III MODULO - PERIFERICHE ESTERNE
Dialogare con il computer - le perifericheDialogare con il computer - le periferiche
Ecco le periferiche che analizzeremo in questo modulo:
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tastiera | mouse | altri dispositivi di puntamento |
tavoletta |
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monitor | stampanti | scanner | modem |
LA TASTIERA
E' dispositivo di input
Serve a immettere nel computer testo e numeri (per velocizzare quest'ultima operazione, le tastiere includono di norma un particolare tastierino numerico), ma anche a guidare, attraverso la pressione dei tasti opportuni, lo svolgimento dei programmi.
I tasti alfabetici, numerici e di
punteggiatura sono disposti in maniera simile a quelli di una normale macchina
da scrivere. I tasti funzione, invece, servono a rendere più semplice l'invio di
alcuni comandi usati frequentemente.
Sono presenti, inoltre, degli indicatori
luminosi che mostrano lo stato (se in funzione o meno) del blocco maiuscole, del
blocco numerico, del blocco scorrimento, eccetera.
Alcuni dei tasti principali:
1 - tasti alt e ctrl: il tasto alt (alternate) e il tasto ctrl (control) producono la loro efficacia solo se usati insieme ad altri tasti e servono ad inviare comandi speciali al p.c.
2 - tasto prtsc: (print screen) il tasto prtsc se premuto da solo copia l'immagine video. Se lo si preme preceduto dal tasto ALT copia nella clipboard( Cartella appunti) la finestra attiva.
3 - tasto del: (delete) cancella il carattere su cui il cursore è posizionato.
4 - tasto di tabulazione sposta il cursore alla sua destra di otto caratteri se si è in DOS, oppure lo porta al più vicino fermo di tabulazione impostato nell'applicazione su cui si sta lavorando.
5 - tasto esc: l'uso del tasto esc (escape) equivale ad annullare l'ultima operazione in corso (non ancora completata).
6 - tasto return a seconda del tipo di applicazione nel cui ambito viene usato, può produrre una semplice "andata a capo" o può essere richiesto per confermare quanto è stato immesso. Nella maggior parte dei casi quello che scrivete non verrà preso in considerazione dal P.C. finché non viene premuto il tasto ins.
7 - tastierino numerico: il tastierino numerico è composto dai tasti che si trovano sulla destra della tastiera, essi hanno due funzioni principali:
- possono essere usati per battere
numeri quando il programma ne richiede una grande quantità in input;
-
possono essere usati per muovere il cursore nelle quattro diverse direzioni
indicate dalle frecce che compaiono sui tasti numerici.
La diversa funzione del tastierino numerico viene impostata per mezzo del tasto num lock premendolo una volta, il tastierino permette di inserire numeri, premendolo di nuovo il tastierino permette di controllare la posizione del cursore.
il funzionamento di base della tastiera non è mutato in modo significativo da
quando, agli inizi degli anni Ottanta, è stato commercializzato il primo PC
IBM. L’unica differenza, in pratica, è rappresentata dal meccanismo che
converte il movimento del copritasto in un segnale inviato al computer.
Fatta eccezione per questa differenza, il trasferimento dei segnali nel resto
della tastiera e nel PC è una tecnologia largamente consolidata. (costi
bassi)
Indipendentemente dal tipo di tastiera utilizzata, la pressione di
un tasto provoca una variazione nella corrente che fluisce nei circuiti
associati a quel tasto.
Un microprocessore (per esempio l’Intel 8048) inserito nella tastiera esplora continuamente i circuiti che portano ai tasti e rileva aumenti e diminuzioni di corrente dal tasto premuto. In questo modo il processore può stabilire sia quando un tasto è premuto, sia quando è rilasciato. A ciascun tasto corrisponde un insieme univoco di codici, anche se per l'utente i tasti sembrano tutti uguali. Il processore, per esempio, può distinguere fra shift di sinistra e di destra. Per distinguere fra un segnale reale e una fluttuazione casuale di corrente, la scansione viene ripetuta centinaia di volte al secondo e solo i segnali rilevati in due o più scansioni innescano un'azione da parte del processore.
In funzione del circuito di tasto che gli invia un segnale, il microprocessore genera un numero, denominato codice di scansione o scan code. Per ogni tasto esistono due codici di scansione, uno per quando il tasto viene premuto e uno per quando viene rilasciato. Il processore memorizza il numero nel buffer della tastiera, e lo carica in una porta da cui può essere letto dal BIOS del computer. Poi il processore invia un segnale di interruzione (IRQ) sul cavo della tastiera, per dire all'unità corrente che c'è un codice di scansione in attesa. Il segnale di interruzione dice all'unità centrale di tralasciare quello che sta facendo e di rivolgere la sua attenzione al servizio richiesto dall'interruzione.
Il BIOS legge il codice di scansione dalla porta della tastiera, e invia alla tastiera un segnale per comunicarle che può cancellare quel codice dal suo buffer.
Se il codice di scansione è quello di un comune shift o di uno dei tasti speciali o di commutazione (Ctrl, Alt, Num Lock, Caps Lock, Scroll Lock o lnsert) il BIOS modifica due byte in un'area specifica della memoria, così da conservare documentazione di quale fra questi tasti sia stato premuto.
Per tutti gli altri tasti, il BIOS controlla quei byte per stabilire lo stato di shift e tasti commutatori. In funzione di quello stato, il BIOS traduce il codice di scansione in un codice ASCII, utilizzabile dal PC, che sta per un carattere, o in un codice speciale che sta per un tasto funzionale o un tasto di spostamento del cursore. Maiuscole e minuscole hanno codici ASCII diversi. In ogni caso, il BIOS colloca il codice ASCII o il codice speciale nel suo buffer, dove viene recuperato dal sistema operativo o dal software applicativo non appena sono concluse le operazioni in corso.
IL MOUSE
A
ltro dispositivo di input, detto di puntamento, indispensabile per lavorare con ambienti visuali (finestre).Le operazioni standard sono: click, doppio click, trascinamento e click destro.
Attraverso appositi sensori, il computer riceve informazioni sullo spostamento della pallina collocata alla base del mouse stesso, e le interpreta come spostamenti da far eseguire al cursore sullo schermo; analogamente, il 'click' del mouse (la pressione di uno dei suoi tasti) viene ricevuto e interpretato in accordo con le istruzioni fornite dal programma che si sta utilizzando
Come funziona il mouse meccanico
Quando si sposta un mouse trascinandolo su una superficie piana, una pallina (fatta di gomma o di acciaio rivestito di gomma) che fuoriesce dalla faccia inferiore del mouse ruota nella stessa direzione del movimento.
Nella sua rotazione, la pallina tocca e fa ruotare due cuscinetti montati ad angolo retto l'uno rispetto all'altro. Uno risponde ai movimenti in avanti e all'indietro del mouse, che corrispondono a movimenti verticali sullo schermo; l'altro percepisce i movimenti laterali, che corrispondono a movimenti orizzontali sullo schermo.
Ciascun cuscinetto è fissato a una rotella, il codificatore, un po' come nelle automobili l'albero motore è collegato alle ruote degli assali. Ruotando, i cuscinetti fanno ruotare i codificatori.
Sul bordo di ciascun codificatore si trovano piccole punte di contatto metalliche. Dall'involucro del mouse sporgono due barrette di contatto che vanno a toccare le punte sui codificatori, al loro passaggio. Ogni volta che una barretta tocca una punta, si ha un segnale elettrico. Il numero dei segnali indica quante punte sono state toccate dalle barre di contatto e quanto più numerosi sono i segnali, tanto maggiore lo spostamento del mouse. La direzione in cui ruotano i cuscinetti, insieme con il rapporto fra il numero dei segnali dei cuscinetti verticale e orizzontale, indica la direzione in cui è stato spostato il mouse.
I segnali vengono inviati al PC attraverso il cavo del mouse; il software converte numero, combinazione e frequenza dei segnali dei due codificatori in distanza, direzione e velocità di spostamento del cursore sullo schermo.
Anche la pressione di uno dei due pulsanti del mouse invia un segnale al PC, che lo trasferisce al software. In funzione del numero di volte che si è premuto il pulsante e della posizione del cursore al momento del "clic', il software esegue il compito desiderato.
Altri dispositivi di puntamento
Trackball: alternativa al mouse, la trackball ne usa
lo stesso meccanismo, avendo però la biglia sul lato superiore invece che sotto.
Il movimento del cursore sullo schermo si comanda muovendo la biglia con le dita
senza spostare la trackball. In questo modo non occorre lo spazio che serve
invece per muovere il mouse. tavoletta grafica
periferica di input per disegnare a mano libera. Quando si deve usare il computer per disegni di precisione (tecnici o
artistici) il mouse è uno strumento del tutto inadeguato perché troppo difficile
da controllare. Per questi casi esiste la tavoletta grafica, che comanda il
cursore sullo schermo facendo uso di uno speciale stilo su un piano sensibile,
esattamente come fosse una matita su un foglio di carta. I movimenti di una sorta di 'penna' sulla sua superficie vengono registrati
da appositi sensori e vengono fatti corrispondere ai movimenti di una 'penna
virtuale' sullo schermo del computer. In associazione con un programma grafico,
la tavoletta grafica permette di 'disegnare' al computer.
Lo svantaggio è una certa scomodità d'uso
(minore precisione e rapido affaticamento delle dita), oltre ad una maggiore
tendenza a raccogliere polvere e sporcizia. La trackball è usata soprattutto sui
portatili (che devono essere utilizzabili in ogni condizione, anche quando non
c'è spazio per muovere un mouse), sebbene nei modelli recenti sia stata
sostituita dalla touch pad, un'area rettangolare sensibile al tocco delle
dita.
IL MONITOR
La gamma di monitor presenti sul mercato è molto ampia. La maggior parte dei computer viene offerta con monitor da 14" (14 pollici) e questa non rappresenta di certo la soluzione ideale. A fronte di un minimo risparmio viene corrisposta una prestazione spesso scadente.
Un buon display da 15 pollici ha un prezzo di circa 150 -
200 mila lire superiore ad un 14" ma i suoi vantaggi compensano pienamente la
differenza di prezzo. La maggiore area di visualizzazione consente di
visualizzare comodamente una risoluzione di 800 x 600 punti. Ricordarsi che la
qualità alla fine paga sempre, soprattutto quando a farne le spese è la vista.
Per chi poi passa molte ore davanti ad un computer sarebbe consigliabile un
monitor a 17 pollici. Se poi il vostro lavoro è collocato nell'ambito della
grafica o del CAD (Computer Aided Design), allora la risposta è categorica: 21
pollici.
Una raccomandazione importante: valutare il monitor vedendolo in
funzione. Non acquistare mai a scatola chiusa.
Le norme anti-emissione di
radiazioni
I monitor sono soggetti alle
norme per il controllo delle emissioni delle radiazioni :
La specifica MPRII prevede, ad esempio, la limitazione al di
sotto dei 50 cm. del raggio di emissioni nocive, e che la norma TCO riduce
questo raggio a 30 cm. Le norme TCO92 contengono specifiche e requisiti
energetici ancora più rigidi e restrittivi , come ad esempio l'auto spegnimento
dopo un certo periodo di inutilizzo.
La nuova TCO99 contiene direttive che
determinano:
norme ecologiche sul tipo e sul numero di materie plastiche ,
verniciatura ecc.
emissioni radiazioni: le stesse di TCO95 con la misurazione
del monitor contenente una immagine testo nero su fondo bianco;
Energia,
consumo di Max 15 Watt
Frequenza di refresh di almeno 85 Hz
Migliore
schermatura di campi magnetici esterni
Senza entrare in ulteriori dettagli, è
bene sapere che a norme più recenti corrispondono regole di maggiore
severità.
Le casse.
Sempre più modelli incorporano le casse acustiche. Vale la pena precisare che, generalmente, le casse presenti nei monitor hanno una minore potenza rispetto a quelle esterne e che quelle acquistate separatamente non producono, nella maggior parte dei casi, distorsioni nelle basse o alte frequenze. In contrapposizione c'è da dire che le casse inserite nel monitor fanno risparmiare spazio.
Alcuni termini utili... |
Dot pitch
Il dot pitch è la distanza tra i singoli punti di fosforo dello
stesso colore. La distanza di questi punti deve essere inferiore o uguale 0,28
mm, a valori minori corrispondono immagini più definite e
nitide.
La risoluzione dello
schermo
Non è altro che il numero dei pixel
visualizzati. Maggiore è il numero dei pixel e maggiore sarà la
nitidezza.
Il
refresh
Viene chiamato refresh il parametro,
espresso in Hertz , che identifica la velocità con cui vengono tracciate le
immagini sullo schermo. Il refresh dovrebbe essere impostato almeno a 75 Hz
(viene scandito 75 volte al secondo) per evitare un fastidioso sfarfallìo e
disturbi alla vista. Frequenze sotto i 72 Hz iniziano a dare un certo fastidio
che diventa mal di testa intorno ai 60 Hz La frequenza di refresh ottimale
dovrebbe essere dagli 85 Hz in su.
Banda passante
E'
l'intervallo delle frequenze di amplificazione video entro il quale
l'amplificazione è priva di distorsioni.
Poiché in un segnale video i dettagli più fini sono legati a
frequenze alte, se la banda passante non è sufficientemente ampia si rischia di
visualizzare i dettagli più fini privi di un contrasto sufficientemente
idoneo.Per calcolare la banda passante di un Monitor occorre moltiplicare il
valore di refresh per il numero di pixel e di linee, maggiorando il risultato
del 10-15% circa . Ad esempio la banda passante in un monitor con refresh di
75Hz ad una risoluzione di 1600 x 1200, la banda
passante minima deve essere di circa 160 MHz. Un valore minore determinerebbe
una visualizzazione di particolari con scarso contrasto.
Lo sfarfallìo
Lo sfarfallìo (in inglese flickering) non è altro che un
rapido brillare dell'immagine sullo schermo (si riesce facilmente a distinguere
guardando i bordi laterali del display) causato dal fatto che l'immagine stessa
si esaurisce prima che venga scandita nuovamente dal fascio elettronico. Se ne
deduce che più è alta la frequenza di refresh e minore sarà lo
sfarfallìo.
(tratto dal sito: http://www.boscarol.com/pages/cg/054-mon_crt.html - di Mauro Boscarol)
Il monitor
utilizzato con il personal computer è un dispositivo raster cioè
consiste di una matrice rettangolare di pixel (picture element). Ogni
pixel del monitor può assumere un colore tra quelli disponibili.
Esistono in realtà anche monitor non raster, ma oggi sono scarsamente utilizzati, e solo per applicazioni particolari. |
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Il pixel occupa una zona quadrata, il cui lato varia da monitor a monitor. Il numero di pixel di base e il numero di pixel in altezza sono le dimensioni in pixel del monitor (per esempio 1024 x 768 pixel). Dimensioni comuni di questa matrice rettangolare di pixel sono le seguenti
Un monitor multisync consente di modificare la dimensione del pixel (per esempio passando da 640 x 480 su tutto lo schermo a 800 x 600: in tal modo il singolo pixel diventa più piccolo). |
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I monitor meno recenti hanno
dimensioni fisse e non modificabili, per esempio 640 x 480 pixel. Un
monitor multisync può invece essere regolato indifferentemente su una
qualunque delle dimensioni in pixel che supporta (e che sono supportate
anche dalla scheda grafica).
Poichè le dimensioni fisiche del monitor naturalmente non variano, modificare le dimensioni in pixel del monitor significa in realtà modificare il lato del pixel; per esempio passando da 640 x 480 pixel a 800 x 600 pixel, il lato del pixel diminuisce (perché nella stesso spazio in cui prima c'erano 640 pixel, ora ce ne sono 800). La risoluzione (resolution) del monitor è il numero di pixel per unità di misura (pollice o centimetro):
Normalmente nei monitor e nella televisione il rapporto di forma è di 4:3, cioè posta a 4 la base l'altezza è 3. La televisione ad alta definizione (HDTV, High Definition TV) ha un rapporto di forma di 16:9. |
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Riporto qui la domanda che
solitamente un utente pone:
Sto cominciando a dedicarmi al web e in un forum di discussione alcune persone parlano di differenti risoluzione dei monitor. In pratica, io pensavo che i monitor avessero tutti una risoluzione a 72 dpi invece sono stato contraddetto dai più "esperti" che parlano di 150 dpi, 96 dpi... Potrei avere una spiegazione tecnica? L'argomento tende a confondere le idee, ma in realtà la questione è molto semplice. Partiamo dall'inizio, e cioè dal fatto che il monitor è costituito da un certo numero di pixel. Per esempio il monitor Studio Display che sto usando è regolato in questo momento a 1280 pixel in orizzontale e 1024 pixel in verticale (per un totale di 1.310.720 pixel). Ogni monitor moderno (multiscanning) può essere regolato su diverse dimensioni in pixel. Per esempio il mio anche su 1024 x 768 e altre dimensioni. Ricordo ancora che il pixel è quadrato (o così dovrebbe essere nei buoni monitor). Riprendiamo poi la definizione di risoluzione: è il numero di pixel per pollice (in generale per unità di misura, quindi anche per cm per esempio, ma il pollice è entrato nell'uso; 1 pollice = 2.54 cm). Misuro la larghezza (in pollici) dell'area di visualizzazione (cioè dell'area in cui ci sono i pixel) del mio monitor e vedo che sono 13,3 pollici. Quindi la risoluzione attuale del mio monitor è 1280 pixel / 13,3 pollici = 96,2 pixel per pollice. Se invece lo regolo a 1024 x 768 la risoluzione diventa 1024 pixel / 13,3 pollici = 77 pixel per pollice. Non occorre fare lo stesso calcolo in verticale perché il pixel è quadrato. Quindi la risoluzione di un monitor dipende dalla dimensione in pixel (che nei vecchi monitor era fissa, ma ora con i monitor multiscanning è regolabile) e dalle dimensioni fisiche dell'area di visualizzazione. C'è da chiedersi: perché è così diffusa l'idea che la risoluzione dei monitor sia 72 pixel per pollice? Perché in un monitor a 72 pixel per pollice il pixel ha la stessa dimensione del punto tipografico (entrambi 1/72 di pollice), e dunque le dimensioni di visualizzazione corrispondono esattamente alle dimensioni di stampa (per esempio un foglio A4 che è largo 21 cm, anche su monitor è largo 21 cm). I monitor a 72 pixel sono in un certo senso monitor "ideali" per quanto riguarda le dimensioni di visualizzazione. I primi monitor a colori della Apple erano fissi su 72 pixel per pollice, dunque visualizzavano le immagini esattamente al 100% dell'originale, e questa cosa era stata ampiamente pubblicizzata. Successivamente Apple non si è più curata di questo fatto, anche perchè i monitor erano ormai multiscanning e potevano essere regolati su diverse risoluzioni (oggi un foglio A4 visualizzato su monitor non ha quasi mai le stesse dimensioni di un A4 originale, il che equivale a dire che la risoluzione del monitor non è quasi mai 72 pixel per pollice). Tuttavia la fantasia popolare continua a credere che la risoluzione sia rimasta a 72 pixel per pollice. |
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In memoria, ogni pixel del monitor è rappresentato con un certo numero di bit. Questo numero viene detto profondità di colore. Per esempio se ad ogni pixel sono riservati 8 bit (quindi 256 livelli) per il rosso e altrettanti per il verde e il blu, la profondità di colore è di 24 bit (e quindi ogni pixel può assumere un colore tra 16.777.216 colori). |
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Le
principali tecnologie con le quali sono realizzati i monitor sono:
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La video RAM è una memoria riservata al video. Ogni posizione di memoria della video RAM indica il colore di un pixel. Poiché il colore del pixel di un monitor si forma in sintesi additiva a partire da tre primari R, G e B, ogni posizione sarà à divisa in tre zone per i tre valori R, G e B. Se per ogni primario sono riservati otto bit (1 byte), ogni pixel richiede 24 bit (3 byte) e, per esempio, un monitor di 1024 x 768 pixel richiede 1024 x 768 x 3 byte = 768 x 3 Kbyte = 2304 Kbyte = 2.25 Mbyte di video RAM. In questo esempio il valore di luminosità di un primario può variare da 0 (quantità nulla di luce) a 255 (quantità massima di luce). Quindi ci sono 256 possibili livelli di rosso, 256 possibili livelli di verde e 256 possibili livelli di blu, e quindi in totale 256 x 256 x 256 = 16.777.216 possibili colori (chiamati per brevità "16 milioni di colori") che un pixel può assumere. |
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Se il monitor è digitale può essere controllato da numeri, ma se è analogico deve essere controllato da livelli di potenziale. Consideriamo per esempio un monitor CRT (cathode ray tube). Se il potenziale è 0 mV, il fosforo è spento (nero), se il potenziale è al massimo voltaggio, per esempio 700 mV, il fosforo è acceso al massimo della luminosità (per esempio il rosso più intenso). Quando il computer deve visualizzare un pixel con determinati colori RGB, per esempio 20, 220, 130 (i valori possono andare da 0 a 255), il computer passa questi valori alla scheda video che li inserisce nella video RAM e mediante un convertitore digitale analogico (DAC) li converte in tre segnali di ampiezza, per esempio 55, 604, 358 mV. A questo punto, se il monitor è CRT, al fosforo rosso di quel pixel viene spedito un segnale di 55 mV, al fosforo verde un segnale di 604 mV e al fosforo blu un segnale di 358 mV. I fosfori del monitor emettono luce colorata in funzione di tali valori di ampiezza. Il fosforo rosso per esempio (ma anche quelli verde e blu si comportano nello stesso modo) non emette luce se il segnale è 0. Se anche i fosfori verde e blu non emettono luce, il pixel è nero. Se il segnale è al massimo, diciamo 700 mV, il fosforo rosso emette il massimo della luce rossa, e se anche gli altri due fosfori emettono il massimo di luce (verde e blu), il pixel sarà bianco. |
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Nel 1909 vennero assegnati due premi Nobel per la fisica: il primo a Guglielmo Marconi per le sue ricerche sulle onde radio, e il secondo a Karl Ferdinand Braun, un fisico tedesco che lavorava sui raggi catodici. La tecnologia del tubo a raggi catodici risale dunque ai primi anni del 1900, ma è ancora molto utilizzata, specialmente dopo lo sviluppo della televisione negli anni '50 e '60. Confrontata con altri tipi di tecnologia di monitor è economica, affidabile e versatile. L'immagine viene prodotta sulla superficie interna del tubo da uno o più fasci elettronici che colpiscono il rivestimento, costituita da una superficie fosforescente. La scansione avviene velocemente, abbastanza velocemente da dare l'impressione che si tratti di una immagine fissa. La scansione avviene deflettendo i fasci elettronici orizzontalmente e verticalmente. Per ragioni pratiche, il raggio non può deflettere oltre 110°. La scansione inizia in alto a sinistra e avviene da sinistra a destra e dall'alto verso il basso. Quando sono colpiti dal fascio, i fosfori vengono eccitati e producono luce che illumina lo schermo. |
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Ogni pixel di un monitor CRT è in realtà costituito
da tre minuscoli punti di materiale fosforescente che non è possibile
vedere individualmente ad occhio nudo. Si tratta dei tre fosfòri (niente a
che fare con l'elemento chimico fosforo), uno rosso (red, R), uno verde
(green, G) e uno blu (blue, B).
I tre cannoni elettronici (rispettivamente per il rosso, verde e blu) emettono tre fasci di elettroni che spazzano progressivamente l'intero raster. Quando i tre fasci colpiscono un pixel, un particolare meccanismo magnetico-meccanico con l'uso di una maschera forata (shadow mask) fa in modo che il primo fascio colpisca il fosforo R, il secondo colpisca il fosforo G e il terzo quello B. I fosfori sono sistemati in terne circolari (Precision InLine) o in striscie verticali (Trinitron). I tre fosfori del pixel vengono eccitati dai tre fasci di elettroni che li rendono fosforescenti (l'aggettivo "fosforescente" significa letteralmente, "produttore di luce"). I fosfori sono molto vicini per cui è impossibile distinguerli a occhio nudo, e la mescolanza dei loro colori avviene, in effetti, nell'occhio dell'osservatore (tecnicamente si tratta del processo di sintesi additiva spaziale). Ogni pixel del monitor può dunque assumere un colore determinato da una certa luminosità dei fosfori rosso, verde e blu. Variando l'intensità con la quale i tre fasci elettronici colpiscono i tre fosfori, varia il colore percepito. Se l'immagine deve essere mantenuta il fosforo necessita di essere continuamente alimentato con elettroni perché la persistenza del fosforo (il tempo in cui la luce viene messa) è breve: da 40 microsecondi a 3 secondi. Per immagini in movimento è meglio una persistenza breve, ma la persistenza lunga riduce lo sfarfallio. |
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La frequenza verticale o frequenza di quadro (vertical frequency o frame rate) è la frequenza alla quale viene completata una immagine. Se è troppo bassa, minore di 60 Hz, si verifica il fenomeno dello sfarfallio (flicker). Per la computer grafica è necessaria una frequenza verticale almeno di 75 Hz. L'interlacciamento (interlacing) è un metodo che consente di ridurre la frequenza verticale mantenendo basso lo sfarfallamento. In uno schermo interlacciato ogni quadro è composto di due campi che contengono ognuno una riga sì e una no. Se ogni quadro contiene 525 linee il primo campo contiene le linee 1, 3, 5, ..., 525 e il secondo campo 2, 4, 6, ..., 524. Per applicazioni grafiche è preferibile un display non interlacciato. La risoluzione verticale è il prodotto del numero di campi per il numero delle linee. La frequenza video (video frequency, dot clock) è la velocità a cui il fascio elettronico può accendersi e spegnersi. Frequenza video = frequenza di linea per risoluzione orizzontale. La frequenza orizzontale o frequenza di linea (horizontal frequency o line rate) è la frequenza a cui viene scansionata la singola riga del display. E' per definizione il prodotto della frequenza verticale, il numero di campi e il numero di linee. Frequenza di linea = frequenza verticale x risoluzione verticale. |
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La tecnologia CRT sta per essere sostituita dalla tecnologia dei cristalli liquidi (LCD, liquid cristal display). I cristalli liquidi sono composti organici che possono avere sia le proprietà dei liquidi sia le proprietà dei cristalli: come i liquidi possono essere versati ma come i cristalli mantengono una struttura molecolare ordinata. Le molecole nei cristalli liquidi si possono considerare disposte su livelli; i cristalli liquidi nematici ritorti (twisted nematic, "nematico" significa filiforme) hanno le molecole del livello superiore orientate ad angolo retto con le molecole del livello inferiore. Quando viene applicato un campo elettrico, le molecole si allineano parallelamente tra loro. Quindi il cristallo liquido può essere in uno di due stati: twisted on oppure twisted off. Quando il cristallo liquido è twisted on ha l'utile proprietà di cambiare la polarizzazione della luce polarizzata di 90°, quando twisted off riflette la luce incidente. |
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I monitor a cristalli liquidi hanno numerosi
vantaggi: alta risoluzione, uniformità nello spazio e nel
tempo (perché ogni singolo pixel può essere indirizzato separatamente e
non viene influenzato dai pixel adiacenti). Inoltre sono sottili (1-2
centimetri) e leggeri, necessitano di una potenza elettrica molto bassa,
non espongono l'utente ai pericoli dei raggi catodici.
Presentano tuttavia anche alcuni difetti: una risoluzione temporale molto bassa (problemi con le immagini dinamiche); bassa luminanza e basso contrasto cromatico; gamut di colore ridotto rispetto ai monitor CRT (soprattutto a causa del primario blu). Inoltre sono ancora molto più costosi dei monitor CRT (circa 200.000 lire a pollice, agosto 2000). I principali tipi di monitor a cristalli liquidi sono
I tipi monitor a matrice passiva più usati sono TN e STN. Il monitor TN è caratterizzato da un bassissimo consumo (usa la luce ambiente per illuminare lo schermo) ed ha trovato presto applicazione nel campo dei computer portatili. Tra gli svantaggi vi sono un contrasto piuttosto ridotto e un angolo di "corretta visione" piuttosto ristretto (circa 20°), dovuti anche alla presenza dello strato di elettrodi trasparenti davanti al video. Il monitor STN è una evoluzione del TN in cui le molecole della fase nematica (e quindi anche la luce polarizzata incidente) subiscono una rotazione di 270° invece che di 90°. I vantaggi principali sono un maggiore contrasto (circa il triplo) ed un maggiore angolo di "corretta visione" (circa il doppio) rispetto ai TN. Presentano tuttavia maggiori problemi di birifrangenza, per cui qualche volta possono verificarsi spostamenti di colore. Esistono comunque opportuni metodi correttivi che permettono di ovviare a questi inconvenienti. Il monitor a matrice attiva (TFT, thin film transistor) è il più moderno. In questo monitor l'indirizzamento di ogni singolo pixel avviene tutto alle spalle del display stesso e i pixel sono attivati da un apposito transistor. Quindi non è più necessario porre davanti al video una serie di elettrodi: è sufficiente la presenza di una unica lastra trasparente con funzioni di "terra". Il contrasto è quattro volte maggiore rispetto agli STN e l'angolo di visuale è più ampio. |
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La tecnologia al plasma si basa sulla luce fluorescente. In ogni cella del display si trova il gas, normalmente una miscela di Neon e Xenon, che in un campo elettrico modifica le proprie caratteristiche. Applicando una tensione il gas ionizza e diventa un plasma che cede luce ultravioletta non visibile. La parte esterna del pannello è ricoperta con fosfori RGB che rendono visibile la luce. Tre celle adiacenti costituiscono un pixel. Un clock di 30 kHz è sufficiente a visualizzare una immagine senza sfarfallio. Questa caratteristica ha tuttavia effetto anche sulla visualizzazione di immagini mobili. Mentre un colore viene già acceso, l'altro non è ancora illuminato. Per minimizzare questo problema i diversi costruttori utilizzano metodi diversi. La tecnologia al plasma consente di realizzare monitor di grandi dimensioni, la cui diagonale varia da 25" a 50" che è 1 metro e 27 centimetri. Nonostante queste dimensioni i monitor al plasma non hanno alta risoluzione: il lato del pixel non è diminuibile a piacere. Così dimensioni maggiori di 852 per 480 pixel con un PDP a 42" sono difficilmente raggiungibili. Al contrario i monitor a cristalli liquidi e CRT possono raggiungere dimensione di punto di 0.3 millimetri. Comunque i monitor al plasma hanno grande contrasto di luminanza, non sono sensibili alla luce ambientale, sono economici e durevoli. |
![]() Monitor al plasma Hitachi 25", dimensione 1280 x 1024, luminosità 90 cd/m2, angolo visuale 160º |
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In memoria, ogni pixel del monitor è rappresentato con un certo numero di bit. Questo numero viene detto profondità di colore. Per esempio se ad ogni pixel sono riservati 8 bit (quindi 256 livelli) per il rosso e altrettanti per il verde e il blu, la profondità di colore è di 24 bit (e quindi ogni pixel può assumere un colore tra 16.777.216 colori). |
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Le caratteristiche di un monitor che riguardano il colore sono:
che ora esaminiamo in dettaglio. |
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La prima caratteristica di un monitor è l'insieme delle coordinate cromatiche dei suoi tre fosfori, cioè le coordinate x e y del fosforo rosso, le coordinate x e y del fosforo verde e le coordinate x e y del fosforo blu. Per esempio i fosfori del classico monitor Apple da 16" hanno queste coordinate cromatiche x e y:
Tutti i colori generabili da un monitor sono esattamente quelli che, stanno dentro il triangolo che ha come vertici i colori dei fosfori del monitor. Questo triangolo è il gamut del monitor. Il gamut del monitor è naturalmente un sottoinsieme dei colori visibili in natura. Come è noto, esiste un altro modo per specificare un colore su un monitor, cioè il modo RGB. Dire che un colore RGB è (120, 20, 230) è tuttavia un modo impreciso per specificare un colore. Questi tre numeri danno risultati diversi su monitor con fosfori diversi. RGB quindi è un sistema (uno spazio di colore) non assoluto, device dependent, che dipende dal monitor a cui ci si riferisce. Gli spazi xyY e gli altri collegati (XYZ e Lab) permettono invece di specificare il colore in modo assoluto, indipendente da ogni specifico dispositivo. |
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Il punto bianco non è una caratteristica fissa di un CRT, ma è modificabile tramite la scheda video o i cannoni elettronici. Conviene quindi considerare il monitor come l'insieme del CRT (cathode ray tube), tubo a raggi catodici, cioè il monitor vero e proprio) e la scheda video: monitor = CRT + scheda video I programmi di calibrazione possono modificare la risposta dei cannoni elettronici per modificare il punto bianco, o, in alternativa e se hanno accesso alla CLUT (color lookup table) della scheda video, possono modificarla e fare in modo che il punto bianco del monitor sia quello desiderato. Il primo metodo è il migliore. |
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Il problema è che il
rapporto tra il segnale (misurato in mVolt) e la luce emessa non è
lineare. Se il segnale che colpisce il fosforo rosso è metà del
massimo, per esempio 350 mV, il rosso non avrà luminosità 50% come ci si
aspetta, ma circa il 25%.
Il rapporto tra potenziale elettrico che colpisce il fosforo e intensità luminosa che il fosforo emette è (più o meno) uguale per tutti e tre i fosfori. La curva relativa si può rappresentare abbastanza bene con la formula I=Vg che si legge così: la luminosità è uguale al voltaggio elevato g. Questo esponente g descrive la risposta del CRT all'ampiezza del segnale video analogico è normalmente (in media) di 2.5. Si tratta di una caratteristica fissa di un CRT, ed è indicato con il termine gamma. Il gamma è una caratteristica fissa del CRT, ma può essere modificato (nel monitor) agendo sulla CLUT della scheda video (applicando cioè una correzione gamma), in modo da dare al monitor il gamma desiderato. La correzione gamma è sempre fatta nella scheda video, non nel monitor, anche se di ottima qualità. (I monitor di qualità possono regolare la luminanza del bianco, il livello di nero e la temperatura di colore usando gli amplificatori dei cannoni, ma non il gamma; per il gamma è necessaria una CLUT e la CLUT sta nella scheda video). |
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Tutti i monitor usano la LUT (lookup table, residente nella scheda video) per controllare il gamma. La maggior parte dei monitor controlla, mediante la LUT, anche la messa a punto del bianco. I migliori monitor per la messa a punto del bianco controllano invece direttamente i tre cannoni elettronici. Nei migliori monitor, inoltre, il controllo da parte del computer non avviene solo mediante la LUT, ma anche mediante un collegamento diretto per esempio con la porta seriale. |
LA STAMPANTE
(tratto dal sito: http://www.boscarol.com/pages/cg/060-stampante.html
- di Mauro Boscarol)
Classico dispositivo di output per la stampa dei risultati. Stanno ormai scomparendo le vecchie stampanti ad aghi a favore delle stampanti laser (lievemente più care, ma preferibili per la stampa di qualità di un alto numero di copie) e di quelle a getto d'inchiostro (più economiche, soprattutto nella stampa a colori; la relativa tecnologia ha compiuto negli ultimi anni notevoli passi avanti). La qualità delle stampanti è talmente migliorata nel tempo da relegare a un mercato molto specializzato i cosiddetti plotter, stampanti grafiche a 'pennini' utilizzate per la progettazione e il disegno architettonico Anche la stampante è un
dispositivo raster,
in quanto può depositare sulla carta un raster (una griglia rettangolare)
di minuscoli punti colorati (o
neri). | |
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Ogni stampante raster ha una risoluzione massima di stampa. Per esempio la Epson Stylus Color 1520 ha una risoluzione massima di 1440 pixel per pollice. Similmente al monitor, che ha una risoluzione fissa del raster, oppure può essere impostato su alcune (poche) risoluzioni, la stampante può stampare ad una risoluzione fissata o scelta tra alcune (poche) risoluzioni (per esempio 360, 720 e 1440 pixel per pollice). Nel caso di stampanti in bianco e nero ogni pixel del raster può essere bianco (cioè senza inchiostro) o nero (cioè con inchiostro). Contrariamente ad un monitor, in cui un pixel può assumere un qualunque colore (o un qualunque livello di grigio, se si tratta di un monitor a grigi), una stampante in bianco e nero ha solo due possibilità riguardo ad un pixel: lasciarlo del colore della carta (bianco) o riempirlo di inchiostro (o toner, o altro) e quindi renderlo nero. Una stampante non può stampare grigi: o stende l'inchiostro o non lo stende. Se è proprio necessario stampare in (per esempio) sette livelli di grigio occorre utilizzare sette inchiostri. | |
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Tuttavia il grigio si può ottenere lo stesso, precisamente in sintesi additiva spaziale. Il rettangolo qui in basso, se stampato su carta bianca con inchiostro nero, sembra grigio. Si tratta di un effetto ottico. Osservata attraverso una lente di ingrandimento, la superficie grigia rivela infatti di non essere compatta, bensì costituita da piccoli punti di inchiostro nero, tutti uguali e uniformemente distanziati. | |
Con una stampante a inchiostro nero si può ottenere il grigio stampando puntini neri su sfondo bianco | ![]() |
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Complessivamente i punti neri occupano un'area che è il 50% dell'area totale del rettangolo, per cui un osservatore ad occhio nudo, a sufficiente distanza, ha l'impressione di vedere un grigio la cui luminosità è circa a metà strada tra la luminosità del bianco e quella del nero. Anche la fotografia nella pagina successiva presenta numerose tonalità di grigio che variano con continuità , quando viene stampata su carta bianca con inchiostro nero. Anch'essa, osservata attraverso una lente di ingrandimento, presenta una struttura di piccoli punti di inchiostro nero, uniformemente distanziati, ma di dimensioni diverse, per simulare appunto le diverse tonalità di grigio presenti. Questa tecnica di simulazione dei grigi mediante inchiostro nero su carta bianca (detta retinatura, screening) è stata introdotta alla fine del secolo scorso dal tedesco Georg Meisenbach (1841-1912). Il principio della retinatura, molto noto nel campo grafica tradizionale, viene utilizzato anche nella computer grafica con alcune modifiche e limitazioni, dovute principalmente all'utilizzo di tecnologia digitale al posto di tecnologia analogica. | |
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Tradizionalmente, la mezzatinta si otteneva fotografando l'originale a tono continuo interposto tra obiettivo e materiale fotosensibile una lastra di cristallo nella quale sono state tracciate due serie di linee parallele che si incontrano ad angolo retto: il retino, appunto, che, osservato in trasparenza, era costituito da un grande numero di quadratini trasparenti. | |
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Un retino (screen) è costituito da punti posti sull'intersezione di due fasci perpendicolari di rette parallele ed equidistanti. Il numero di linee per unità di misura (centimetro o pollice) è la frequenza o lineatura del retino (detta anche intensità , screen frequency, misurata in linee per centimetro o linee per pollice). Naturalmente, la frequenza va misurata lungo le linee stesse. L'angolo che una linea di punti del retino forma con la verticale è l'angolo del retino (screen angle). Comunemente un retino consiste di punti a forma di cerchio (retino a punti, dot screen), ma è possibile che i punti abbiano un'altra forma, per esempio la forma di linea (retino a linee, line screen) o di ellisse o di quadrato o altro ancora (si dà il nome di texture screen ai retini che danno l'idea di una trama). Se i punti sono tutti delle stesse dimensioni, il retino è uniforme o piatto. Per un retino uniforme si può parlare di percentuale di grigio (screen percentage), cioè del rapporto percentuale tra puntini neri e superficie bianca. | |
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Stampante a getto d'inchiostro Epson Stylus Color 1270 Stampante a getto d'inchiostro Canon
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In un retino tradizionale, realizzato fotograficamente, angolo e frequenza (e percentuale di grigio nei retini uniformi) sono indipendenti tra loro, cioè si possono realizzare retini con qualunque percentuale di grigio, qualunque angolo e qualunque frequenza. Con le tecniche digitali invece questi tre parametri non sono indipendenti. In altre parole, su un certo dispositivo d'uscita a raster, è possibile creare soltanto retini con certe angolature e l'angolatura determina le frequenze e le percentuali di grigio possibili. Se la risoluzione a cui si lavora è molto alta, ciò non crea un problema ma può diventarlo se la risoluzione è bassa. Consideriamo come viene realizzato un retino su un dispositivo a raster nel caso più semplice: quello in cui l'angolo del retino è 0°. Il raster di uscita viene suddiviso in zone quadrate di m x m punti. Ognuna di queste zone è detta punto di retino e m è il lato del punto di retino. In ogni punto di retino è possibile rappresentare m2+1 diverse percentuali (o livelli) di grigio annerendo rispettivamente 0, 1, 2, ..., m2 pixel. Per esempio, se m=4, e quindi i punti sono 16, è possibile ottenere le 17 percentuali di grigio indicate nell'immagine qui sotto. Nel retino che si ottiene, l'angolo è 0° e la frequenza, se n è la risoluzione del dispositivo di uscita, è n/m. La relazione tra frequenza e numero di livelli di grigio ottenibili è dunque livelli di grigio = lato2+1 | |
Questa è la tecnica per realizzare retini a 0°. La tecnica generale, che consente di realizzare retini anche con altre angolature, è più complessa. Come vedremo, per avere risultati accettabili, sono necessari almeno un centinaio di grigi. | |
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Una immagine a scala di grigio e in basso un particolare |
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Retinatura a partire da un raster |
Punti di retino digitale
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Il colore viene prodotto stampando più retini sovrapposti ad angolature diverse. Nel caso più comune i retini sono quattro, stampati rispettivamente con inchiostro ciano, magenta, giallo e nero (CMYK). Per evitare il problema del moirè (interazione geometrica tra i retini che genera problemi di interferenza), tradizionalmente i retini vengono ruotati in questo modo: il giallo resta a 0°, il magenta a 15°, il nero a 45° e il ciano a 75°. E' possibile dimostrare che con questa combinazione di angoli e frequenze, la stessa posizione relativa dei punti nei quattro retini non viene mai ripetuta e il moirè è in realtà un micromoirè (rosetta), così piccolo da non generare alcun disturbo visivo. Come si è visto queste angolazioni non sono ottenibili con precisione nel caso digitale, ma solo in maniera approssimata. | |
Le stampanti desktop oggi in produzione utilizzano queste tecnologie di stampa:
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Stampanti InkJet
(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/265/index.html - di Luca Ruiu)
Introduzione | |
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tutti aspetti che, conti alla mano, nel caso di volumi di stampa medi, o medio/alti, facevano preferire le laser alle getto, sempre che la scelta non fosse condizionata dalla necessità di effettuare stampe a colori. D'altro canto altri fattori hanno contribuito nel tempo a determinare l'attuale successo commerciale di queste periferiche, quali:
Le stampanti a getto
d'inchiostro, più comunemente note come "InkJet", sono stampanti che fanno
parte della stessa categoria delle laser, cioè della famiglia delle "non a
impatto"; queste stampanti non interagiscono meccanicamente con il foglio
di carta durante la stampa, a differenza di quanto non facciano le
stampanti ad aghi. I problemi maggiori che possiamo riscontrare con le stampanti a getto sono proprio legati alle testine di stampa e alla loro usura; il procedimento termico è di gran lunga il più usurante ed è per questo motivo che la testina di stampa è incorporata nella cartuccia di inchiostro e viene quindi sostituita ogni volta che viene cambiata la cartuccia stessa, mentre con la tecnologia piezoelettrica, molto meno usurante, le testine sono parte integrante della stampante; in questo caso però, l'eventuale rottura della testina che è un problema non così poco frequente e molto condizionato dal modo d'uso della periferica, comporterebbe una riparazione abbastanza costosa pari, per i modelli entry level, anche al 50% del loro valore commerciale |
Tecnologia basata sul calore | |
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questa tecnologia, meglio
nota come Bubble Jet, è stata ideata e sviluppata dalla società Canon;
essa provvede a creare la pressione per proiettare l'inchiostro sul foglio
con il calore; in pratica la goccia d'inchiostro viene riscaldata
all'interno degli ugelli di stampa da un termoresistore, cioè da un
dispositivo che si riscalda quando viene percorso da corrente elettrica,
si forma progressivamente una bolla la quale espandendosi spinge
l'inchiostro al di fuori degli ugelli; il vuoto lasciato dalla goccia
proiettata verso il foglio con una velocità di circa 5 - 8 m/s (tra i 18 e
i 29 Km/h), richiama altro inchiostro dai rispettivi serbatoi. Il
dispositivo riscaldatore viene ovviamente disattivato in attesa che il
nuovo inchiostro riempia nuovamente gli ugelli.
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Tecnologia Piezo-Elettrica | |
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questa particolare tecnologia
è stata sviluppata, ed è attualmente utilizzata, dalla società EPSON. Non
è una tecnologia termica, ma bensì elettro-meccanica e consente, in
generale, di ottenere un miglior controllo sul processo di formazione
della goccia di inchiostro. Il principio di funzionamento si basa sulla
caratteristica piezoelettrica di alcuni cristalli, cioè sul fatto che
alcuni cristalli si possono elettricamente polarizzare se elasticamente
deformati (effetto piezoelettrico diretto) oppure, processo inverso
utilizzato per le stampanti, possono elasticamente deformarsi se
sottoposti a particolari campi elettrici (effetto piezolelettrico
inverso). L'inchiostro viene inviato nella testina di stampa di forma
tronco-conica attraverso una particolare camera che è a stretto contatto
con l'elemento piezoelettrico; qui, con appositi campi elettrici, generati
sulla base dei segnali inviati dal PC, si opera la deformazione
dell'elemento piezoelettrico che si traduce in un aumento della pressione
nell'inchiostro; quest'ultimo viene proiettato, attraverso la testina di
stampa e gli ugelli, verso il foglio. Non essendo una tecnologia basata
sul calore, l'inchiostro arriva sul foglio a temperatura ambiente e quindi
tende ad asciugarsi in tempi più ristretti rispetto al processo termico,
eliminando quasi del tutto l'effetto "foglio bagnato".
Queste due particolari tecnologie, Bubble Jet e Piezo-Elettrica, si sono ovviamente perfezionate nel tempo e le case che le hanno adottate sono oggi in grado di rendere disponibili prodotti molto competitivi sia in termini di risoluzione, di velocità, di qualità di stampa per testi, grafica ed immagini fotografiche, e di economicità. |
Velocità di stampa | |
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Per le stampanti a getto d'inchiostro il discorso relativo alla qualità e velocità di stampa è molto complesso ed articolato, perchè funzione di molti aspetti quali la tipologia della stessa stampante e quindi della tecnologia InkJet adottata, del tipo di carta utilizzato e della stampa che si vuole realizzare, cioè testo o grafica, dal tipo di inchiostro, dai driver e così via; vedremo in questa pagina di analizzare gran parte di questi aspetti:
Il perfezionamento di tecnologie e materiali per la stampa a getto d'inchiostro ha portato la velocità su valori decisamente elevati, addirittura allineati a quelli di stampanti laser di classe media; i migliori prodotti InkJet raggiungono velocità di 17 ppm in stampe di testo in B/N e in modalità "bozza" (tipo il classico draft delle stampanti ad impatto) e di 13 ppm in stampe a colori su foglio A4 e sempre in modalità "bozza", quindi con risoluzioni pari a 300x600 dpi, o 300x300 dpi a seconda del tipo di stampante. Le stampe a colori di qualità fotografica comportano tempi più lunghi attorno ai 70-80 secondi per pagina (foglio A4) con risoluzioni di 720 dpi, per poi aumentare all'aumentare della risoluzione stessa (tipo 1440x720 dpi o 1200x1200 dpi); le stampanti InkJet di fascia alta possono essere utilizzate in piccole reti informatiche, anzi alcune di queste sono già vendute con scheda di rete integrata da 10 o 10/100 Mbit, quando le stampe a colori rappresentano una necessità per lo stesso ufficio e non si voglia investire nelle più costose stampanti laser a colori. |
Qualità di stampa - definizione | |
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In generale possiamo dire che la
qualità di stampa è associata alla risoluzione, cioè al numero massimo di
punti per pollice che è possibile stampare, ma per le getto la qualità può
essere analizzata sotto due differenti aspetti a seconda dell'uso a cui
sarà destinata la periferica, vedi ad esempio stampe combinate di testo ed
immagini, o stampa di immagini fotografiche e così via; per stampe
combinate, o per il semplice testo, il parametro da considerare è proprio
la risoluzione espressa in "dpi" (punti per pollici), mentre nel caso di
stampe fotografiche riveste un ruolo importante, oltre alla risoluzione,
anche il numero dei livelli di graduazione del colore, cioè la capacità
della stampante di rendere continue le sfumature durante la formazione
dell'immagine. La stampa fotografica ha la necessità di riprodurre sul foglio delle sfumature che siano le più continue possibili per dare quell'effetto realistico alle immagini tipico proprio delle foto; il problema consiste nel fatto che la stampante crea l'immagine sul foglio per punti e può disporre di un numero limitato di colori base da poter combinare e gestire in modo ottimale. I colori base utilizzati sono il ciano, magenta, giallo, nero e bianco, quest'ultimo ottenuto semplicemente lasciando dei punti non colorati sul foglio, anche se le ultime stampanti commercializzate ed ottimizzate per la stampa fotografica hanno visto la presenza di un numero maggiore di colori dai 6, per EPSON, ai 7 per CANON, come appare dalle foto allegate e prelevate dai siti delