei computer viene offerta con monitor da 14" (14 pollici) e questa non rappresenta di certo la soluzione ideale. A fronte di un minimo risparmio viene corrisposta una prestazione spesso scadente.

Un buon display da 15 pollici ha un prezzo di circa 150 - 200 mila lire superiore ad un 14" ma i suoi vantaggi compensano pienamente la differenza di prezzo. La maggiore area di visualizzazione consente di visualizzare comodamente una risoluzione di 800 x 600 punti. Ricordarsi che la qualità alla fine paga sempre, soprattutto quando a farne le spese è la vista. Per chi poi passa molte ore davanti ad un computer sarebbe consigliabile un monitor a 17 pollici. Se poi il vostro lavoro è collocato nell'ambito della grafica o del CAD (Computer Aided Design), allora la risposta è categorica: 21 pollici.
Una raccomandazione importante: valutare il monitor vedendolo in funzione. Non acquistare mai a scatola chiusa.

Le norme anti-emissione di radiazioni
I monitor sono soggetti alle norme per il controllo delle emissioni delle radiazioni :

La specifica MPRII prevede, ad esempio, la limitazione al di sotto dei 50 cm. del raggio di emissioni nocive, e che la norma TCO riduce questo raggio a 30 cm. Le norme TCO92 contengono specifiche e requisiti energetici ancora più rigidi e restrittivi , come ad esempio l'auto spegnimento dopo un certo periodo di inutilizzo.
La nuova TCO99 contiene direttive che determinano:
norme ecologiche sul tipo e sul numero di materie plastiche , verniciatura ecc.
emissioni radiazioni: le stesse di TCO95 con la misurazione del monitor contenente una immagine testo nero su fondo bianco;
Energia, consumo di Max 15 Watt
Frequenza di refresh di almeno 85 Hz
Migliore schermatura di campi magnetici esterni
Senza entrare in ulteriori dettagli, è bene sapere che a norme più recenti corrispondono regole di maggiore severità.

Le casse.

Sempre più modelli incorporano le casse acustiche. Vale la pena precisare che, generalmente, le casse presenti nei monitor hanno una minore potenza rispetto a quelle esterne e che quelle acquistate separatamente non producono, nella maggior parte dei casi, distorsioni nelle basse o alte frequenze. In contrapposizione c'è da dire che le casse inserite nel monitor fanno risparmiare spazio.

Alcuni termini utili...

Dot pitch
Il dot pitch è la distanza tra i singoli punti di fosforo dello stesso colore. La distanza di questi punti deve essere inferiore o uguale 0,28 mm, a valori minori corrispondono immagini più definite e nitide.
La risoluzione dello schermo
Non è altro che il numero dei pixel visualizzati. Maggiore è il numero dei pixel e maggiore sarà la nitidezza.
Il refresh
Viene chiamato refresh il parametro, espresso in Hertz , che identifica la velocità con cui vengono tracciate le immagini sullo schermo. Il refresh dovrebbe essere impostato almeno a 75 Hz (viene scandito 75 volte al secondo) per evitare un fastidioso sfarfallìo e disturbi alla vista. Frequenze sotto i 72 Hz iniziano a dare un certo fastidio che diventa mal di testa intorno ai 60 Hz La frequenza di refresh ottimale dovrebbe essere dagli 85 Hz in su.
Banda passante
E' l'intervallo delle frequenze di amplificazione video entro il quale l'amplificazione è priva di distorsioni.
Poiché in un segnale video i dettagli più fini sono legati a frequenze alte, se la banda passante non è sufficientemente ampia si rischia di visualizzare i dettagli più fini privi di un contrasto sufficientemente idoneo.Per calcolare la banda passante di un Monitor occorre moltiplicare il valore di refresh per il numero di pixel e di linee, maggiorando il risultato del 10-15% circa . Ad esempio la banda passante in un monitor con refresh di 75Hz
ad una risoluzione di 1600 x 1200, la banda passante minima deve essere di circa 160 MHz. Un valore minore determinerebbe una visualizzazione di particolari con scarso contrasto.
Lo sfarfallìo
Lo sfarfallìo (in inglese flickering) non è altro che un rapido brillare dell'immagine sullo schermo (si riesce facilmente a distinguere guardando i bordi laterali del display) causato dal fatto che l'immagine stessa si esaurisce prima che venga scandita nuovamente dal fascio elettronico. Se ne deduce che più è alta la frequenza di refresh e minore sarà lo sfarfallìo.


(tratto dal sito: http://www.boscarol.com/pages/cg/054-mon_crt.html - di Mauro Boscarol)

Il monitor utilizzato con il personal computer è  un dispositivo raster cioè consiste di una matrice rettangolare di pixel (picture element). Ogni pixel del monitor può assumere un colore tra quelli disponibili.

Esistono in realtà anche monitor non raster, ma oggi sono scarsamente utilizzati, e solo per applicazioni particolari.

Caratteristiche del raster

Il pixel occupa una zona quadrata, il cui lato varia da monitor a monitor. Il numero di pixel di base e il numero di pixel in altezza sono le dimensioni in pixel del monitor (per esempio 1024 x 768 pixel).

Dimensioni comuni di questa matrice rettangolare di pixel sono le seguenti

  • 640 pixel di base per 480 di altezza (standard VGA);
  • 800 pixel di base per 600 di altezza;
  • 1024 pixel di base per 768 di altezza (standard XGA);
  • 1280 pixel di base per 1024 di altezza (standard SuperVGA).

Un monitor multisync consente di modificare la dimensione del pixel (per esempio passando da 640 x 480 su tutto lo schermo a 800 x 600: in tal modo il singolo pixel diventa più piccolo).

I monitor meno recenti hanno dimensioni fisse e non modificabili, per esempio 640 x 480 pixel. Un monitor multisync può invece essere regolato indifferentemente su una qualunque delle dimensioni in pixel che supporta (e che sono supportate anche dalla scheda grafica).

Poichè le dimensioni fisiche del monitor naturalmente non variano, modificare le dimensioni in pixel del monitor significa in realtà  modificare il lato del pixel; per esempio passando da 640 x 480 pixel a 800 x 600 pixel, il lato del pixel diminuisce (perché nella stesso spazio in cui prima c'erano 640 pixel, ora ce ne sono 800).

La risoluzione (resolution) del monitor è il numero di pixel per unità  di misura (pollice o centimetro):

  • pixel per pollice (ppi, pixel per inch);
  • pixel per centimetro (ppc).

Normalmente nei monitor e nella televisione il rapporto di forma è di 4:3, cioè posta a 4 la base l'altezza è 3. La televisione ad alta definizione (HDTV, High Definition TV) ha un rapporto di forma di 16:9.

La risoluzione di un monitor è di 72 pixel per pollice?
Riporto qui la domanda che solitamente un utente pone:

    Sto cominciando a dedicarmi al web e in un forum di discussione alcune persone parlano di differenti risoluzione dei monitor. In pratica, io pensavo che i monitor avessero tutti una risoluzione a 72 dpi invece sono stato contraddetto dai più "esperti" che parlano di 150 dpi, 96 dpi... Potrei avere una spiegazione tecnica?

    L'argomento tende a confondere le idee, ma in realtà la questione è molto semplice.

    Partiamo dall'inizio, e cioè dal fatto che il monitor è costituito da un certo numero di pixel. Per esempio il monitor Studio Display che sto usando è regolato in questo momento a 1280 pixel in orizzontale e 1024 pixel in verticale (per un totale di 1.310.720 pixel). Ogni monitor moderno (multiscanning) può essere regolato su diverse dimensioni in pixel. Per esempio il mio anche su 1024 x 768 e altre dimensioni. Ricordo ancora che il pixel è quadrato (o così dovrebbe essere nei buoni monitor).

    Riprendiamo poi la definizione di risoluzione: è il numero di pixel per pollice (in generale per unità di misura, quindi anche per cm per esempio, ma il pollice è entrato nell'uso; 1 pollice = 2.54 cm).

    Misuro la larghezza (in pollici) dell'area di visualizzazione (cioè dell'area in cui ci sono i pixel) del mio monitor e vedo che sono 13,3 pollici. Quindi la risoluzione attuale del mio monitor è 1280 pixel / 13,3 pollici = 96,2 pixel per pollice.

    Se invece lo regolo a 1024 x 768 la risoluzione diventa 1024 pixel / 13,3 pollici = 77 pixel per pollice. Non occorre fare lo stesso calcolo in verticale perché il pixel è quadrato.

    Quindi la risoluzione di un monitor dipende dalla dimensione in pixel (che nei vecchi monitor era fissa, ma ora con i monitor multiscanning è regolabile) e dalle dimensioni fisiche dell'area di visualizzazione.

    C'è da chiedersi: perché è così diffusa l'idea che la risoluzione dei monitor sia 72 pixel per pollice? Perché in un monitor a 72 pixel per pollice il pixel ha la stessa dimensione del punto tipografico (entrambi 1/72 di pollice), e dunque le dimensioni di visualizzazione corrispondono esattamente alle dimensioni di stampa (per esempio un foglio A4 che è largo 21 cm, anche su monitor è largo 21 cm). I monitor a 72 pixel sono in un certo senso monitor "ideali" per quanto riguarda le dimensioni di visualizzazione.

    I primi monitor a colori della Apple erano fissi su 72 pixel per pollice, dunque visualizzavano le immagini esattamente al 100% dell'originale, e questa cosa era stata ampiamente pubblicizzata. Successivamente Apple non si è più curata di questo fatto, anche perchè i monitor erano ormai multiscanning e potevano essere regolati su diverse risoluzioni (oggi un foglio A4 visualizzato su monitor non ha quasi mai le stesse dimensioni di un A4 originale, il che equivale a dire che la risoluzione del monitor non è quasi mai 72 pixel per pollice). Tuttavia la fantasia popolare continua a credere che la risoluzione sia rimasta a 72 pixel per pollice.

Caratteristiche di colore
In memoria, ogni pixel del monitor è rappresentato con un certo numero di bit. Questo numero viene detto profondità di colore. Per esempio se ad ogni pixel sono riservati 8 bit (quindi 256 livelli) per il rosso e altrettanti per il verde e il blu, la profondità  di colore è di 24 bit (e quindi ogni pixel può assumere un colore tra 16.777.216 colori).
Tecnologia dei monitor
Le principali tecnologie con le quali sono realizzati i monitor sono:
  • tubo a raggi catodici (CRT, cathode ray tube);
  • cristalli liquidi (LCD, liquid crystal display);
  • al plasma (PDP, plasma display peripheral).
Video RAM

La video RAM è una memoria riservata al video. Ogni posizione di memoria della video RAM indica il colore di un pixel. Poiché il colore del pixel di un monitor si forma in sintesi additiva a partire da tre primari R, G e B, ogni posizione sarà à divisa in tre zone per i tre valori R, G e B.

Se per ogni primario sono riservati otto bit (1 byte), ogni pixel richiede 24 bit (3 byte) e, per esempio, un monitor di 1024 x 768 pixel richiede 1024 x 768 x 3 byte = 768 x 3 Kbyte = 2304 Kbyte = 2.25 Mbyte di video RAM.

In questo esempio il valore di luminosità di un primario può variare da 0 (quantità  nulla di luce) a 255 (quantità  massima di luce). Quindi ci sono 256 possibili livelli di rosso, 256 possibili livelli di verde e 256 possibili livelli di blu, e quindi in totale 256 x 256 x 256 = 16.777.216 possibili colori (chiamati per brevità "16 milioni di colori") che un pixel può assumere.

Convertitore DAC (digitale-analogico)

Se il monitor è digitale può essere controllato da numeri, ma se è analogico deve essere controllato da livelli di potenziale. Consideriamo per esempio un monitor CRT (cathode ray tube). Se il potenziale è 0 mV, il fosforo è spento (nero), se il potenziale è al massimo voltaggio, per esempio 700 mV, il fosforo è acceso al massimo della luminosità  (per esempio il rosso più intenso).

Quando il computer deve visualizzare un pixel con determinati colori RGB, per esempio 20, 220, 130 (i valori possono andare da 0 a 255), il computer passa questi valori alla scheda video che li inserisce nella video RAM e mediante un convertitore digitale analogico (DAC) li converte in tre segnali di ampiezza, per esempio 55, 604, 358 mV. A questo punto, se il monitor è CRT, al fosforo rosso di quel pixel viene spedito un segnale di 55 mV, al fosforo verde un segnale di 604 mV e al fosforo blu un segnale di 358 mV.

I fosfori del monitor emettono luce colorata in funzione di tali valori di ampiezza. Il fosforo rosso per esempio (ma anche quelli verde e blu si comportano nello stesso modo) non emette luce se il segnale è 0. Se anche i fosfori verde e blu non emettono luce, il pixel è nero. Se il segnale è al massimo, diciamo 700 mV, il fosforo rosso emette il massimo della luce rossa, e se anche gli altri due fosfori emettono il massimo di luce (verde e blu), il pixel sarà  bianco.

Tubo a raggi catodici

Nel 1909 vennero assegnati due premi Nobel per la fisica: il primo a Guglielmo Marconi per le sue ricerche sulle onde radio, e il secondo a Karl Ferdinand Braun, un fisico tedesco che lavorava sui raggi catodici.

La tecnologia del tubo a raggi catodici risale dunque ai primi anni del 1900, ma è ancora molto utilizzata, specialmente dopo lo sviluppo della televisione negli anni '50 e '60. Confrontata con altri tipi di tecnologia di monitor è economica, affidabile e versatile.

L'immagine viene prodotta sulla superficie interna del tubo da uno o più fasci elettronici che colpiscono il rivestimento, costituita da una superficie fosforescente. La scansione avviene velocemente, abbastanza velocemente da dare l'impressione che si tratti di una immagine fissa.

La scansione avviene deflettendo i fasci elettronici orizzontalmente e verticalmente. Per ragioni pratiche, il raggio non può deflettere oltre 110°. La scansione inizia in alto a sinistra e avviene da sinistra a destra e dall'alto verso il basso. Quando sono colpiti dal fascio, i fosfori vengono eccitati e producono luce che illumina lo schermo.

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Come si formano i colori in un monitor CRT
Ogni pixel di un monitor CRT è in realtà costituito da tre minuscoli punti di materiale fosforescente che non è possibile vedere individualmente ad occhio nudo. Si tratta dei tre fosfòri (niente a che fare con l'elemento chimico fosforo), uno rosso (red, R), uno verde (green, G) e uno blu (blue, B).

I tre cannoni elettronici (rispettivamente per il rosso, verde e blu) emettono tre fasci di elettroni che spazzano progressivamente l'intero raster. Quando i tre fasci colpiscono un pixel, un particolare meccanismo magnetico-meccanico con l'uso di una maschera forata (shadow mask) fa in modo che il primo fascio colpisca il fosforo R, il secondo colpisca il fosforo G e il terzo quello B.

I fosfori sono sistemati in terne circolari (Precision InLine) o in striscie verticali (Trinitron).

I tre fosfori del pixel vengono eccitati dai tre fasci di elettroni che li rendono fosforescenti (l'aggettivo "fosforescente" significa letteralmente, "produttore di luce"). I fosfori sono molto vicini per cui è impossibile distinguerli a occhio nudo, e la mescolanza dei loro colori avviene, in effetti, nell'occhio dell'osservatore (tecnicamente si tratta del processo di sintesi additiva spaziale).

Ogni pixel del monitor può dunque assumere un colore determinato da una certa luminosità  dei fosfori rosso, verde e blu. Variando l'intensità  con la quale i tre fasci elettronici colpiscono i tre fosfori, varia il colore percepito.

Se l'immagine deve essere mantenuta il fosforo necessita di essere continuamente alimentato con elettroni perché la persistenza del fosforo (il tempo in cui la luce viene messa) è breve: da 40 microsecondi a 3 secondi. Per immagini in movimento è meglio una persistenza breve, ma la persistenza lunga riduce lo sfarfallio.

Termini tecnici relativi ai monitor CRT

La frequenza verticale o frequenza di quadro (vertical frequency o frame rate) è la frequenza alla quale viene completata una immagine. Se è troppo bassa, minore di 60 Hz, si verifica il fenomeno dello sfarfallio (flicker). Per la computer grafica è necessaria una frequenza verticale almeno di 75 Hz.

L'interlacciamento (interlacing) è un metodo che consente di ridurre la frequenza verticale mantenendo basso lo sfarfallamento. In uno schermo interlacciato ogni quadro è composto di due campi che contengono ognuno una riga sì e una no.

Se ogni quadro contiene 525 linee il primo campo contiene le linee 1, 3, 5, ..., 525 e il secondo campo 2, 4, 6, ..., 524. Per applicazioni grafiche è preferibile un display non interlacciato.

La risoluzione verticale è il prodotto del numero di campi per il numero delle linee.

La frequenza video (video frequency, dot clock) è la velocità  a cui il fascio elettronico può accendersi e spegnersi. Frequenza video = frequenza di linea per risoluzione orizzontale.

La frequenza orizzontale o frequenza di linea (horizontal frequency o line rate) è la frequenza a cui viene scansionata la singola riga del display. E' per definizione il prodotto della frequenza verticale, il numero di campi e il numero di linee.

Frequenza di linea = frequenza verticale x risoluzione verticale.


Cristalli liquidi

La tecnologia CRT sta per essere sostituita dalla tecnologia dei cristalli liquidi (LCD, liquid cristal display).

I cristalli liquidi sono composti organici che possono avere sia le proprietà  dei liquidi sia le proprietà  dei cristalli: come i liquidi possono essere versati ma come i cristalli mantengono una struttura molecolare ordinata.

Le molecole nei cristalli liquidi si possono considerare disposte su livelli; i cristalli liquidi nematici ritorti (twisted nematic, "nematico" significa filiforme) hanno le molecole del livello superiore orientate ad angolo retto con le molecole del livello inferiore. Quando viene applicato un campo elettrico, le molecole si allineano parallelamente tra loro. Quindi il cristallo liquido può essere in uno di due stati: twisted on oppure twisted off. Quando il cristallo liquido è twisted on ha l'utile proprietà  di cambiare la polarizzazione della luce polarizzata di 90°, quando twisted off riflette la luce incidente.

Vantaggi e svantaggi

I monitor a cristalli liquidi hanno numerosi vantaggi: alta risoluzione, uniformità  nello spazio e nel tempo (perché ogni singolo pixel può essere indirizzato separatamente e non viene influenzato dai pixel adiacenti). Inoltre sono sottili (1-2 centimetri) e leggeri, necessitano di una potenza elettrica molto bassa, non espongono l'utente ai pericoli dei raggi catodici.

Presentano tuttavia anche alcuni difetti: una risoluzione temporale molto bassa (problemi con le immagini dinamiche); bassa luminanza e basso contrasto cromatico; gamut di colore ridotto rispetto ai monitor CRT (soprattutto a causa del primario blu). Inoltre sono ancora molto più costosi dei monitor CRT (circa 200.000 lire a pollice, agosto 2000).

I principali tipi di monitor a cristalli liquidi sono

  • a matrice passiva:
    • TN, twisted nematic;
    • STN, supertwisted nematic;
    • DSTN, dual scan twisted nematic;
    • CSTN, color twisted nematic;
    • HPD, hybrid passive display;
  • a matrice attiva:
    • TFT, thin film transistor.

I tipi monitor a matrice passiva più usati sono TN e STN. Il monitor TN è caratterizzato da un bassissimo consumo (usa la luce ambiente per illuminare lo schermo) ed ha trovato presto applicazione nel campo dei computer portatili. Tra gli svantaggi vi sono un contrasto piuttosto ridotto e un angolo di "corretta visione" piuttosto ristretto (circa 20°), dovuti anche alla presenza dello strato di elettrodi trasparenti davanti al video.

Il monitor STN è una evoluzione del TN in cui le molecole della fase nematica (e quindi anche la luce polarizzata incidente) subiscono una rotazione di 270° invece che di 90°. I vantaggi principali sono un maggiore contrasto (circa il triplo) ed un maggiore angolo di "corretta visione" (circa il doppio) rispetto ai TN. Presentano tuttavia maggiori problemi di birifrangenza, per cui qualche volta possono verificarsi spostamenti di colore. Esistono comunque opportuni metodi correttivi che permettono di ovviare a questi inconvenienti.

Il monitor a matrice attiva (TFT, thin film transistor) è il più moderno. In questo monitor l'indirizzamento di ogni singolo pixel avviene tutto alle spalle del display stesso e i pixel sono attivati da un apposito transistor. Quindi non è più necessario porre davanti al video una serie di elettrodi: è sufficiente la presenza di una unica lastra trasparente con funzioni di "terra". Il contrasto è quattro volte maggiore rispetto agli STN e l'angolo di visuale è più ampio.

Plasma

La tecnologia al plasma si basa sulla luce fluorescente. In ogni cella del display si trova il gas, normalmente una miscela di Neon e Xenon, che in un campo elettrico modifica le proprie caratteristiche. Applicando una tensione il gas ionizza e diventa un plasma che cede luce ultravioletta non visibile. La parte esterna del pannello è ricoperta con fosfori RGB che rendono visibile la luce. Tre celle adiacenti costituiscono un pixel.

Un clock di 30 kHz è sufficiente a visualizzare una immagine senza sfarfallio. Questa caratteristica ha tuttavia effetto anche sulla visualizzazione di immagini mobili. Mentre un colore viene già acceso, l'altro non è ancora illuminato. Per minimizzare questo problema i diversi costruttori utilizzano metodi diversi.

La tecnologia al plasma consente di realizzare monitor di grandi dimensioni, la cui diagonale varia da 25" a 50" che è 1 metro e 27 centimetri. Nonostante queste dimensioni i monitor al plasma non hanno alta risoluzione: il lato del pixel non è diminuibile a piacere. Così dimensioni maggiori di 852 per 480 pixel con un PDP a 42" sono difficilmente raggiungibili. Al contrario i monitor a cristalli liquidi e CRT possono raggiungere dimensione di punto di 0.3 millimetri.

Comunque i monitor al plasma hanno grande contrasto di luminanza, non sono sensibili alla luce ambientale, sono economici e durevoli.

Immagine6.jpg
Monitor al plasma Hitachi 25", dimensione 1280 x 1024, luminosità  90 cd/m2, angolo visuale 160º

Caratteristiche di colore
In memoria, ogni pixel del monitor è rappresentato con un certo numero di bit. Questo numero viene detto profondità di colore. Per esempio se ad ogni pixel sono riservati 8 bit (quindi 256 livelli) per il rosso e altrettanti per il verde e il blu, la profondità  di colore è di 24 bit (e quindi ogni pixel può assumere un colore tra 16.777.216 colori).

Le tre caratteristiche di un monitor CRT

Le caratteristiche di un monitor che riguardano il colore sono:

  • le coordinate cromatiche dei suoi fosfori
  • il tipo di bianco
  • il gamma

che ora esaminiamo in dettaglio.

Le coordinate cromatiche

La prima caratteristica di un monitor è l'insieme delle coordinate cromatiche dei suoi tre fosfori, cioè le coordinate x e y del fosforo rosso, le coordinate x e y del fosforo verde e le coordinate x e y del fosforo blu. Per esempio i fosfori del classico monitor Apple da 16" hanno queste coordinate cromatiche x e y:

  • rosso = (0.625, 0,340),
  • verde = (0.280, 0.595),
  • blu = (0.155, 0.070).

Tutti i colori generabili da un monitor sono esattamente quelli che, stanno dentro il triangolo che ha come vertici i colori dei fosfori del monitor. Questo triangolo è il gamut del monitor.  Il gamut del monitor è naturalmente un sottoinsieme dei colori visibili in natura.

Come è noto, esiste un altro modo per specificare un colore su un monitor, cioè il modo RGB. Dire che un colore RGB è (120, 20, 230) è tuttavia un modo impreciso per specificare un colore. Questi tre numeri danno risultati diversi su monitor con fosfori diversi. RGB quindi è un sistema (uno spazio di colore) non assoluto, device dependent, che dipende dal monitor a cui ci si riferisce. Gli spazi xyY e gli altri collegati (XYZ e Lab) permettono invece di specificare il colore in modo assoluto, indipendente da ogni specifico dispositivo.

Punto bianco

Il punto bianco non è una caratteristica fissa di un CRT, ma è modificabile tramite la scheda video o i cannoni elettronici. Conviene quindi considerare il monitor come l'insieme del CRT (cathode ray tube), tubo a raggi catodici, cioè il monitor vero e proprio) e la scheda video:

monitor = CRT + scheda video

I programmi di calibrazione possono modificare la risposta dei cannoni elettronici per modificare il punto bianco, o, in alternativa e se hanno accesso alla CLUT (color lookup table) della scheda video, possono modificarla e fare in modo che il punto bianco del monitor sia quello desiderato. Il primo metodo è il migliore.

Gamma del monitor
Il problema è che il rapporto tra il segnale (misurato in mVolt) e la luce emessa non è lineare. Se il segnale che colpisce il fosforo rosso è metà del massimo, per esempio 350 mV, il rosso non avrà luminosità 50% come ci si aspetta, ma circa il 25%.

Il rapporto tra potenziale elettrico che colpisce il fosforo e intensità luminosa che il fosforo emette è (più o meno) uguale per tutti e tre i fosfori. La curva relativa si può rappresentare abbastanza bene con la formula

I=Vg

che si legge così: la luminosità è uguale al voltaggio elevato g. Questo esponente g descrive la risposta del CRT all'ampiezza del segnale video analogico è normalmente (in media) di 2.5. Si tratta di una caratteristica fissa di un CRT, ed è indicato con il termine gamma.

Il gamma è una caratteristica fissa del CRT, ma può essere modificato (nel monitor) agendo sulla CLUT della scheda video (applicando cioè una correzione gamma), in modo da dare al monitor il gamma desiderato.

La correzione gamma è sempre fatta nella scheda video, non nel monitor, anche se di ottima qualità. (I monitor di qualità possono regolare la luminanza del bianco, il livello di nero e la temperatura di colore usando gli amplificatori dei cannoni, ma non il gamma; per il gamma è necessaria una CLUT e la CLUT sta nella scheda video).

Come scegliere un monitor

Tutti i monitor usano la LUT (lookup table, residente nella scheda video) per controllare il gamma.

La maggior parte dei monitor controlla, mediante la LUT, anche la messa a punto del bianco. I migliori monitor per la messa a punto del bianco controllano invece direttamente i tre cannoni elettronici.

Nei migliori monitor, inoltre, il controllo da parte del computer non avviene solo mediante la LUT, ma anche mediante un collegamento diretto per esempio con la porta seriale.

LA STAMPANTE
(tratto dal sito: http://www.boscarol.com/pages/cg/060-stampante.html - di Mauro Boscarol)

Classico dispositivo di output per la stampa dei risultati. Stanno ormai scomparendo le vecchie stampanti ad aghi a favore delle stampanti laser (lievemente più care, ma preferibili per la stampa di qualità di un alto numero di copie) e di quelle a getto d'inchiostro (più economiche, soprattutto nella stampa a colori; la relativa tecnologia ha compiuto negli ultimi anni notevoli passi avanti). La qualità delle stampanti è talmente migliorata nel tempo da relegare a un mercato molto specializzato i cosiddetti plotter, stampanti grafiche a 'pennini' utilizzate per la progettazione e il disegno architettonico

Anche la stampante è un dispositivo raster, in quanto può depositare sulla carta un raster (una griglia rettangolare) di minuscoli punti colorati (o neri).
 

Caratteristiche del raster

Ogni stampante raster ha una risoluzione massima di stampa. Per esempio la Epson Stylus Color 1520 ha una risoluzione massima di 1440 pixel per pollice.

Similmente al monitor, che ha una risoluzione fissa del raster, oppure può essere impostato su alcune (poche) risoluzioni, la stampante può stampare ad una risoluzione fissata o scelta tra alcune (poche) risoluzioni (per esempio 360, 720 e 1440 pixel per pollice).

Nel caso di stampanti in bianco e nero ogni pixel del raster può essere bianco (cioè senza inchiostro) o nero (cioè con inchiostro). Contrariamente ad un monitor, in cui un pixel può assumere un qualunque colore (o un qualunque livello di grigio, se si tratta di un monitor a grigi), una stampante in bianco e nero ha solo due possibilità  riguardo ad un pixel: lasciarlo del colore della carta (bianco) o riempirlo di inchiostro (o toner, o altro) e quindi renderlo nero. Una stampante non può stampare grigi: o stende l'inchiostro o non lo stende. Se è proprio necessario stampare in (per esempio) sette livelli di grigio occorre utilizzare sette inchiostri.

Come viene prodotto il grigio

Tuttavia il grigio si può ottenere lo stesso, precisamente in sintesi additiva spaziale. Il rettangolo qui in basso, se stampato su carta bianca con inchiostro nero, sembra grigio. Si tratta di un effetto ottico. Osservata attraverso una lente di ingrandimento, la superficie grigia rivela infatti di non essere compatta, bensì costituita da piccoli punti di inchiostro nero, tutti uguali e uniformemente distanziati.

Con una stampante a inchiostro nero si può ottenere il grigio stampando puntini neri su sfondo bianco Immagine32.gif

 

Complessivamente i punti neri occupano un'area che è il 50% dell'area totale del rettangolo, per cui un osservatore ad occhio nudo, a sufficiente distanza, ha l'impressione di vedere un grigio la cui luminosità  è circa a metà  strada tra la luminosità  del bianco e quella del nero.

Anche la fotografia nella pagina successiva presenta numerose tonalità  di grigio che variano con continuità , quando viene stampata su carta bianca con inchiostro nero. Anch'essa, osservata attraverso una lente di ingrandimento, presenta una struttura di piccoli punti di inchiostro nero, uniformemente distanziati, ma di dimensioni diverse, per simulare appunto le diverse tonalità  di grigio presenti.

Questa tecnica di simulazione dei grigi mediante inchiostro nero su carta bianca (detta retinatura, screening) è stata introdotta alla fine del secolo scorso dal tedesco Georg Meisenbach (1841-1912). Il principio della retinatura, molto noto nel campo grafica tradizionale, viene utilizzato anche nella computer grafica con alcune modifiche e limitazioni, dovute principalmente all'utilizzo di tecnologia digitale al posto di tecnologia analogica.

Toni continui e mezzitoni

Tradizionalmente, la mezzatinta si otteneva fotografando l'originale a tono continuo interposto tra obiettivo e materiale fotosensibile una lastra di cristallo nella quale sono state tracciate due serie di linee parallele che si incontrano ad angolo retto: il retino, appunto, che, osservato in trasparenza, era costituito da un grande numero di quadratini trasparenti.

Retinatura digitale

Un retino (screen) è costituito da punti posti sull'intersezione di due fasci perpendicolari di rette parallele ed equidistanti.

Il numero di linee per unità  di misura (centimetro o pollice) è la frequenza o lineatura del retino (detta anche intensità , screen frequency, misurata in linee per centimetro o linee per pollice). Naturalmente, la frequenza va misurata lungo le linee stesse.

L'angolo che una linea di punti del retino forma con la verticale è l'angolo del retino (screen angle).

Comunemente un retino consiste di punti a forma di cerchio (retino a punti, dot screen), ma è possibile che i punti abbiano un'altra forma, per esempio la forma di linea (retino a linee, line screen) o di ellisse o di quadrato o altro ancora (si dà  il nome di texture screen ai retini che danno l'idea di una trama).

Se i punti sono tutti delle stesse dimensioni, il retino è uniforme o piatto. Per un retino uniforme si può parlare di percentuale di grigio (screen percentage), cioè del rapporto percentuale tra puntini neri e superficie bianca.

Immagine33.gifImmagine7.jpg

Stampante a getto d'inchiostro Epson Stylus Color 1270

Stampante a getto d'inchiostro Canon

 

Come viene realizzato un retino digitale

In un retino tradizionale, realizzato fotograficamente, angolo e frequenza (e percentuale di grigio nei retini uniformi) sono indipendenti tra loro, cioè si possono realizzare retini con qualunque percentuale di grigio, qualunque angolo e qualunque frequenza. Con le tecniche digitali invece questi tre parametri non sono indipendenti. In altre parole, su un certo dispositivo d'uscita a raster, è possibile creare soltanto retini con certe angolature e l'angolatura determina le frequenze e le percentuali di grigio possibili. Se la risoluzione a cui si lavora è molto alta, ciò non crea un problema ma può diventarlo se la risoluzione è bassa.

Consideriamo come viene realizzato un retino su un dispositivo a raster nel caso più semplice: quello in cui l'angolo del retino è 0°.

Il raster di uscita viene suddiviso in zone quadrate di m x m punti. Ognuna di queste zone è detta punto di retino e m è il lato del punto di retino. In ogni punto di retino è possibile rappresentare m2+1 diverse percentuali (o livelli) di grigio annerendo rispettivamente 0, 1, 2, ..., m2 pixel. Per esempio, se m=4, e quindi i punti sono 16, è possibile ottenere le 17 percentuali di grigio indicate nell'immagine qui sotto.

Nel retino che si ottiene, l'angolo è 0° e la frequenza, se n è la risoluzione del dispositivo di uscita, è n/m. La relazione tra frequenza e numero di livelli di grigio ottenibili è dunque

livelli di grigio = lato2+1

Questa è la tecnica per realizzare retini a 0°. La tecnica generale, che consente di realizzare retini anche con altre angolature, è più complessa.

Come vedremo, per avere risultati accettabili, sono necessari almeno un centinaio di grigi.

Immagine8.jpg Una immagine a scala di grigio e in basso un particolare
Immagine9.jpg Retinatura a partire da un raster
Punti di retino digitale

Immagine36.gif

Il colore viene prodotto stampando più retini sovrapposti ad angolature diverse. Nel caso più comune i retini sono quattro, stampati rispettivamente con inchiostro ciano, magenta, giallo e nero (CMYK).

Per evitare il problema del moirè (interazione geometrica tra i retini che genera problemi di interferenza), tradizionalmente i retini vengono ruotati in questo modo: il giallo resta a 0°, il magenta a 15°, il nero a 45° e il ciano a 75°. E' possibile dimostrare che con questa combinazione di angoli e frequenze, la stessa posizione relativa dei punti nei quattro retini non viene mai ripetuta e il moirè è in realtà  un micromoirè (rosetta), così piccolo da non generare alcun disturbo visivo.

Come si è visto queste angolazioni non sono ottenibili con precisione nel caso digitale, ma solo in maniera approssimata.

Le stampanti desktop oggi in produzione utilizzano queste tecnologie di stampa:

  • laser a toner (laser)
  • getto d'inchiostro (inkjet)
  • inchiostro solido (solid-ink)
  • sublimazione (dye-sublimation)
  • cera termica (thermal-wax)
  • impatto o ad aghi

Stampanti InkJet

(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/265/index.html - di Luca Ruiu)

Introduzione
 

foto1.jpg (20543 byte)Le stampanti a getto d'inchiostro vennero introdotte sul mercato negli anni 80 unitamente alle stampanti laser, ma solo in questi ultimi anni sono state in grado di acquisire fette di mercato sempre più ampie relegando le stampanti ad impatto, che rappresentavano la tipologia di stampa più diffusa, ad un settore di nicchia.
Il principale freno alla diffusione di queste periferiche dall'inizio della loro commercializzazione fu dettato da molti fattori, quali ad esempio:

  • elevato costo dei materiali di consumo e quindi del costo per pagina
  • lentezza e bassi carichi di lavoro supportati
  • qualità di stampa superiore alle stampanti ad aghi ma nettamente inferiore a quanto offerto dalle stampanti laser che pur avendo un maggior costo di acquisto garantivano un costo di stampa nettamente inferiore
  • problemi legati alla manutenzione; frequenti le otturazioni degli ugelli di stampa dovuti a periodi più o meno lunghi di non utilizzo parzialmente risolti con il miglioramento degli inchiostri, delle testine di stampa e con l'uso di dispositivi di parcheggio e pulitura

tutti aspetti che, conti alla mano, nel caso di volumi di stampa medi, o medio/alti, facevano preferire le laser alle getto, sempre che la scelta non fosse condizionata dalla necessità di effettuare stampe a colori. D'altro canto altri fattori hanno contribuito nel tempo a determinare l'attuale successo commerciale di queste periferiche, quali:

  • la possibilità di eseguire stampe a colori
  • l'economicità della periferica
  • la silenziosità del processo di stampa
  • una maggiore qualità di stampa rispetto ad una periferica ad impatto

Le stampanti a getto d'inchiostro, più comunemente note come "InkJet", sono stampanti che fanno parte della stessa categoria delle laser, cioè della famiglia delle "non a impatto"; queste stampanti non interagiscono meccanicamente con il foglio di carta durante la stampa, a differenza di quanto non facciano le stampanti ad aghi.
In commercio esistono varie tipologie di InkJet che si differenziano sia per il numero massimo di colori gestiti contemporaneamente, che può andare da 1 a 6, che per la velocità di stampa, risoluzione, e formato dei fogli, vedi A4, A3 e così via. A seconda del numero dei colori gestiti possiamo parlare di stampanti monocromatiche, a colori in tricromia, o quadricromia e così via. E' bene precisare che quando parliamo di stampanti monocromatiche o a colori in tricromia facciamo riferimento allo stesso prodotto; queste stampanti di fascia entry level sono in grado di utilizzare una sola cartuccia alla volta e questa può essere di inchiostro nero, oppure a colori con tre distinte tonalità, ciano, magenta e giallo; le periferiche di fascia media, o medio/alta, sono invece dotate di un doppio supporto e quindi ospitano, contemporaneamente, la cartuccia di inchiostro nero e a colori .
ll principio di funzionamento delle InkJet è abbastanza semplice dato che consiste nel proiettare, con differenti tecnologie sviluppate dagli stessi produttori, delle minuscole gocce di inchiostro sul foglio di carta sul quale rimarranno impresse dopo la successiva fase di essiccazione. La stampa con una getto d'inchiostro, e quindi la formazione della pagina, si realizzata con successivi passaggi, in direzione orizzontale, della testina di stampa sul foglio seguiti da un avanzamento, o passo verticale, dello stesso; il foglio che deve essere stampato viene idealmente suddiviso in strisce e la stampante, governata dal software in dotazione, movimenta la testina sulla base dei segnali ricevuti dal PC. Ovviamente questo processo tenderà ad impegnare il nostro computer per tempi più o meno lunghi ma il tutto è fortemente condizionato dal quantitativo di memoria buffer di cui la stampante potrà disporre; questa memoria è in grado di ospitare le informazioni che dovranno essere inviate alla testina liberando di conseguenza le risorse del nostro PC, quindi maggiore è questa memoria e prima il computer potrà "liberarsi" dalle code di stampa.
Nelle successive pagine spiegheremo a grandi linee in cosa consistono queste differenti tecnologie; l'obiettivo comune è quello di portare ad una certa pressione la goccia di inchiostro all'interno della testina di stampa, in modo tale da "sparare" l'inchiostro verso il foglio; a seconda delle modalità con cui questa pressione viene creata parleremo di "Tecnologie basate sul calore" e di "Tecnologia Piezo-Elettrica".

I problemi maggiori che possiamo riscontrare con le stampanti a getto sono proprio legati alle testine di stampa e alla loro usura; il procedimento termico è di gran lunga il più usurante ed è per questo motivo che la testina di stampa è incorporata nella cartuccia di inchiostro e viene quindi sostituita ogni volta che viene cambiata la cartuccia stessa, mentre con la tecnologia piezoelettrica, molto meno usurante, le testine sono parte integrante della stampante; in questo caso però, l'eventuale rottura della testina che è un problema non così poco frequente e molto condizionato dal modo d'uso della periferica, comporterebbe una riparazione abbastanza costosa pari, per i modelli entry level, anche al 50% del loro valore commerciale

Tecnologia basata sul calore

questa tecnologia, meglio nota come Bubble Jet, è stata ideata e sviluppata dalla società Canon; essa provvede a creare la pressione per proiettare l'inchiostro sul foglio con il calore; in pratica la goccia d'inchiostro viene riscaldata all'interno degli ugelli di stampa da un termoresistore, cioè da un dispositivo che si riscalda quando viene percorso da corrente elettrica, si forma progressivamente una bolla la quale espandendosi spinge l'inchiostro al di fuori degli ugelli; il vuoto lasciato dalla goccia proiettata verso il foglio con una velocità di circa 5 - 8 m/s (tra i 18 e i 29 Km/h), richiama altro inchiostro dai rispettivi serbatoi. Il dispositivo riscaldatore viene ovviamente disattivato in attesa che il nuovo inchiostro riempia nuovamente gli ugelli.
Questo tipo di tecnologia impone l'uso di particolari inchiostri termo-resistenti, cioè resistenti al calore, e il rispetto dei tempi dettati dal transitorio termico che si crea nelle fasi di: riscaldamento inchiostro - raffreddamento del dispositivo termico - riscaldamento della nuova goccia; questo transitorio è quello che condiziona maggiormente la velocità di stampa in funzione, ovviamente, delle caratteristiche della testina di stampa. Gli stampati presentano, in generale, un caratteristico e leggero effetto "bagnato", dato che i tempi di essiccazione dell'inchiostro, a causa del suo riscaldamento, sono in media più lunghi rispetto a quelli riscontrabili con altre tecnologie; questo si traduce in una maggiore diffusione dell'inchiostro sulla carta comune e quindi in risoluzioni di stampa inferiori; Canon ha comunque recentemente sviluppato una interessante tecnologia, denominata "P-POP", Plain Paper Optimized Printing, in grado di bloccare il processo di assorbimento e relativa diffusione dell'inchiostro anche su carta comune, migliorando sensibilmente la qualità delle stampe. I maggiori produttori che hanno abbracciato questo metodo di stampa sono Canon ed HP (Hewlett-Packard).
Riporto ora delle interessanti immagini, la prima è tratta dalla guida Canon alla tecnologia Bubble Jet, mentre le altre due da un sito tedesco, che illustrano proprio la fase di generazione della goccia di inchiostro con il metodo termico; in pratica abbiamo in ogni ugello di stampa una piccola resistenza che viene percorsa da corrente quando la stampante riceve un segnale dal PC; questa resistenza raggiungendo temperature prossime ai 400°C riscalda l'inchiostro ed attiva il processo di stampa:

canonbj1.gif (10311 byte)

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Tecnologia Piezo-Elettrica

questa particolare tecnologia è stata sviluppata, ed è attualmente utilizzata, dalla società EPSON. Non è una tecnologia termica, ma bensì elettro-meccanica e consente, in generale, di ottenere un miglior controllo sul processo di formazione della goccia di inchiostro. Il principio di funzionamento si basa sulla caratteristica piezoelettrica di alcuni cristalli, cioè sul fatto che alcuni cristalli si possono elettricamente polarizzare se elasticamente deformati (effetto piezoelettrico diretto) oppure, processo inverso utilizzato per le stampanti, possono elasticamente deformarsi se sottoposti a particolari campi elettrici (effetto piezolelettrico inverso). L'inchiostro viene inviato nella testina di stampa di forma tronco-conica attraverso una particolare camera che è a stretto contatto con l'elemento piezoelettrico; qui, con appositi campi elettrici, generati sulla base dei segnali inviati dal PC, si opera la deformazione dell'elemento piezoelettrico che si traduce in un aumento della pressione nell'inchiostro; quest'ultimo viene proiettato, attraverso la testina di stampa e gli ugelli, verso il foglio. Non essendo una tecnologia basata sul calore, l'inchiostro arriva sul foglio a temperatura ambiente e quindi tende ad asciugarsi in tempi più ristretti rispetto al processo termico, eliminando quasi del tutto l'effetto "foglio bagnato".
Sfruttando questa tecnologia possiamo ottenere gocce di ridottissime dimensioni, perfettamente sferiche, in grado di asciugarsi rapidamente riducendo l'effetto diffusivo dell'inchiostro sul foglio a vantaggio della elevata qualità di stampa anche su carta comune.
Mentre nella tecnologia Bubble Jet il transitorio termico era l'elemento condizionante la velocità del processo di stampa, con la tecnologia piezoelettrica questo limite viene dettato da problemi legati alle vibrazioni meccaniche che nascono a causa delle elevate frequenze con cui l'elemento piezoelettrico viene deformato nel tempo

Dall'immagine a lato, prelevata dal sito EPSON, società a cui si deve la tecnologia piezoelettrica, è possibile vedere la struttura della testina di stampa.

testina2.gif (26157 byte)

Queste due particolari tecnologie, Bubble Jet e Piezo-Elettrica, si sono ovviamente perfezionate nel tempo e le case che le hanno adottate sono oggi in grado di rendere disponibili prodotti molto competitivi sia in termini di risoluzione, di velocità, di qualità di stampa per testi, grafica ed immagini fotografiche, e di economicità.


Velocità di stampa

Per le stampanti a getto d'inchiostro il discorso relativo alla qualità e velocità di stampa è molto complesso ed articolato, perchè funzione di molti aspetti quali la tipologia della stessa stampante e quindi della tecnologia InkJet adottata, del tipo di carta utilizzato e della stampa che si vuole realizzare, cioè testo o grafica, dal tipo di inchiostro, dai driver e così via; vedremo in questa pagina di analizzare gran parte di questi aspetti:

  1. come detto esistono due differenti tecnologie di stampa, la piezoelettrica e la termica, caratterizzate da altrettanto differenti testine di stampa; entrambi i processi presentano dei limiti nella velocità con la quale riescono a formare la goccia di inchiostro, inviarla sul foglio, rendersi disponibili per attivare un nuovo ciclo di lavoro. Questi limiti sono dovuti per il processo termico al cosiddetto "transitorio termico", cioè il periodo durante il quale il resistore all'interno dell'ugello si raffredda, entra del nuovo inchiostro e si attiva una nuova fase di riscaldamento di quest'ultimo, mentre per il processo piezoelettrico, di natura elettromeccanica, si hanno problemi di vibrazioni che si innescano al raggiungimento di valori limiti di frequenze con cui il dispositivo piezoelettrico viene "sollecitato" nel tempo; in pratica tale dispositivo compie dei cicli di lavoro che lo vedono deformarsi per la formazione della goccia per poi riprendere elasticamente la forma di partenza. Limitando il numero di processi di formazione delle gocce di inchiostro nell'unità di tempo, si limita automaticamente il massimo valore della velocità di stampa. Epson e Canon per incrementare la velocità di stampa hanno realizzato testine con un elevato numero di ugelli, su alcune stampanti abbiamo fino a 304 ugelli per testina o 256 ugelli disposti su più file, 6 per la precisione, come in alcune stampanti Canon; questo si traduce in un quantitativo maggiore di inchiostro depositato sul foglio nell'unità di tempo e quindi una maggiore velocità di stampa

  2. altro aspetto da considerare è la movimentazione della testina di stampa abbinata al processo di avanzamento del foglio di carta, cioè il cosiddetto passo verticale. Il problema è quello di ottenere una elevata precisione nel posizionamento della testina di stampa e di conseguenza della goccia sul foglio, aspetto molto importante per realizzare stampe di qualità; si opera, in genere, limitando al massimo le inerzie e le vibrazioni delle parti in movimento in funzione del tempo di formazione ed invio della goccia sul foglio, ed utilizzando più motori per la movimentazione della testina e della gestione dei movimenti del foglio in stampa (inserimento, espulsione, avanzamento)

  3. non meno importante sono i driver e quindi il software che gestisce il processo di stampa e che viene messo a punto dalle stesse case produttrici; il software presiede a tutte le fasi di stampa, dalla preparazione dell'immagine da stampare, alla movimentazione della testina, alla formazione della goccia e così via, nella ricerca di quello che dovrebbe essere il miglior compromesso tra la velocità e qualità sulla base del tipo di stampa che si vuole realizzare, della carta utilizzata, della qualità finale richiesta

  4. un'altro interessante aspetto, legato anche al discorso qualitativo, è rappresentato dalla capacità della testina di stampa di creare gocce di differenti dimensioni da quelle più piccole di circa 3 pl (picolitri - (10)-12 litri, cioè un milionesimo di un milionesimo di litro) a quelle più grandi di circa 30-35 pl a seconda della stampante. Questo garantisce la possibilità di regolare la velocità di stampa a seconda di quello che stiamo stampando; le piccole gocce assicurano un'ottima risoluzione e definizione dell'immagine, mentre le gocce più grosse velocizzano il riempimento delle zona a colore uniforme, prive di sfumature e senza particolari da evidenziare

Il perfezionamento di tecnologie e materiali per la stampa a getto d'inchiostro ha portato la velocità su valori decisamente elevati, addirittura allineati a quelli di stampanti laser di classe media; i migliori prodotti InkJet raggiungono velocità di 17 ppm in stampe di testo in B/N e in modalità "bozza" (tipo il classico draft delle stampanti ad impatto) e di 13 ppm in stampe a colori su foglio A4 e sempre in modalità "bozza", quindi con risoluzioni pari a 300x600 dpi, o 300x300 dpi a seconda del tipo di stampante. Le stampe a colori di qualità fotografica comportano tempi più lunghi attorno ai 70-80 secondi per pagina (foglio A4) con risoluzioni di 720 dpi, per poi aumentare all'aumentare della risoluzione stessa (tipo 1440x720 dpi o 1200x1200 dpi); le stampanti InkJet di fascia alta possono essere utilizzate in piccole reti informatiche, anzi alcune di queste sono già vendute con scheda di rete integrata da 10 o 10/100 Mbit, quando le stampe a colori rappresentano una necessità per lo stesso ufficio e non si voglia investire nelle più costose stampanti laser a colori.

Qualità di stampa - definizione
In generale possiamo dire che la qualità di stampa è associata alla risoluzione, cioè al numero massimo di punti per pollice che è possibile stampare, ma per le getto la qualità può essere analizzata sotto due differenti aspetti a seconda dell'uso a cui sarà destinata la periferica, vedi ad esempio stampe combinate di testo ed immagini, o stampa di immagini fotografiche e così via; per stampe combinate, o per il semplice testo, il parametro da considerare è proprio la risoluzione espressa in "dpi" (punti per pollici), mentre nel caso di stampe fotografiche riveste un ruolo importante, oltre alla risoluzione, anche il numero dei livelli di graduazione del colore, cioè la capacità della stampante di rendere continue le sfumature durante la formazione dell'immagine.
La stampa fotografica ha la necessità di riprodurre sul foglio delle sfumature che siano le più continue possibili per dare quell'effetto realistico alle immagini tipico proprio delle foto; il problema consiste nel fatto che la stampante crea l'immagine sul foglio per punti e può disporre di un numero limitato di colori base da poter combinare e gestire in modo ottimale. I colori base utilizzati sono il ciano, magenta, giallo, nero e bianco, quest'ultimo ottenuto semplicemente lasciando dei punti non colorati sul foglio, anche se le ultime stampanti commercializzate ed ottimizzate per la stampa fotografica hanno visto la presenza di un numero maggiore di colori dai 6, per EPSON, ai 7 per CANON, come appare dalle foto allegate e prelevate dai siti delle rispettive case.

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Le variazioni cromatiche tra i colori chiari e scuri vengono realizzate combinando punti di colore base con punti di colore nero, oppure punti di colore base con punti lasciati appositamente bianchi, cioè riducendo la densità dei punti colorati quindi il loro numero per unità di superficie. L'uso dei punti neri genera però il cosiddetto effetto granulare che si può notare guardando l'immagine stampata con una lente, così come l'uso dei punti bianchi riduce la capacità della stampante di definire i dettagli dell'immagine che si sta creando. La soluzione ottimale per l'aspetto qualitativo in stampe fotografiche è quella di ridurre la dimensione dei punti e quindi utilizzare testine in grado di generare gocce di inchiostro sempre più piccole per avere un miglior dettaglio, risoluzione e sfumature, e cercando di adottare un maggitestine1.jpg (14917 byte)or numero di colori; è ovvio che entrambi questi aspetti hanno dei limiti fisici non superabili. La continua ricerca e i continui perfezionamenti delle tecnologie di stampa, hanno progressivamente portato le maggiori case costruttrici ad individuare quello che possiamo considerare il miglior compromesso tra i due aspetti prima evidenziati, puntando sulla riduzione delle dimensioni delle gocce di inchiostro con particolari tecnologie che andremo poi a descrivere e puntando sulla concentrazione dei punti di colore base nelle varie zone del foglio per creare l'effetto cromatico di sfumature continue. E' ovvio che tutto questo è strettamente connesso alla qualità dell'inchiostro (fluidità, tempi di essiccazione, compatibilità con la tecnologia adottata per la testina di stampa per ottenere gocce di forma e di dimensioni volute e cosi' via), della testina di stampa, alla precisione meccanica della movimentazione foglio-testina, alla qualità del software, e quindi dei driver che gestiscono la periferica e così via. Qui a lato vediamo un particolare di come viene movimentata la testina di stampa unitamente ai serbatoi di inchiostro; possiamo notare una cinghia dentata che sposta in direzione orizzontale la testina e dei supporti cilindrici su cui viene fatto scorrere tutto il supporto testine-serbatoi. In genere le stampanti hanno due differenti motori, uno movimenta la testina di stampa e l'altro il foglio, provvedendo al suo caricamento, avanzamento ed espulsione; ora alcune stampanti sono dotate di ben tre motori per limitare al massimo gli errori di posizionamento.
Ricapitolando possiamo dire che alla base di tutto il discorso qualitativo ci sono le tecnologie sviluppate per ridurre le dimensioni delle  gocce, il miglioramento dei materiali di consumo ed infine l'ottimizzazione dei driver di stampa.

Qualità di stampa - tecnologie

Ogni costruttore ha sviluppato differenti tecnologie proprietarie specificatamente ottimizzate per la qualità di stampa.Vediamone alcune.

Tecnologie sviluppate da EPSON per ottimizzare il processo di stampa; come detto in precedenza il primo aspetto è legato alla testina di stampa basata sulla tecnologia piezoelettrica in grado, in generale, di avere un miglior controllo sul processo di formazione della goccia, sia per quanto concerne le dimensioni e la forma che per il quantitativo di inchiostro utilizzato. EPSON ha dato il nome di  "PerfectPicture Imaging System" all'insieme di tutte le tecnologie che, operando congiuntamente, sono in grado di realizzare stampe di elevata qualità sia per il testo che per la grafica; queste sono rispettivamente:

  1. tmicropiezo.gif (4041 byte)estina di stampa "EPSON Micro Piezo", basata sulla tecnologie piezoelettrica ed in grado di operare un controllo ottimale nel processo di formazione della goccia
  2. inchiostri speciali ad alta penetrazione e con un limitato effetto di diffusione sul foglio anche su carta comune
  3. lo sviluppo di particolari algoritmi implementati nei driver di stampa con l'evoluzione successiva denominata "EPSON Variable-size Droplet"; quest'ultima evoluzione abbinata ad un miglioramento della testina di stampa consente di realizzare quanto riportato nell'immagine qui a lato (prelevata dal sito di EPSON Italia), cioè la possibilità di creare gocce di differenti dimensioni utilizzando la medesima testina di stampa, agendo sull'intensità del campo elettrico sollecitante l'elemento piezoelettrico. Si possono ottenere gocce di soli 3 pl.
  4. realizzazione di carte speciali per la stampa a getto, tali da ottenere ottimi risultati per le stampe fotografiche

Tecnologie sviluppate in casa CANON. La società alla quale si deve la nascita della tecnologia Bubble Jet, basata su un processo termico per la formazione della goccia di inchiostro, ha messo a punto due interessanti tecnologie mirate al miglioramento della stampa su carta comune e all'ottimizzazione della stampa fotografica; queste due tecnologie sono note sotto il nome di "P-POP" (Plain Paper Optimized Printing) e "Drop Modulation Technology", rispettivamente.

testine2.jpg (8688 byte) La tecnologia "Drop Modulation Technology" svolge un'azione simile a quella svolta dalla "EPSON Variable-size Droplet"; è stata infatti sviluppata per ottenere gocce di differenti dimensioni durante il processo di stampa, in modo tale da ottenere un miglior controllo delle sfumature variando la quantità di inchiostro depositata sulle varie zone del foglio. (foto prelevata dal sito di CANON Italia)
La tecnologia "P-POP" è stata sviluppata per consentire all'utente di ottenere delle buone stampe fotografiche anche su carta comune; il principio su cui si basa è quello di inviare sul foglio, prima dell'arrivo della goccia d'inchiostro, un cosiddetto ottimizzatore, cioè una sostanza che aderisce con facilità su ogni tipo di materiale e che si va a mischiare con l'inchiostro evitandone la diffusione sul foglio e quindi migliorando la qualità finale dell'immagine stampata (foto prelevata dal sito di CANON Italia).

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A Canon si deve anche la realizzazione di una particolare testina di stampa a forma di stella, anziché circolare, in grado di creare punti in stampa perfettamente circolari e di posizionarli con elevata precisione; con queste testine si possono ottenere gocce da 4,5 pl e risoluzioni di 1200x1200 dpi reali; tutto questo è alla base della tecnologia "MicroFin Droplet".

Anche ad HP, altro importante produttore di stampanti a tecnologie Bubble Jet, si deve il perfezionamento di metodi di stampa che hanno progressivamente portato la qualità degli stampati a livelli di stampa laser per il testo e fotografica per le immagini. Le tecnologia sviluppate da HP sono denominate HP ColorSmart e HP Photored, presenti nell'evoluzione III nei prodotti di punta della casa.
Vediamo in cosa consistono queste due tecnologie:

HP ColorSmart III:
è un insieme di tecnologie sviluppate per migliorare la stampa fotografica sia in termini qualitativi che di velocità.
Vediamo ora le varie tecnologie di cui si compone l'HP ColorSmart:

  • Impostazioni di controllo del colore: in pratica consente all'utente di controllare parametri quali la saturazione dei colori, la loro luminosità e tonalità, per una migliore qualità nelle stampe fotografiche
  • ACE (Automatic Contrast Enhancement): ottimizza in modo automatico il contrasto per ottenere colori più intensi e brillanti; questo viene fatto attraverso l'uso di particolari algoritmi.
  • HP Smart Focus: ottimizza la nitidezza delle immagini attraverso l'uso di particolari algoritmi in grado di non influire sulla velocità del processo di stampa
  • CIECAM97: sistema di calibrazione cromatica per migliorare le tonalità e le sfumature nelle stampe fotografiche
  • Tecnologia MMX: sistema che consente di sfruttare al meglio le CPU con tecnologia MMX e quindi di accelerare il processo di elaborazione delle immagini e liberare in tempi più ristretti il PC dal processo di stampa.

HP Photored III:
anche qui abbiamo un insieme di tecnologie mirate alla gestione ottimale del processo di formazione delle gocce di inchiostro durante le fasi di stampa; infatti con l'HP Photored siamo in grado di inviare fino a 29 gocce d'inchiostro per ogni punto, con dimensioni minime della goccia di soli 5 pl (picolitri) e questo a prescindere dal supporto cartaceo utilizzato. Tutto questo abbinato all'uso di particolari testine di stampa con elevato numero di ugelli (fino a 408 per le testine per inchiostro a colori e 300 per il nero) atti a migliorare sia la qualità che la velocità della stampa e in grado di generare un elevato numero di gocce per secondo, fino a 18000. L'uso di particolari inchiostri sviluppati dalla stessa HP ottimizzano al meglio la resa cromatica sia nella stampa del testo in nero che delle immagini fotografiche.
HP è forse la società che meglio fra tutte è riuscita a sviluppare e ottimizzare un algoritmo in grado di ottenere testo di qualità laser, anche su carta comune, con l'uso di stampanti InkJet.

Materiali di consumo e costi

Parliamo ora dei materiali di consumo che per la tecnologia a getto sono costituiti dai ricambi di inchiostro e dalla carta di stampa.
L'evoluzione tecnologica delle stampanti consente, oggi come oggi, di poter ottenere dei discreti risultati anche con l'uso di carta comune, quella normalmente venduta in risme da 500 fogli ed idonea per stampanti laser, fotocopiatrici e così via; i migliori risultati per stampe di testo, o testo + immagini, sono comunque ottenibili con le carte speciali per InkJet; è ovvio che queste hanno un costo maggiore dato che 100 fogli di carta speciale bianca possono costare dalle 20000 lire in su, mentre una risma da 500 fogli standard costa in genere sulle 5000 lire; il tutto è funzione del tipo di documento che si vuole realizzare e dall'importanza dello stesso. In commercio abbiamo diversi formati di carta per le stampanti a getto, tutti dai costi elevati ed utilizzati per svariati impieghi, per citarne alcuni:

  • carte speciali per risoluzioni da 360 a 720 dpi per stampe testo, o stampe testo + immagini
  • carte speciali autoadesive
  • carte fotografiche per biglietti da visita
  • carta speciale a rotoli per realizzare striscioni
  • carta speciale fotografica in differenti formati
  • lucidi per proiezioni da utilizzare con lavagne luminose e così via.

Il costo elevato di questi supporti è dovuto al fatto che sono realizzati con particolari materiali che garantiscono una limitata diffusione dell'inchiostro in fase di essiccazione, una maggiore resa cromatica sulle stampe a colori, la possibilità di poter ottenere testi ed immagini molto meglio definiti rispetto alla carta comune e così via; vi posso assicurare che la differenza qualitativa tra stampe realizzate su carta comune o speciale è, a seconda del campo di impiego, sensibile.
Altri materiali di consumo sono rappresentati dalle cartucce di inchiostro il cui prezzo non è certo basso; questo è comunque variabile da casa a casa e a seconda che si faccia riferimento ad inchiostro nero oppure a colori. La variazione dei prezzi in parte è giustificata dal quantitativo di inchiostro presente, e quindi dal numero di pagine che teoricamente possono essere stampate, e dalla tecnologia di stampa adottata; è ovvio che una cartuccia che rende disponibile, oltre all'inchiostro, la testina di stampa avrà, in media, un costo maggiore rispetto a quelle che rendono disponibile solo ed unicamente l'inchiostro. Il costo di questi supporti è solo in parte giustificato dalla qualità degli stessi, e l'impressione che emerge è quella che le case produttrici di stampanti finalizzino il loro guadagno più sui materiali di consumo che non sulle stampanti vendute; se osservate le stampanti in commercio e la loro qualità ed analizzate il prezzo delle stesse, vi accorgerete che a volte cambiando due o al massimo tre cartucce di inchiostro andiamo a spendere cifre comparabili al costo della stampante. Di recente ho letto un articolo che riportava i fatturati di HP e dal quale emergeva chiaramente come nel settore delle InkJet i maggiori introiti erano dovuti più alla vendita dei materiali di consumo che non delle periferiche di stampa; di questo se ne sono accorti anche tutti quei produttori di materiali di consumo cosiddetti "compatibili" e quindi non dello stessa marca della stampante, ma di caratteristiche compatibili con quest'ultime e dal costo nettamente inferiore.
Il costo delle cartucce originali a seconda della marca, del tipo d'inchiostro, del quantitativo dello stesso e così via può partire dalle 45.000 lire per cartucce senza testina, o dalle 50.000/60.000 lire per le cartucce con testina incorporata, mentre i prezzi più alti possono raggiungere e superare le 100.000 lire anche per il solo inchiostro nero, in genere più economico rispetto al colore

Tipologie di cartucce

Di seguito ho voluto riportare una carrellata di quelli che sono i vari modelli di cartucce che si possono trovare in commercio e che si differenziano tra loro sulla base di quanto in precedenza detto:

cartuccia1.jpg (10822 byte) Qui possiamo vedere una cartuccia di marca Canon; la caratteristica di questo ricambio è quella di includere sia l'inchiostro che la testina di stampa e quindi il cambio della cartuccia comporta la contemporanea sostituzione della testina.
cartuccia2.jpg (11214 byte) Qui possiamo vedere il particolare dei contatti elettrici della cartuccia sopra descritta e che consentono alla testina di stampa, incorporata nella cartuccia stessa, di ricevere i vari comandi dalla stampante per attivare il processo di stampa e quindi la formazione della goccia di inchiostro.
cartuccia3.jpg (11490 byte) Qui vediamo sempre una cartuccia Canon ma di differente tipo. Il supporto contiene la testina di stampa come per la cartuccia prima descritta, ma l'inchiostro è contenuto in serbatoi intercambiabili per il nero ed il colore; possiamo quindi rifornire di inchiostro la stampante conservando la testina di stampa con un notevole risparmio di soldi. Il supporto con la testina verrà cambiato solo quando si noterà un peggioramento nella qualità della stampa.
cartuccia5.jpg (9741 byte) Qui a lato vediamo un ricambio Epson, caratterizzato dal fatto che racchiude il solo inchiostro essendo la testina di stampa fissa all'interno della stampante; su questo tipo di stampanti la testina dovrebbe teoricamente durare per tutta la vita operativa della periferica.
cartuccia6.jpg (10593 byte) Questo è il particolare della cartuccia prima descritta; si può notare la zona dalla quale fuoriesce l'inchiostro; in questa zona è presente una specie di spugna che entra in contatto con un analogo dispositivo all'interno del supporto di detto serbatoio e attraverso i quali l'inchiostro giunge alla testina di stampa

In commercio esistono tantissimi modelli di stampanti che si differenziano sia per il prezzo che per le caratteristiche. Vediamo di elencare le principali differenze che possono maggiormente incidere sul prezzo di acquisto:

  • la possibilità di ospitare contemporaneamente la cartuccia di inchiostro nero e di quella a colori; alcune marchi offrono i loro prodotti di fascia bassa con la possibilità di ospitare una sola cartuccia alla volta; nella stampa a colori, purtroppo, il nero sarà formato dalla combinazione dei tre colori ciano, magenta e giallo e quindi non sarà un nero brillante ma grigiastro
  • la possibilità di poter effettuare il cambio per singolo colore nelle cartucce a colori, cioè avere un numero di serbatoi intercambiabili quanti sono i colori presenti nella cartuccia. Questa soluzione consente di non gettare la cartuccia quando solo uno dei colori presenti risulta esaurito, con un notevole risparmio di soldi
  • la massima risoluzione resa disponibile nel processo di stampa
  • la massima velocità sia nella stampa di testo, che in quella combinata testo+grafica, che in quella solo fotografica
  • la capacità di offrire supporti ottimizzati per la stampa fotografica
  • le dimensioni massime del foglio; si passa dall'A4, all'A3 per arrivare a formati tipo piccoli plotter con l'A2
  • la gestione di differenti supporti di carta e così via

mentre il prezzo può variare tra le 150.000 lire a più di 2 milione per le unità di rete.

Stampanti ad impatto

(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/266/index.html - di Luca Ruiu)

Tecnica

Le stampanti ad impatto furono le prime ad essere introdotte nel mondo informatico e rivestirono un ruolo di assoluta supremazia per un ampio periodo di tempo.
Le prime stampanti commercializzate emulavano le caratteristiche di una tradizionale macchina da scrivere, dato che dall'impatto di una testina di stampa riproducente lefoto1.gif (13850 byte)ttere e caratteri vari con un nastro inchiostrato, si riuscivano a stampare sul foglio tutti i caratteri su di essa riportati; con queste particolari periferiche i possibili campi applicativi erano limitati ed in modo particolare era preclusa qualunque tipo di stampa grafica. Altre limitazioni erano rappresentate dalla notevole lentezza, dalla rumorosità, dall'ingombro eccessivo e dal fatto che la testina di stampa riproducendo i caratteri tipici dell'alfabeto, doveva subire una "personalizzazione" a seconda della nazione in cui veniva venduta; le testine potevano essere del tipo a margherita o rotante.
La qualità di stampa, per il testo ovviamente, era decisamente buona e al pari delle macchine da scrivere elettroniche.

Dalle stampanti ad impatto del tipo ora descritto si è poi passati alle più evolute ed attuali stampanti ad aghi che, come richiama la stessa denominazione, sono stampanti in cui la testina è realizzata con piccoli aghi di acciaio tali da generare con l'impatto sul foglio un singolo punto; combinando in modo opportuno i vari punti stampati, queste periferiche sono in grado di riprodurre tutti i caratteri possibili ed immaginabili, così come linee ed elementi grafici. E' ovvio che più elevato è il numero di punti resi disponibili nel processo di stampa, maggiore sarà la qualità della stessa, cioè la risoluzione; l'evoluzione in questo settore fu proprio dettato dall'aumento del numero di aghi finalizzato alla produzione di stampanti con una maggiore qualità e velocità di stampa; la velocità su queste periferiche è definita dal numero di caratteri stampati in un secondo e l'unità di misura è il "cps", caratteri per secondo.

Le prime stampanti erano caratterizzate da testine con 9 aghi, il che limitava il numero massimo di punti utilizzati per formare i caratteri; in effetti la qualità era abbastanza scarsa, dato che erano evidenti i singoli punti che formavano lo stampato. Si è poi passati a periferiche con 18 e 24 aghi, quelle attualmente commercializzate, in grado di generare un numero maggiore di punti durante la stampa e di rendere disponibili stampati di qualità prossima a quella delle macchine da scrivere, "NLQ" (Near Letter Quality), o analoga ad esse, "LQ ", (Letter Quality); queste periferiche garantiscono notevoli velocità in modalità "draft", cioè modalità di stampa economica che privilegia più la velocità che non la qualità.
La stampa viene realizzata con successivi passaggi orizzontali della testina, durante i quali gli aghi vengono "sparati" sul foglio in base agli impulsi elettrici che arrivano dal PC, il tutto abbinato ad un contemporaneo avanzamento, o passo verticale dello stesso foglio.

Da un punto di vista costruttivo le attuali stampanti ad aghi sono così costituite:

Attualmente le stampanti ad aghi non sono le più vendute essendo state surclassate da quelle a getto d'inchiostro, ma sono ugualmente presenti in moltissimi uffici dove la velocità di stampa, l'economicità della stessa, la possibilità di stampare copie multiple ecc... rivestono un ruolo di primaria importanza; la possibilità di produrre documenti in più copie da 1+1 a 1+ 7 con l'uso di particolari supporti autoricalcanti e grazie alla forza del colpo impresso dalla testina di stampa, è una caratteristica delle sole stampanti ad impatto, particolarmente apprezzata da uffici commerciali ed amministrativi.

Le stampanti ad aghi possono essere a 80 oppure a 136 colonne e quindi danno la possibilità di stampare su tabulati di differenti  larghezze, sono in genere dotate di buffer interno ed emulano differenti linguaggi di stampa; hanno un numero più o meno elevato di font di caratteri residenti nella memoria ROM. Alcune di queste stampanti usufruiscono di una opzione colore attraverso l'uso di particolari nastri inchiostrati, ma il risultato finale non è certo esaltante.

Qualità, velocità di stampa, materiali di consumo, costi

Come detto in precedenza, la velocità di stampa si misura in "cps", cioè caratteri stampati in un secondo. Le prime stampanti ad aghi immesse sul mercato non erano particolarmente veloci, ma oggi è possibile trovare prodotti molto performanti ed in grado di stampare a più di 1100 cps in modalità draft 10 cpi (HDS - High Speed Draft) o 240 cps in modalità LQ 10/12 cpi e quindi prodotti decisamente veloci, più di quanto qualsiasi altra tipologia di stampante in commercio non sia in grado di fare.

In queste stampanti non si guarda certo la qualità di stampa quanto la velocità ed economicità dello stesso processo, anche se in modalità LQ, essendo stampanti a 18 o 24 aghi e con risoluzioni di 360x360 dpi, sono comunque in grado di offrire dei buoni risultati. Il costo di acquisto varia in genere dalle poche centinaia di mila lire ad alcuni milioni, anche 7 - 8, per i modelli più veloci, affidabili e progettati per reggere elevati volumi di stampa mensili. Poco costosi i materiali di consumo che sono in grado di offrire una buona autonomia di funzionamento e possono essere facilmente rigenerati, almeno quelli del tipo "nastri inchiostrati".

Stampanti Laser e LED

(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/267/index.html - di Luca Ruiu)

Introduzione

Le stampanti laser fecero la loro comparsa negli anni 80 come d'altronde le stampanti a getto d'inchiostro; ad HP (Hewlett Packard) si deve la produzione della prima stampante laser costruita sulle basi di una tecnologia sviluppata da Canon.
Le stampanti laser, a tutt'oggi, rappresentano il punto di riferimento per la qualità delle stampe di testo in B/N e si rivolgono ad un bacino di utenza che spazia dal privato, al piccolo e medio ufficio, fino a rappresentare il dispositivo di stampa per eccellenza per reti informatiche grazie all'ottima velocità, qualità di stampa ed economicità d'uso.foto1.gif (12520 byte)

La tecnologia alla base delle stampanti laser richiama quella utilizzata nelle fotocopiatrici; le sostanziali differenze si devono individuare sia nelle sorgenti luminose adottate nel processo di formazione dell'immagine, costituita da una lampada in grado di generare un fascio di luce ad elevata luminosità per le fotocopiatrici e da una sorgente laser per le stampanti, sia per il fatto che l'immagine nelle fotocopiatrici viene acquisita per via ottica (come negli scanner) da un documento già esistente, mentre nelle stampanti è creata dal software in uso nel PC e dall'elettronica presente sulla stampante.

L'evoluzione e la diffusione di queste periferiche sono state inizialmente contrastate dall'elevato costo, ma col passare degli anni e con il progressivo miglioramento delle tecniche costruttive, della velocità e qualità di stampa, il prezzo di vendita è diventato decisamente più competitivo e questo ha contribuito ad una loro maggiore diffusione sul mercato; attualmente si possono trovare delle ottime periferiche laser monocromatiche sotto il milione di lire caratterizzate da una buona velocità, qualità di stampa e dotazione di memoria.

Una alternativa alla sorgente luminosa di tipo laser è rappresentata dalle sorgenti LED; queste stampanti sono molto simili alle laser sia per le modalità di stampa che per la qualità che si riesce ad ottenere sul testo in B/N.
La tecnologia LED arriva sul mercato alla fine degli anni 80 e quindi dopo la commercializzazione delle prime stampanti con tecnologia laser. Nella parte "Tecnica" di questa guida metteremo in luce le differenze che intercorrono tra periferiche LASER e LED, anche se possiamo anticipare quelle che, sulla carta, sono i vantaggi offerti dalla tecnologia LED:

a) maggiore semplicità costruttiva
b) limitato numero di parti in movimento; in pratica solo il foglio di carta
c) maggiore compattezza e quindi minore ingombro
d) minore costo di acquisto
e) minori costi di manutenzione
f) maggiore affidabilità per il minor numero di parti meccaniche in movimento
g) migliore qualità di stampa; non essendoci parti in movimento i piccoli LED potranno con maggiore precisione caricare elettricamente il rullo per la formazione della pagina in stampa e questo anche con il passare del tempo, dato che non subentrano problemi di giochi meccanici e quindi di imprecisioni nella formazione dell'immagine sul rullo.

In questi ultimi anni si stanno sempre più diffondendo periferiche laser o LED a colori che grazie al perfezionamento della loro tecnologia costruttiva e dei metodi di fabbricazione hanno visto una progressiva riduzione del loro prezzo di acquisto ed un contemporaneo miglioramento delle loro prestazioni velocistiche e qualitative; in campi applicativi professionali possono rappresentare delle ottime alternative alle stampanti a getto d'inchiostro rispetto alle quali, pur avendo un maggior costo di acquisto, garantisco un minor costo di stampa per pagina e sono in grado di offrire degli ottimi risultati, sia velocistici che qualitativi, anche nella stampa su carta comune.
Queste stampanti nascono per soddisfare le sempre più crescenti richieste dell'utenza aziendali e professionali che ricercano periferiche in grado di stampare a colori con elevata qualità e velocità di stampa e con un costo per pagina limitato. Queste periferiche sono in genere utilizzate in rete, dove i volumi di stampa mensili sono tali da non consentire l'uso di InkJet, più lente e con un maggiore costo per pagina, anche se economicamente più convenienti come prezzo di acquisto. Queste stampanti consentono velocità fino a 12 ppm a colori in formato A4, oppure 6 ppm a colori in formato A3, risoluzioni superiori ai 1200 dpi e facile manutenzione.
I costi di queste periferiche partono dai 4 - 5 milioni dei modelli entry level fino ad alcune decine di milioni. Il costo per stampe a colori si attesta in genere sulle 200 lire a copia. Il principio di funzionamento è analogo a quello delle stampanti laser o LED monocromatiche, infatti possiamo definirle come un insieme di stampanti monocromatiche, una per ogni singolo colore e cartuccia di Toner, e la stampa avviene con la gestione separata dei 4 colori e quindi con un numero di passaggi del dispositivo laser o LED pari al numero dei colori base. 

La risoluzione nelle stampanti laser, o LED, parte dai 300 dpi, anche se oramai quasi tutte le entry level consento di raggiungere i 600 x 600 dpi, fino ai 1200 dpi per i modelli di fascia alta, mentre la velocità di stampa parte dalle 6 ppm fino ad arrivare a 60 è più pagine al minuto; in genere gestiscono formati di foglio pari all'A4, ma ci sono periferiche che utilizzano supporti A3.

Tecnica

Il principio di funzionamento delle stampanti Laser è abbastanza semplice da illustrare anche se queste periferiche sono un concentrato di alta tecnologia e complessità costruttiva; all'interno della stampante troviamo una sorgente laser che genera un fascio di luce concentrato ed una lente prismatica, cioè una sorta di specchio rotante, in grado di indirizzarlo nei punti desiderati; questo fascio colpisce puntualmente e con grande precisione un rullo di stampa ricoperto da uno strato di materiale fotosensibile, cioè in grado di caricarsi elettricamente se eccitato da un fascio di luce. Lo specchio viene movimentato sulla base dei segnali che arrivano dal nostro PC, in modo tale da "disegnare", per linee orizzontali, l'immagine sul rullo fotosensibile rotante; è un procedimento analogo a quello che governa le stampanti ad impatto ed InkJet, cioè la formazione della pagina avviene per linee orizzontali. Il rullo elettricamente caricato entrando in contatto con una finissima polvere denominata Toner, costituita da piccole particelle di carbone e di resina, attira su di se queste particelle nelle zone caricate elettricamente per poi depositarle, per contatto, sul foglio di carta. Con un successivo  processo termico si fissa il Toner al foglio; in pratica il foglio viene fatto passare tra due rulli riscaldati ad alta temperatura in modo tale che il calore fonda temporaneamente la resina contenuta nel Toner fissandolo sul foglio e dando origine a stampe con un nero molto marcato e duraturo nel tempo. Tutto il processo di stampa viene gestito da un apposito processore, in genere di tipo RISC, presente sul circuito integrato della stampante.

tamburo.gif (12139 byte)Vediamo come funzionano le periferiche di tipo LED: al pari delle stampanti laser, la stampa avviene attraverso del Toner fissato con il calore su di un foglio di carta; i due processi, però, differiscono per le modalità con le quali l'immagine viene formata sul tamburo di stampa. Con le laser, come detto poc'anzi, un raggio di luce emesso da una apposita sorgente forma l'immagine sul rullo di stampa movimentandosi in direzione orizzontale, grazie ad uno specchio mobile comandato dalla stessa periferica, mentre nelle stampanti a LED abbiamo una barra fissa con delle piccolissime lampade denominate "LED" (light emitting diode) che si accendono e spengono caricando elettricamente il rullo di stampa; l'accensione o meno del LED dipende dall'immagine che stiamo formando sul foglio e quindi dal fatto che il corrispondente punto sul rullo di stampa debba essere o meno caricato elettricamente per poi attrarre il Toner da depositare sul foglio; interessante il disegno a lato presente sul sito di OKI Italia, leader della tecnologia LED adottata su tutte le stampanti da loro commercializzate, sul quale si vede proprio la sorgente luminosa fissa ed i piccoli raggi di luce che colpiscono il rullo di stampa dovuti all'accensione degli stessi LED.

Vediamo ora il principio di funzionamento di una periferica laser o LED a colori:

schema.jpg (22999 byte)a differenze delle unità monocromatiche in quelle a colori il procedimento di stampa, o meglio di formazione della pagina nel processo di stampa, è leggermente differente; la stampante è caratterizzata dalla presenza di un supporto rotante nel quale vengono alloggiate 4 unità di stampa. cioè dispositivi che contengono sia le particelle di Toner che il relativo rullo fotosensibile (unità cartridge).
Aiutandoci con l'immagine a lato vediamo di descrivere l'intero processo.
L'immagine si crea con la combinazione di particelle di Toner nei 4 colori base nero, magenta, ciano e giallo; per consentire la formazione dell'immagine si utilizza un cosiddetto "nastro di trasferimento", visibile nella foto a lato tra il "first" e il "second transfert point".
Un raggio laser, oppure LED a seconda della tecnologia adottata,  viene opportunamente indirizzato sui rulli fotosensibili interni alle 4 unità cartridge presenti (Print cartridge), una per ogni colore, e li carica elettricamente; in questo modo le piccole particelle di Toner contenute nelle unità cartridge verranno attratte in queste zone elettricamente cariche depositandosi sui rulli.
Questi 4 rulli, con la rotazione del supporto che li ospita (Carousel), entrano in contatto con il "nastro di trasferimento" nella "prima zona di trasferimento (First transfert point); questo nastro essendo caricato negativamente attira su di se le particelle di Toner. Il nastro di trasferimento ruotando arriva nella zona frontale della stampante dove incontra un rullo cosiddetto "rullo di trasferimento" (Second transfert roller), nella "seconda zona di trasferimento" (Second transfert point); questo rullo essendo caricato negativamente attira le particelle di Toner creando su di se l'immagine da stampare; il passaggio successivo del foglio di carta consente al rullo di depositare il Toner sul foglio stesso; il foglio verrà poi inviato all'unità di fusione (Fuser) dove il Toner opportunamente riscaldato e schiacciato sul foglio andrà ad aderire a quest'ultimo terminando il processo di stampa.
Com'è fatta una stampante laser

Evidenziamo le principali parti costituenti una stampante laser:

cartrige4.jpg (14636 byte) Possiamo avere due tipologie di stampanti laser che si differenziano da un punto di vista costruttivo; infatti abbiamo stampanti laser che adottano dei cosiddetti "cartridge", cioè delle "cartucce" che racchiudono al proprio interno, oltre al Toner, anche il rullo di stampa, e quelle in cui questi due componenti sono divisi e quindi sostituibili separatamente a seconda delle necessità. Nell'immagine a lato possiamo vedere l'interno di una stampante laser del primo tipo ora descritto

Togliendo l'unità cartridge interna possiamo vedere la serie di rulli che gestiscono l'avanzamento del foglio di carta e la zona dove, con il calore, il Toner viene fissato sul foglio; date le alte temperature raggiunte è possibile intravedere una scritta gialla che avverte di questo pericolo quando si apre la stampante per liberarla, ad esempio, da un eventuale foglio bloccato

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epson14.jpg (14167 byte) In questa immagine possiamo vedere il particolare della "lente" dalla quale viene emesso il raggio laser; in pratica il raggio laser fuoriesce da quella piccola feritoia orizzontale che si vede sopra l'adesivo giallo di pericolo, quello che avverte l'utente della presenza di una sorgente laser.

Questa è la famosa unità cartridge che, come detto, incorpora sia il Toner che il rullo di stampa; questa soluzione, rispetto alle laser con dispositivi separati, offre il vantaggio che quando cambiamo il Toner effettuiamo contemporaneamente la sostituzione del rullo e quindi semplifichiamo le operazioni di manutenzione, tutto questo però a fronte di un maggiore costo da sostenere. La tendenza attuale è quella di offrire stampanti con Toner e rullo separati con ricariche Toner aventi autonomie per almeno 6000 pagine e rulli di stampa con durate di almeno  20000 copie, questo per i modelli entry level; con questa soluzione se la qualità della stampa dopo le 20000 copie non peggiora in modo evidente, non abbiamo l'obbligo di cambiare il rullo a differenza della soluzione con cartridge. Con l'unità cartridge, spesso e volentieri si butta via il rullo ancora nel pieno della sua efficienza ed è per questo che stanno prendendo piede centri di rigenerazione in grado di ridurre del 50 e più % il costo della ricarica.

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Qui vediamo il particolare del rullo di stampa incluso in una unità cartridge.Su questo rullo agisce direttamente il raggio laser per "disegnare" l'immagine che deve essere stampata; il rullo entrando poi in contatto con il Toner contenuto nello stesso cartridge è pronto per trasferire l'immagine sul foglio di carta. Un apposito dispositivo "raschia" il Toner in eccesso, cioè quello che non viene trasferito sul foglio. In alcune stampanti il Toner in eccesso viene reso nuovamente disponibile per il processo di stampa con l'uso di particolari "raschiatori" di tipo elettrico, con un notevole risparmio di soldi.

Qui vediamo un particolare degli ingranaggi che consentono la rotazione del rullo di stampa; questa avviene sia durante la fase di formazione dell'immagine sul rullo che nella successiva fase di deposito del Toner sul foglio di carta.

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epson12.jpg (10910 byte) Le stampanti laser in genere sono dotate di un pannello comandi e di un display LCD; quest'ultimo consente di recuperare informazioni quali la quantità di Toner residuo, il numero di pagine stampate, gli eventuali messaggi di errore che si possono verificare durante il processo di stampa e così via. Con questo pannello comandi è possibile personalizzare le caratteristiche della stampante quali la porta di connessione selezionata, eventuali emulazioni e linguaggi adottati e così via. Molte stampanti dell'ultima generazione consentono questo tipo di impostazioni via software e quindi direttamente dal PC al quale sono collegate.
La maggior parte delle stampanti consentono di espandere la memoria interna attraverso l'inserimento di appositi chip, oppure di moduli di memoria convenzionale del tipo utilizzata nei PC. Il quantitativo base di memoria presente in una stampante laser era quantificato in 1 MB di RAM per le stampanti vendute cinque o sei anni fa, mentre attualmente partiamo dai 2 o 4 MB a seconda dei modelli. Nella foto a lato vediamo il particolare del circuito integrato di una stampante laser dove possiamo notare la presenza di 8 zoccoli nell'angolo superiore destro, vedi anche l'immagine del particolare, che servono proprio per espandere la memoria base. Il quantitativo di memoria è di fondamentale importanza per due aspetti:
  1. nelle stampanti laser la pagina da avviare al processo di stampa dev'essere integralmente contenuta nella memoria della periferica; se dobbiamo stampare fogli complessi con alte risoluzioni, un quantitativo limitato di memoria non consente la formazione della pagina prima della stampa ed il processo non può avvenire in modo corretto

  2. un elevato quantitativo di memoria consente alla stampante di memorizzare più di una pagina in modo tale di aumentare la velocità di stampa e di liberare con maggiore velocità la coda di stampa sul nostro PC

La memoria in una stampante laser, a seconda del modello ovviamente, può essere aumentata fino anche a 256 MB.

 

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Le stampanti laser sono in genere dotate di più interfacce di connessione, nella foto a lato abbiamo, ad esempio, una porta seriale ed una parallela nell'immagine sopra, ed una parallela ed una USB nell'immagine sotto
Una delle tante caratteristiche apprezzate nelle stampanti laser è l'elevata capacità di gestire differenti formati di carta, a differenza delle stampanti a getto che risultano per questo aspetto più limitate. Alcune stampanti hanno cassetti che consentono di caricare la carta come in una fotocopiatrice; è possibile avere più cassetti di alimentazione carta, in questo modo possiamo caricare differenti formati come ad esempio carta intestata, buste, lucidi e così via e differenti cassetti di raccolta per avere una fascicolazione ottimale delle pagine stampate epson6.jpg (11158 byte)
epson7.jpg (8995 byte) Per ultimo possiamo dire che le stampanti laser consentono di ampliare con apposite espansioni da inserire in alloggiamenti come quelli in figura, sia il numero di font di caratteri che i linguaggi e le emulazioni di stampa.
L'importanza di ampliare il numero di font residenti è legato a due differenti aspetti, uno qualitativo e l'altro velocistico che sono tra loro strettamente legati; con l'uso di font residenti viene delegata alla stessa stampante la formazione dei caratteri durante il processo di stampa e non al software di gestione della stessa a fronte di una maggiore velocità nel processo di stampa e di qualità dello stesso.
Qualità di stampa

Andremo ora ad analizzare cosa si intende per qualità di stampa in stampanti laser e LED, e quali sono gli accorgimenti che i vari produttori hanno escogitato per aumentarla.
Nelle stampanti laser e LED la stampa avviene per punti, dato che sia il fascio laser che la luce emessa da un LED caricano elettricamente dei singoli punti sulla superficie del tamburo di stampa; è ovvio che date le piccole dimensioni dei punti anche il risultato finale della stampa sarà teoricamente buono.
Possiamo definire due differenti risoluzione: una reale, funzione delle caratteristiche della stessa stampante e quindi dispositivo laser o LED, motore che governa l'avanzamento del foglio, elettronica, software e così via, ed una virtuale ottenuta adottando particolari accorgimenti atti a migliorare l'effetto visivo di quanto stampato e anch'essa inevitabilmente legata alle caratteristiche della periferica.

Risoluzione reale:
come detto è funzione delle caratteristiche della stampante e del processo di stampa; sappiamo che per risoluzione intendiamo il numero di punti per pollice che vanno a formare il testo o l'immagine, e maggiore è questo numero maggiore sarà la qualità della stampa. La risoluzione si divide tra quella orizzontale e quella verticale ed in genere viene espressa come 300x300 dpi, o 600x1200 dpi e così via; la risoluzione orizzontale, e quindi la capacità di definire un certo numero di punti per pollice, dipende da molti fattori tra cui il sistema ottico; per quest'ultimo aspetto possiamo distinguere i seguenti casi:
stampante laser: dipende dal dispositivo laser e dal movimento dello specchio che deve indirizzare in modo opportuno il fascio sul rullo; è ovvio che tutto è condizionato dall'elettronica della stampante e dalla sua capacità di gestire l'accensione della sorgente laser nell'unità di tempo (frequenza di accensione), dalla velocità con cui vengono elaborati e poi inviati i segnali al dispositivo ottico, dalla movimentazione dello stesso specchio
stampanti LED: dipende dal numero di LED per pollice ed anche dall'elettronica della stampante
La risoluzione verticale dipende per entrambi i casi dal motore della stampante, e quindi dall'avanzamento del rullo o passo dello stesso, nonché dalla possibilità di modificare in modo opportuno la sua velocità di rotazione; anche qui software ed elettronica giocano un ruolo di fondamentale importanza.

Risoluzione virtuale
:
la stampa avviene per punti e quindi possono manifestarsi problemi relativi alle scalinature delle linee curve, sia per grafica che per testo, e quindi situazioni che fanno diminuire la qualità visiva delle stampe; a questo proposito i vari costruttori hanno ottimizzato particolari algoritmi e tecniche di stampa in grado di migliorarne visivamente la qualità, rendendola confrontabile con quella generata da stampanti di maggiore risoluzione hardware.
Vediamo su quali basi si fondano queste soluzioni:
in generale possiamo dire che tutte le tecniche mirate al raggiungimento dell'obiettivo di migliorare la qualità visiva delle immagini stampate vanno sotto il nome di "resolution enhancement", ed hanno come caratteristica comune quella di gestire nel migliore dei modi sia la dimensione dei punti sul foglio che la loro posizione. La domanda è: come si può agire per raggiungere questo obiettivo? La risposta va ricercata nelle caratteristiche dello stesso processo di stampa, cioè raggio luminoso che carica elettricamente un punto su un rullo di materiali fotosensibile, e Toner che viene attratto da queste zone elettricamente cariche; in pratica agendo sul dispositivo laser, e quindi regolando l'accensione dello stesso, è possibile decidere la durata dell'accensione e regolare di conseguenza la dimensione del punto sul tamburo; ad un tempo di accensione inferiore corrisponde un punto di dimensioni più piccole e viceversa; allo stesso modo anticipando o posticipando l'accensione della sorgente laser è possibile modificare la posizione del punto sul rullo rispetto a quella inizialmente fissata. Combinando in modo opportuno questi due effetti è possibile ridurre in modo significativo il classico effetto scalinato dei tratti curvi, aumentano di conseguenza la qualità della stampa. Lo stesso discorso è valido anche per le stampanti LED. E' ovvio che la realizzazione di punti più piccoli comporta l'uso di Toner con polveri di dimensioni inferiori e di forme più regolari; è per questo che i vari produttori di stampanti ne hanno realizzati di molto particolari, vedi ad esempio l'immagine sotto, tratta dal sito OKI, dove si evidenziano le differenze tra un tradizionale Toner e quello Microfine ottimizzato dalla stesa società; elementi più piccoli e forme più regolari per limitare anche l'effetto "bordo" sui caratteri stampati.
oki3.jpg (23885 byte)

L'insieme degli accorgimenti adottati dai vari costruttori assumono particolari denominazioni quali ad esempio: HP RET (Resolution Enhancement Technology) e HP Ultra Precise Toner per Hewlett Packard, EPSON MicroGray 1200 BiRITech (BiResolution Improvement Technology) per Epson,  A.I.R. (Rifinitura Automatica delle Immagini) per Canon e così via.

E' ovvio che anche queste tecnologie hanno dei limiti fisici e tecnologici quali ad esempio:

  • la formazione di piccoli punti ha come limite la capacità del rivestimento fotosensibile, con cui è realizzato il rullo di stampa, a mantenere la conseguenziale piccola carica elettrica ad essi associata
  • il Toner deve essere molto fine per consentire una adeguata copertura dei piccoli punti elettricamente caricati sul rullo
  • la frequenza con cui è possibile accendere il laser è ovviamente funzione dell'elettronica della stampante, e quindi della velocità del processore di elaborare l'immagine e di comandare il laser per la formazione della stessa sul rullo; si deve altresì considerare il limite fisico del dispositivo stesso, e quindi velocità di accensione abbinata alla movimentazione dello specchio per indirizzare il raggio nel punto voluto.

Le stampanti oggi in commercio partono da un minimo di 300 dpi, portati ai virtuali 600 dpi con le tecniche sopra specificate, fino ai 1200 dpi reali. E' bene ricordare che le tecniche sopra descritte aumentano considerevolmente la qualità dei documenti stampati nel caso di testo, ma non garantiscono buoni risultati in immagini stampate con le classiche scale di grigio; qui la reale risoluzione della stampante farà sentire il suo peso.

Velocità di stampa, materiali di consumo, costi

Velocità di stampa.

cpu2.jpg (12632 byte)Nelle stampanti laser la velocità di stampa è strettamente legata al motore di stampa e quindi dall'insieme di parti meccaniche ed elettroniche che caratterizzano lo stesso processo, nonché dalle modalità di stampa adottate quale PCL, PostScript e così via; altro aspetto che condiziona la velocità di stampa è la tipologia del documento stampato e quindi se questo è composto da solo testo, testo più grafica, o solo grafica.
I valori forniti dai vari costruttori sono solo indicativi e solo prove sul campo possono evidenziare questi differenti aspetti.
Le attuali velocità di stampa possono variare dalle 6 ppm (pagine per minuto) fino alle 60 e più ppm per le stampanti di rete. L'elettronica ha il compito di elaborare le immagini da stampare e di governare il dispositivo ottico di stampa, sia esso laser o LED; il tutto è gestito  da una CPU posta sul circuito integrato della stampante (vedi particolare a lato - CPU Motorola di una stampante EPSON).

L'insieme di tutti questi aspetti:

  • CPU ed elettronica della stampante

  • quantitativo di memoria

  • dispositivo ottico (sorgente laser e movimentazione specchio, o LED)

  • rullo di stampa e suo rivestimento fotosensibile

  • tipologia del Toner utilizzato e sue caratteristiche chimiche

  • tecnologia "resolution enhancement" adottata

  • modalità di stampa adottata

  • tipologia del documento stampato

e così via, contribuiscono a determinare la velocità di stampa.

E' bene ricordare che la velocità dichiarata dai vari costruttori è puramente indicativa, anche se rimane un utile parametro per valutare le differenze prestazionali tra i vari modelli commercializzati.
La velocità dichiarata è ottenuta con prove condotte in particolari condizioni, ricercate ovviamente tra le più favorevoli possibili; vediamo di meglio specificare quanto detto.
Nelle pagine tecniche abbiamo descritto il processo di stampa per una periferica laser o LED; in pratica la pagina viene formata da una azione combinata di software ed elettronica della stampante, la quale deve convertire l'immagine in punti per attivare il processo di stampa. Abbiamo altresì specificato che le stampanti laser e LED sono dotate di una memoria ROM, memoria  non volatile, all'interno della quale abbiamo memorizzato anche una serie di font di caratteri; è ovvio che la stampa di documenti con l'uso di tali font, velocizza il processo di formazione della pagina e quindi consente alle stampanti di ottenere i migliori risultati in fatto di velocità. I valori dichiarati dai vari costruttori si riferiscono proprio alla stampa di pagine di prova con font di caratteri contenuti nella ROM della stampante. Se il nostro documento verrà stampato con caratteri differenti, i tempi di stampa si allungheranno e le velocità riscontrate saranno inferiori.
Quindi, come detto, il valore fornito dal costruttore è importante, ma solo    per valutare tra i vari modelli di stampanti quello più prestazionale.
 

Materiali di consumo

Arriviamo ora ai materiali di consumo; come anticipato nella precedente pagina il Toner ed il rullo di stampa, oppure l'unità cartridge che include entrambi, rappresentano i veri e propri materiali di consumo per le stampanti laser e LED.
Il prezzo di questi materiali varia molto in funzione della marca della stampante e delle caratteristiche del prodotto, ma in media si attesta sulle 170.000 per il Toner (per circa 6000 pagine di stampa) e sulle 130.000 per il rullo (durata stimata in circa 20.000 copie) per stampanti monocromatiche, mentre i costi di Toner, rulli di stampa, manutenzione e così via aumentano nel caso di stampanti a colori.
Per quanto concerne altri materiali quali la carta, buste, lucidi e così via il discorso è un po differente rispetto a quanto esposto per le stampanti a getto d'inchiostro; la qualità di stampa su quella che viene chiamata carta comune è decisamente ottima e non si richiedono supporti speciali, a parte il caso di stampe a colori, idem per le buste gestite in tutti formati senza particolari difficoltà; differente discorso richiede l'uso di lucidi ed etichette autoadesive, dato che servono materiali resistenti al calore per evitare di danneggiare i rulli del dispositivo di fusione, ma in qualunque caso i prodotti specifici per stampanti laser sono nettamente più economici di quelli per InkJet garantendo un minor costo per pagina. Anche la manutenzione non è così delicata come per le InkJet, dato che non abbiamo problemi di inchiostro che si secca o cose analoghe.
 

Costi

I costi delle stampanti Laser e LED spaziano dalle poche centinaia di mila lire, 500000/600000 lire, per le entry level per applicazioni home e small office fino ad arrivare a decine di milioni per le velocissime unità di rete

Stampanti per impieghi professionali

(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/267/index.html - di Luca Ruiu)

Periferiche a sublimazione e ad inchiostro solido

Per "stampanti professionali" intendiamo quella categoria di periferiche studiate ed ottimizzate per rispondere alle esigenze di una utenza professionale che va quindi a ricercare determinate caratteristiche qualitative, velocistiche e applicative, quali la stampa su supporti differenti da quello cartaceo, vedi i tessuti, e così via.

In commercio esistono molte stampanti per impieghi professionali alcune delle quali commercializzate dalle maggiori case produttrici di periferiche di stampa che abbracciano quindi un mercato che va dall'entry level al professionale, altre invece realizzate da società specializzate in determinati settori professionali e che limitano la loro produzione ad ambienti molto di nicchia e quindi settoriali.

Stampanti a sublimazione d'inchiostro
La tecnologia a sublimazione d'inchiostro è utilizzata per la stampa a colori nel campo grafico professionale. A differenza delle stampanti a getto d'inchiostro, le stampanti a sublimazione non realizzano l'immagine per punti, ma per strisce continue di colori e per questo sono in grado di produrre stampe di elevatissima qualità; sono considerate lo standard di riferimento nel campo delle stampe a colori, così come le laser rappresentano lo standard di riferimento per le stampe di testo in B/N. Come richiama la stessa denominazione, alla base della tecnologia che caratterizza queste stampanti abbiamo un processo di sublimazione, cioè il passaggio di una sostanza da uno stato solido ad uno gassoso; è sostanzialmente un processo termico. La stampante è dotata di una testina di stampa termica, cioè un dispositivo che si riscalda con la capacità di modificare la propria temperatura durante la stampa e quindi di variare la quantità d'inchiostro depositata sul foglio; in questo modo si possono ottenere le colorazioni e le sfumature volute. In pratica delle pellicole di poliestere, sotto forma di grandi rotoli, contenenti le sostanze colorate (in genere ciano, magenta, giallo e trasparente) vengono appoggiate sul foglio in stampa, anch'esso di carta speciale, mentre la testina movimentandosi al di sopra di queste pellicole e raggiungendo elevate temperature, variabili come detto durante il processo a seconda della quantità d'inchiostro che si deve depositare, trasforma l'inchiostro dallo stato solido a gassoso, proiettandolo sul foglio. Il processo di stampa è molto lento e abbiamo velocità nell'ordine delle 0,5 ppm, anche se in queste stampanti quello che si cerca è l'ottima qualità di stampa, di livello fotografico, più che le alte velocità; a causa dell'alto costo dei materiali di consumo e quindi dei fogli e delle pellicole inchiostrate, il costo per pagina è decisamente elevato ma compensato dall'alta qualità che si ottiene.

Stampanti ad inchiostro solido

solido.gif (14071 byte)

Tecnica sviluppata e quasi esclusivamente adottata da Tektronix, la quale utilizza nel processo di stampa inchiostro sotto forma di bastoncini di cera solida; questa cera durante il processo di stampa viene liquefatta e proiettata su un apposito tamburo di trasferimento, dal quale viene poi trasferita sul foglio in stampa e fissata su quest'ultimo.
Caratteristica di questa tecnologia è il basso costo di stampa (Tektronix adotta una particolare politica dei prezzi sui materiali di consumo e sul prezzo di acquisto della stessa stampante) se confrontato con le stampanti laser, una buona velocità e la semplicità di manutenzione, anche se la qualità della stampa è inferiore a quanto offerto dai migliori prodotti laser, o a getto d'inchiostro con l'uso di supporti speciali.
Interessanti i confronti che vengono fatti sul sito di Tektronix, tra stampanti ad inchiostro solido e laser a colori ; le stampanti ad inchiostro solido vantano una maggiore velocità nella realizzazione della prima pagina, una maggiore velocità nella stampa che può raggiungere le 14 pagine al minuto, circa tre volte più veloce di una stampante laser a colori di fascia media, e una maggiore velocità di realizzazione di trasparenze e quindi di fogli lucidi di presentazione.
Interessante anche il confronto sul numero di componenti che contraddistinguono una stampante ad inchiostro solido rispetto ad una laser a colori (vedi foto a lato prelevata da sito Tektronix), anche se la stampa di testo in B/N è qualitativamente inferiore a quanto offerto da una laser a colori.

Stampanti thermal - wax a cera
Queste stampanti sono in parte simili alle stampanti a sublimazione, infatti si basano sempre su un processo termico ed usano inchiostri sotto forma di cera depositata in sottili strati su particolari pellicole di poliestere. La differenza sostanziale consiste nel fatto che questo metodo, come d'altronde le stampanti InkJet, effettuano una stampa per punti e non continua come nel processo a sublimazione e questo riduce nel complesso la qualità della stampa finale. Il processo di stampa, sempre termico, consiste nel fatto che la testina di stampa riscaldandosi provoca localmente la fusione della cera che si deposita sul foglio, solidifica nel raffreddamento e crea un punto colorato. Il processo è molto costoso essendo cari i materiali di consumo, il risultato finale è comunque buono anche se la velocità di stampa è decisamente lenta dato che il processo come sopra descritto, va ripetuto per ognuno dei colori base.

Plotter, periferiche multifunzione ed altre

Plotter
I plotter, a differenza di quanto non si possa immaginare, sono delle vere e proprie stampanti, anche se il loro campo applicativo è unicamente di tipo professionale. Ne plotter.jpg (6693 byte)pennino.jpg (3902 byte)esistono di differenti tipologie, da quelli a getto d'inchiostro, a quelli che utilizzano degli appositi pennini intercambiabili e di differenti colori, a quelli che risultano caratterizzati da semplici movimentazioni di testina e foglio come nelle classiche stampanti, e quindi con l'immagine creata per linee orizzontali, oppure quelli dove avviene una contemporanea movimentazione di testina e foglio. Possono gestire grandi formati di carta fino all'A0.
Anche se abitualmente utilizzati per realizzare disegni tecnici abbinati a software quali CAD e similari, ultimamente le principali case produttrici quali HP, EPSON, CANON, Calcomp ecc... hanno iniziato a realizzare plotter ottimizzati per il campo grafico e in grado di produrre poster di qualità fotografica in tempi decisamente brevi e con costi contenuti, se confrontati con quanto chiesto da tipografie specializzate.

Queste periferiche dell'ultima generazione prendono il nome di "Stampanti per grandi formati"garndeformato.gif (11264 byte) e sono impostate sulla tecnologia a getto d'inchiostro hanno un'ottima autonomia con serbatoi di inchiostro per singolo colore dalla capacità di circa 700 ml (millilitri), elevate risoluzioni di stampa pari a 1200x600 dpi, la possibilità di gestire differenti supporti cartacei in foglio singolo o su rotoli, la gestione contemporanea di almeno 6 differenti colori con un elevato numero di testine di stampa caratterizzate da un altrettanto elevato numero di ugelli per garantire dei riscontri qualitativi sia in termini cromatici che di definizione pari alla stampa tipografica, ma in genere con costi inferiori a quest'ultima.

Utilizzano un metodo di stampa di tipo stratificato con con un numero di passaggi più o meno numerosi a seconda dell'effetto cromatico che si vuole ottenere. Ottime le velocità di stampa che vengono definite sulla base della superficie stampabile nell'unità di tempo; possono raggiungere velocità pari a 50 e più m2 /h nelle modalità di stampa veloce, ovviamente questo valore è funzione della tipologia di stampa e del supporto cartaceo utilizzato.

Stampanti multifunzione

multifunzione.jpg (13352 byte)Con questa denominazione si classificano tutte quelle periferiche basate su tecnologia laser, o a getto d'inchiostro, che non svolgono la sola funzione di stampante ma anche di scanner, di fotocopiatrice e a volte di fax, cioè della serie "tutto in uno" o "all in one".
Questi dispositivi possono rappresentare, nel piccolo o medio ufficio, le periferiche di riferimento per la limitazione dei costi che che l'acquisto di separati dispositivi quali scanner, fax e fotocopiatrici comporterebbero.
Come detto queste interessanti periferiche che stanno riscuotendo un, a mio avviso, insperato successo commerciale sono supportate da tecnologia laser oppure a getto d'inchiostro; l'acquisto di un prodotto laser o InkJet dev'essere attentamente valutato per l'economicità d'esercizio e sarebbe da preferire la soluzione a getto d'inchiostro se la stampa a colori è un aspetto di fondamentale importanza, mentre le laser garantiscono, in genere, una maggiore velocità e, cosa importante per un ufficio, una maggiore economicità d'uso anche se il loro prezzo di acquisto iniziale è superiore e non forniscono il supporto per le stampe a colori.


Stampanti per il settore della fotografia digitale

digitale.jpg (8647 byte)Queste stampanti sono periferiche di recente presentazione e sono rivolte a tutti gli appassionati di fotografia digitale.
Sono caratterizzate dal fatto che consentono di inserire direttamente le memory card delle macchine fotografiche digitali in un apposito alloggiamento ed effettuare stampe dirette delle foto da noi realizzate senza passare attraverso un personal Computer; sono inoltre caratterizzate da una elevata risoluzione di stampa che può arrivare sino a 2400x1200 dpi e da una eccezionale resa cromatica di tipo fotografico.
Possono raggiungere velocità nell'ordine delle 15 ppm nelle stampe monocromatiche e di 12 ppm in quelle a colori; sono in genere dotate di differenti porte di connessione quali la tradizionale parallela, USB ed anche ad infrarossi.

LO SCANNER
(tratto dal sito: http://www.boscarol.com/pages/cg/070-scanner.html - di Mauro Boscarol)

E' periferica di input per acquisire le immagini.

Digitalizza (numerizza, trasforma in numeri) le immagini, cioè costruisce una loro rappresentazione numerica, utilizzabile con un computer.

Un'immagine digitale può essere:

  • una immagine reale o realistica che può essere elaborata e divulgata
  • una pagina di testo scritto che può essere interpretata dal computer in modo da estrarre le parole contenute.

Il tipo di scanner più diffuso è lo scanner piano, che dall'esterno assomiglia molto a una fotocopiatrice. L'immagine da acquisire si appoggia sul piano di vetro dello scanner, e viene progressivamente illuminata e 'letta' da una testina scorrevole.

Esistono scanner per negativi, diapositive e lastre.

Lo scanner, come le altre periferiche per la computer grafica, è un dispositivo raster in grado di leggere una immagine originale su carta o pellicola (positiva o negativa) mediante appositi sensori optoelettronici, scomponendola in una matrice o griglia rettangolare di pixel che vengono successivamente trasmessi alla memoria del computer.

Caratteristiche del raster

Nelle specifiche tecniche degli scanner vengono spesso dichiarate tre risoluzioni: ottica, meccanica e interpolata, per esempio

  • risoluzione ottica 1200 ppi
  • risoluzione meccanica 2400 ppi
  • risoluzione interpolata 9600 ppi

Questa indicazione va letta così: lo scanner ha 1200 sensori per pollice (cioè sensori ottici sul lato corto del letto: risoluzione ottica) che vengono spostati da un motore, il quale fa 2400 passi in un pollice (sul lato lungo del letto: risoluzione meccanica, più alta di quella ottica).

Poiché i motori sono più economici dei sensori i costruttori offrono una risoluzione "bassa" sul lato corto e una "alta" sul lato lungo del letto dello scanner. Ma se i sensori sono 1200 per pollice, la risoluzione dello scanner è in realtà  1200 pixel per pollice (perché il pixel per essere usabile deve essere quadrato, non rettangolare).

La risoluzione interpolata, poi, non ha alcun valore perché introduce molti dati ma nessuna informazione. E se è proprio necessario interpolare (cioè aggiungere altri punti), meglio farlo con una applicazione, per esempio Photoshop.

In conclusione: di tutte le risoluzioni di uno scanner a letto piano (ottica, meccanica, interpolata) l'unica che conta è la risoluzione ottica, la più bassa di tutte. Maggiore è questa risoluzione, migliore è lo scanner.

La risoluzione ottica di uno scanner a tamburo arriva fino a 9600 ppi, quella di uno scanner a letto piano può arrivare a 3800 ppi.

Profondità di colore

Tutti gli scanner (a parte rarissime e costosissime eccezioni) leggono i colori in RGB, cioè, per ogni pixel, leggono tre valori di intensità luminosa: rosso, verde, blu.

Gli scanner più economici leggono possono leggere 256 gradazioni di rosso, altrettante di verde e altrettante di blu. Poiché uno di questi valori di luminosità  si può rappresentare con 8 bit, si dice che lo scanner ha una profondià di colore (bit depth) di 8 x 3 = 24 bit.

La profondità  di colore in uno scanner desktop può andare da 24 a 48 bit.

bit

colori

per primario

totali

per primario

totali

8

24

256

oltre 16 milioni

9

27 512 oltre 130 milioni

10

30 1024 oltre 1 miliardo

11

33 2048  

12

36 4096  

13

39 8192  

14

42 16384  
15 45 32768  
16 48 65536 ...

Per questioni che riguardano la possibilità di fare correzioni tonali (cioè correzioni di luminosità) sull'immagine, 8 bit per colore sono normalmente insufficienti. Ce ne vogliono almeno 10, 12 o meglio ancora 16. Quindi scanner a 30, 36 o 48 bit. Il fatto di avere più bit consente di fare correzioni tonali senza perdere troppe informazioni, e soprattutto, se il software lo permette, durante la scansione (senza perdere tempo successivamente).

Densità e intervallo dinamico

Nessuno scanner arriva a leggere i valori estermi di 0% e 100% di nero. Ogni scanner può leggere da un livello minimo a un livello massimo di nero.

Questi livelli di nero vengono indicati come densità (density), che è la capacità di una superficie o materiale di assorbire la luce. In quanto tale deriva direttamente dalla riflettanza (per i materiali opachi) o trasmittanza (per i materiali trasparenti) della superficie in questione: minore è la riflettanza maggiore è la densità.

Per esempio, se una pellicola trasmette il 60% della luce (e assorbe l'altro 40%) possiamo dire che la trasmittanza è 60% o 0,6. Analogamente se un'altra pellicola trasmette 1/500 della luce che la colpisce, la sua trasmittanza sarà 0,002.

Lo standard di misura della densità prevede di considerare l'inverso della riflettanza o trasmittanza (nei due casi precedenti 5/3 e 500) e prenderne il logaritmo in base 10 (nei due casi precedenti 0,22 e 2,70); cioè, nel caso della trasmittanza

    densità = log10 (1/trasmittanza)

e analogamente per la riflettanza.

Teoricamente i valori di densità vanno da 0 a infinito, ma una superficie non è mai un assorbente perfetto e in pratica gli intervalli di densità che vengono letti da uno scanner in riflessione vanno da 0,1 a 3,7.

L'intervallo dinamico (o intervallo di densità, dynamic range) è la differenza tra due densità  estreme (massima e minima). Per esempio se la densità  minima di uno scanner è 0,1 (quasi bianco o trasparente) e la massima è 3,4 (quasi nero o totalmente opaco), l'intervallo dinamico dello scanner è 3,4 - 0,1 cioè 3,3.

Intervallo dinamico dei materiali e degli strumenti

Una foto stampata su carta ha normalmente un intervallo dinamico di circa 2. Una pellicola negativa ha un intervallo dinamico di circa 3. Una diapositiva ha un intervallo dinamico fino a 4. In altre parole, una foto stampata permette una variazione di chiari/scuri abbastanza povera, una foto su pellicola negativa è meno limitata, una diapositiva ha una variazione di chiari/scuri molto superiore.

La densità e l'intervallo dinamico si misurano con il densitometro.

Profondità di bit e intervallo dinamico possono essere immaginati come una scala: l'intervallo dinamico descrive l'altezza della scala e la profondità di bit descrive il numero di gradini.

Uno scanner con un ampio intervallo dinamico (in grado di catturare informazioni da quelle molto chiare a quelle molto scure) con soli 256 gradini (8 bit) non è molto utile, come non lo è uno con oltre 65000 gradini (16 bit) ma con un intervallo dinamico ridotto.

Tecnologie di scansione

Esistono

  • scanner a tamburo (drum scanner);
  • scanner a letto piano (flatbed scanner).

Entrambi i tipi di scanner leggono la luce riflessa da un originale riflettente e la luce trasmessa da un originale trasmittente. La sorgente luminosa proietta una fascio luminoso tipo laser (negli scanner a tamburo) o una lampada fluorescente (negli scanner a letto piano) che "scansiona" l'originale.

La luce letta viene passata all'unità sensoriale dello scanner dove viene divisa nella parte rossa, verde e blu e delle unità  optoelettroniche (PMT negli scanner a tamburo e CCD negli scanner a letto piano) leggono la luce per ogni colore e la trasformano in segnali elettrici che vengono amplificati, convertiti in digitale e trasmessi al computer.

Scanner a tamburo

Gli scanner a tamburo sono quelli usati dalle fotolito da qualche decina d'anni, e sono i più costosi (oltre 300 milioni di lire). Questi scanner leggono l'immagine utilizzando come lettori ottici i PMT (photomultiplier tube, fotomoltiplicatori). Si tratta di una tecnologia molto costosa, che tuttavia permette di ottenere risultati superiori nella lettura dei dettagli.

Esistono anche gli scanner da tamburo in miniatura, da mettere sulla scrivania (baby drum) il cui costo parte da 30 milioni di lire.

Gli scanner a tamburo sono consigliati solo per esigenze di grande precisione e di alta risoluzione. Occorre tener presente che con questo tipo di scanner non è sufficiente posizionare l'originale e fare clic, come con gli scanner desktop. E' invece necessario sistemare l'originale con molta precisione sul cilindro trattenendolo con appositi liquidi o nastri adesivi. Gli scanner a tamburo veri e propri occupano almeno due persone: una per montare gli originali sul tamburo e una per la scansione.

Immagine37.gif Scanner a tamlburo Heidelberg PrimeScan D8400

Scanner desktop

Gli scanner desktop, detti anche "a letto piano" utilizzano come lettori ottici i CCD (charge-coupled device, dispositivi ad accoppiamento di carica). Si tratta di una tecnologia più economica rispetto ai PMT, ma inferiore nei risultati. Va tuttavia considerato che i PMT sono giunti al termine della loro evoluzione, mentre le prestazioni dei CCD continuano a migliorare.

Gli originali che è possibile leggere con gli scanner desktop possono essere

  • riflettenti, cioè fotografie o disegni su carta opaca;
  • trasmittenti, cioè pellicole trasparenti, positive o negative.

Normalmente gli scanner desktop sono ottimizzati per originali riflettenti ma quasi tutti offrono un supporto (a forma di coperchio) che consente la scansione di pellicole trasparenti (negative o positive) anche se i risultati non sono sempre eccellenti. Per avere buoni risultati sui trasparenti (almeno 4 x 5 pollici) ad alta risoluzione, necessaria per la scansione di originali piccoli da ingrandire, e con un ampio intervallo dinamico che si avvicini il più possibile a quello delle diapositive (circa 3.6).

Esistono anche scanner unicamente per trasparenti, positivi o negativi. I più economici sono dedicati ai 35 millimetri, i più cari possono fare la scansione di pellicole di 4 x 5 pollici. Questi scanner possono dare risultati simili agli scanner a tamburo.

Immagine10.jpg Heidelberg Linoscan 1450 con interfaccia FireWire

Riassumendo, ci sono cinque cose importanti da controllare quando si sceglie uno scanner: 

  1. Tecnologia dei sensori: CCD o PMT (charge-coupled o fotomoltiplicatori) 
    • E' una caratteristica alla quale non è il caso oggi di dare importanza
  2. Risoluzione
    • Di tutte le risoluzioni di uno scanner (ottica, meccanica, interpolata) l'unica che conta è quella ottica, la più bassa di tutte; più alta è questa risoluzione, migliore è lo scanner. 
  3. Bit per colore (detta anche profondità di colore) 
    • Maggiore è la profondità di colore, meglio è; ma se il software di scansione non ne trae vantaggio, una profondità maggiore di 8 è come se fosse di 8. 
  4. Dinamica (intervallo di densità e massima densità) 
    • Maggiori sono questi due numeri, migliore è lo scanner. 
  5. Scanner piano, a tamburo o per trasparenti? 
    • Spendendo dai 6 ai 10 milioni si può avere uno scanner con due risoluzioni ottiche, una per originali riflettenti e una per trasparenti. Spendendo di più si può avere un baby drum, ma la preparazione per la scansione è molto costosa, in termini di tempo. 

IL MODEM



 

 


E' periferica di input/output per comunicare.

Il modem (Modulatore/Demodulatore) è una apparecchiatura che permette di far dialogare 2 computer attraverso una normale linea telefonica. Il modem converte i segnali del computer in suoni che vengono ricevuti e riconvertiti dal modem in ricezione dall'altra parte.

Il computer usa il linguaggio digitale dei bit, cioè valori logici "0" e "1" rappresentati da impulsi di corrente. Sulle linee telefoniche viaggiano però onde elettriche continue (analogiche). Il modem è l'interprete tra questi due linguaggi e permette la trasmissione di pacchetti di informazione tra il client (computer chiamante) e il server (computer ricevente).

Generalmente i modem hanno anche la funzionalità di fax.

I modem possono essere esterni (vedi figura) oppure interni (schede contenute all'interno del cabinet).

Questo preziosissimo dispositivo consente i collegamenti a Internet, servizi online, banche dati e BBS, ha subito negli ultimi anni straordinari incrementi di prestazioni tanto da arrivare a velocità di 56 kilobit (57.600) per secondo:

Evoluzione del modem
Anno 1995 1996 1997 1998
Velocità Kbps 14,4 28,8 33,6 56

Lo standard ufficiale V90 56K ITU, che regola la trasmissione a 56 Kbps, annunciato nel  febbraio 1998, è stato ratificato dall' International Telecommunication Union (ITU) a settembre 1998. Definito lo standard ufficiale sulla tecnologia a 56Kbps, è cessata la battaglia tra il K56flex (sviluppato dalla Rockwell Semiconductor in collaborazione con Lucent Technologies) e il protocollo X2, cavallo di battaglia della 3Com (precedentemente US Robotics). Lo standard V90 consentirà la loro perfetta compatibilità. Queste aziende continueranno a produrre tecnologie differenti ma troveranno la loro compatibilità sullo standard approvato. Vale la pena precisare, comunque, che tale velocità è raggiungibile solo in ricezione, in normali collegamenti invece, il canale di invio, che viene utilizzato dall'utente per impartire comandi e richieste alla rete, garantisce un'ampiezza di banda fino a 33.6 Kbps. Chi è in possesso di un modem K56 Flex ed effettua l'aggiornamento al V90, potrà collegarsi ad un ISP ( Internet Service Provider) che dispone di modem con tecnologia x2 (a patto che anche quest'ultimo abbia effettuato l' upgrade al V90). I primi modelli V90 dovrebbero già essere disponibili, nel caso non lo fossero, prima di scegliere un modem a 56 kilobit per secondo, comunque, è necessario informarsi su quali protocolli e dispositivi utilizza il vostro provider Internet (non essendo possibile far dialogare a 56 kbps un modem K56flex e un x2, entrambe le tecnologie porterebbero la velocità a 33,6 Kbps rendendo quindi inutile il possesso di un 56 Kbps). C'è infine da chiarire un ultimo, ma non meno importante, aspetto: tutti coloro che hanno precedentemente acquistato un modem 56KFlex oppure x2, in conformità con il loro provider, continueranno ad utilizzare il loro dispositivo senza dover effettuare nessun upgrade alla tecnologia V90. Nella tabella che segue cercheremo di chiarire meglio questo concetto:

Modem utente
Modem provider
Compatib. Veloc. utente Kbps
Kbps Standard V90 Standard V90 fra modem Trasm. Ricez.
33.6 33.6   K56Flex/x2   no 33.6 33.6
56 K56Flex no K56Flex no si 33.6 56
56 x2 no x2 no si 33.6 56
56 K56Flex no x2 no no 33.6 33.6
56 x2 no K56Flex no no 33.6 33.6
56 K56Flex si K56Flex si si 33.6 56
56 x2 si x2 si si 33.6 56
56 K56Flex si x2 si si 33.6 56
56 x2 si K56Flex si si 33.6 56

 

Connessione con linea analogica
  Utente Linea telefonica analogica Provider  
modem 33.6 <-------33,6 Kbps ------> modem 33.6
Modem 33.6 Kbps Modem 33.6 Kbps
Connessione con linea digitale e centrale telefonica digitale
  Utente Linea telefonica digitale Provider  
modem 33.6 <-------33,6 Kbps ------> modem 33.6
Modem 33.6 Kbps Modem 33.6 Kbps
Connessione con linea digitale e centrale telefonica digitale
  Utente Provider  
PC utente modem 56 kbps 33,6 Kbps 33,6 Kbps Concentratore digitale modem 33.6 Internet
56 Kbps56 Kbps Centrale
digitale
Modem 56 Kbps
V90
Modem 56 Kbps
V90

Quale modem ?

La prima cosa a cui fare attenzione al momento dell'acquisto è l'OMOLOGAZIONE, cioè la certificazione ministeriale che autorizza all'uso del dispositivo con le linee italiane. 

Verificare, poi, che il modem scelto possegga un'architettura FLASH ROM (un tipo di memoria a sola lettura che può essere riscritta con una semplice procedura software) che permette di aggiungere nuove funzioni al modem semplicemente caricando nella sua memoria un file di istruzioni. 

La scelta dovrebbe comunque cadere sul 56 Kbps anche se, naturalmente dipende dal tipo di utilizzo che se ne vuole fare. Fra normali utenti che intendono solo trasferire dati, non potrà mai essere superata la velocità dei 33,6 Kbps. Gli utenti Internet possono invece trarre beneficio da questa velocità a patto che il loro provider la supporti. Un utente Internet, comunque, deve prima informarsi sul protocollo del proprio fornitore di accesso. Il vantaggio di un modem a 56 Kbps è quello di ricevere una risposta più immediata delle pagine Web, della posta elettronica e dei download in generale.

Esempio dei tempi necessari per ricevere un documento di 1 Mb con velocità di ricezione costante

Velocità Kbps tempo
33,6 circa 4 minuti
56 circa 2 minuti e 30"

Attenzione: la velocità di ricezione non dipende solo dal tipo di modem: possono rallentare la velocità il numero di utenti collegati al Service Provider in uno stesso momento, la qualità della linea e il traffico sulla rete: se i dati arrivano lentamente da Internet al provider, non importa quanto sia veloce il collegamento con quest'ultimo, visto che il limite è a monte.

Accertarsi, comunque, della presenza nel modem di una ROM Flash per permettere l'aggiornamento del firmware prelevabile dal sito Internet della casa produttrice. Tale aggiornamento consente, ad esempio, di incrementare la velocità a 56 Kbps su un modem a 33.6 Kbps o di effettuare l'upgrade alla tecnologia V90. Sarà utile avere a disposizione funzioni di segreteria telefonica , fax e messaggi vocali.

Esterno o interno ?

Entrambe le soluzioni presentano pro e contro sui quali è bene riflettere :

Connessione ISDN: Concetti generali

La sigla ISDN è l'acronimo di Integrated Services Digital Network, ovvero Rete Numerica Integrata nei Servizi. E' un servizio offerto dalla Telecom basato sulla trasmissione digitale dei dati. Il servizio telefonico che usiamo comunemente è analogico, o per meglio dire è stato digitalizzato solo a partire dalla centrale, mentre rimane analogico dalla comune presa telefonica nell'abitazione fino alla centrale. La digitalizzazione dei dati su rete ISDN, consente, utilizzando il normale doppino telefonico in rame che giunge nelle nostre case, di gestire una maggiore quantità di dati che vengono normalmente trasmessi su linea analogica. Grazie alla tecnologia ISDN si può ad esempio utilizzare un normale collegamento telefonico per ricevere nella propria abitazione due linee telefoniche indipendenti, ma utilizzabili contemporaneamente, per collegare, ad esempio, telefono e modem.

===

Canale A
=============
Canale B
64 kilobit/sec.

Telefono
Computer
Provider   Centrale
Telefonica
Linea ISDN su normale
doppino telefonico
Residenza utente

Vale la pena precisare che la linea ISDN consente di trasportare i dati con velocità nettamente superiori rispetto a quelle raggiungibili con i normali modem collegati alle tradizionali linee telefoniche.

Esempio dei tempi necessari per ricevere un documento di 1 Mb (1.024.000 byte, ossia 8.192.000 bit) con velocità  di ricezione costante

Linea Velocità Kbit per secondo tempo
Analogica 28,8 circa 4 minuti e 40"
Analogica 33,6 circa 4 minuti
Analogica 56 circa 2 minuti e 30"
ISDN 64 circa 2 minuti e 5"

Le linee ISDN hanno il vantaggio della velocità. Collegandosi ad Internet via ISDN avremo la possibilità (anche se teorica) di navigare a 64 kilobit ( 65.536 bit ) per secondo, ad una velocità superiore di 2,2 volte rispetto ad un normale modem da 28,8. Ma il punto cardine della convenienza risiede nella possibilità di utilizzare due linee telefoniche contemporaneamente. E' possibile fare e ricevere telefonate mentre si è connessi alla rete con la prerogativa di sfruttare la massima velocità con una buona qualità di segnale priva del rumore di fondo.

Utilizzare una linea ISDN per l'accesso ad Internet presuppone l'acquisto di un ' terminal adapter ' (modem ISDN). Questo dispositivo sulle linee ISDN sostituisce il normale modem. Se avete avuto modo di leggere la nostra pagina dei modem, avrete intuito che non ha senso parlare di modem per le linee ISDN. Il modem converte il segnale digitale del PC in analogico (e viceversa ) . Poichè la linea ISDN opera con segnale digitale ne consegue che quest'ultimo non deve essere convertito. I terminal adapter sono di due tipi:

In teoria, le linee ISDN consentirebbero di avere velocità di 128 kilobit per secondo ottenute aggregando la banda a disposizione dei due singoli canali (64 kilobit). Per questo motivo la connessione di un termianal adapter sulla porta seriale, con una velocità massima di 115 kilobit per secondo, potrebbe risultare limitativa. Ma in effetti il problema attualmente non si pone, in quanto gli Internet Provider offrono abbonamenti a 64 kilobit.

Ricordate, comunque, che l'essere in possesso di una linea digitale velocizzerà il collegamento tra voi e il vostro provider, non quello che dal provider raggiungerà qualsiasi altro sito pesente sulla rete. Se ci consentite una analogia, comprenderete che non ha molto senso viaggiare su una veloce auto, ad elevata velocità su un raccordo stradale a 64 corsie che immette poi in una trafficatissima autostrada a due corsie. Lo stesso discorso è applicabile ad Internet. Se, ad esempio, nella connessione ad un sito taiwanese entrate in un tratto a 12,5 Kilobit/secondo, non servirà a molto avere una velocità di 64 Kb/sec. da casa vostra al vostro provider. Questo è bene saperlo per evitare facili illusioni. La linea ISDN rappresenta comunque un notevole salto di qualità. Se dovete (oltre ad Internet) affrontare problemi di telelavoro, videoconferenza o trasferire dati ad alta velocità avete trovato la soluzione adatta.

Connessione ADSL: Concetti generali

(tratto dal sito: http://adsl.html.it/articoli2/02.htm - di Gianfranco Valente)

l sempre maggiore utilizzo di Internet nei più svariati campi di applicazione ha reso necessario lo studio di tecnologie di trasmissione più veloci, per soddisfare lo scambio dati, immagini e suoni con il conseguente impegno delle società telefoniche ad attuarle.
Una di queste è l'ADSL (Asymmetric Digital Subscriber Line), il nuovo sistema di comunicazione e trasmissione dati che consente la trasformazione di una linea telefonica analogica in una linea digitale ad elevata velocità di scambio dati, utilizzando dei particolari modem, denominati appunto modem ADSL, che a seconda del provider scelto vengono forniti in comodato o in vendita . La velocità di trasmissione raggiunta da questi modem supera i 6 Mbps dalla centrale telefonica all'utente(downstream) e può arrivare fino a 640 Kbps dall'utente verso la rete stessa (upstream) ed è appunto per questo motivo che viene definita trasmissione asimmetrica.
A differenza delle normali linee telefoniche, la tecnologia ADSL utilizza una banda di frequenza superiore per trasportare in forma numerica dati, immagini e audio.

adsl

L'ADSL opera una compressione del segnale e lo divide in segnali di differenti frequenze, sempre diverse da quella adottata dalla trasmissione audio con il telefono; in questo modo il canale per la ricezione di telefonate anche con PC connesso ad Internet rimane sempre libero. In pratica lo spettro di frequenze supportate dal doppino in rame arriva fino a 1,1 MHz, rispetto ai 4 KHz sfruttati, e l'ADSL, e quindi i dispositivi che si basano su questa tecnologia, non fanno che suddividere i segnali in sottosegnali di differenti frequenze, comprese tra i 64 KHz e 1,1 MHz. Non si sovrappone con la frequenza di 4 KHz destinata alla gestione delle trasmissioni vocali ma sfrutta un campo di frequenze supportate dal doppino in rame e mai utilizzate.

ADSL trasforma la linea telefonica tradizionale in connessioni digitali per il trasferimento dati. Dunque utilizza il vecchio doppino telefonico (due cavetti in rame arrotolati su sé stessi) per navigare in Internet a velocità 10 volte superiore a linee ISDN e 50 volte superiore a modem 56K. Per rendere possibile queste prestazioni la linea telefonica viene suddivisa in tre canali di frequenze distinte:

  • downstream  Canale dedicato alla ricezione di dati dalla Rete, con una velocità di trasferimento pari a 640 Kb al secondo.
     
  • upstream  Canale dedicato alla spedizione di dati verso la Rete, con una velocità di trasferimento limitata a 128 Kb al secondo.
     
  • trasmissione della voce Canale dedicato alle comunicazioni telefoniche classiche via voce, che sfrutta una minima parte della banda disponibile lasciando il resto al trasferimento ADSL.

    La suddivisione in canali con diversa frequenza permette, da un lato di aumentare la velocità di collegamento, dall'altro di non occupare la linea telefonica tradizionale quando si è connessi ad Internet. In altri termini si può navigare e contemporaneamente parlare al telefono, senza per questo dover installare una nuova linea telefonica (come per ISDN). Il valore di 640 Kb in entrata non è il limite massimo consentito dalla tecnologia DSL, che in realtà può raggiungere la velocità di 1,5 Mb al secondo. Si tratta di un limite massimo possibile dall'attuale sistema delle telecomunicazioni nazionali, che comunque non viene garantito dai fornitori di accesso

    Nessun provider garantisce una velocità minima di upstream e downstream, ed è possibile che i 640 Kb teorici non vengano mai raggiunti. Anzi, molti paventano il dubbio che quando il numero di utenti crescerà le prestazioni scadranno notevolmente. In effetti la velocità di connessione dipende da fattori che ADSL non può prevedere:

    Per mantenere separato il segnale digitale da quello voce del telefono occorre installare un filtro chiamato "Splitter" sulla linea ADSL in arrivo dalla centrale telefonica a cui va collegato direttamente il modem ed un eventuale router, se abbiamo una rete lan, e un normale telefono.
    Nella centrale telefonica un altro splitter separa i diversi segnali in arrivo dalla sede dell'utente. Tali segnali vengono instradati su una rete digitale ad alta velocità verso il provider e quindi ad Internet, mentre il segnale voce viene inviato alla tradizionale rete telefonica.

     

    La configurazione minima richiesta per poter utilizzare la tecnologia ADSL per i personal computer è un sistema operativo Windows95. E' tuttavia consigliato Windows98. Per i Macintosh, e' consigliato l'utilizzo del sistema operativo MacOS 8.5 e PPC.
    E' possibile attivare la connessione ADSL anche utilizzando Linux , seppur con delle attenzioni che riguardano il supporto e la compatibilità dei dispositivi (modem e schede Ethernet) necessari.
    Una connessione Adsl può anche essere utilizzata per effettuare videotelefonate: due utenti lontani possono chiamarsi con un qualsiasi programma di videoconferenza e parlare con qualità perfetta senza nessun addebito in bolletta.
    L'ADSL, in ultima analisi, rende permanente il collegamento a Internet ed elimina le operazioni di connessione/disconnessione alla Rete attraverso i tradizionali modem. La connessione rimane sempre attiva 24 ore su 24, anche se il computer è spento, ed è subito disponibile non appena il computer viene acceso o collegato alla rete aziendale.
     

    La configurazione hardware e software necessaria per utilizzare i servizi ADSL standard è: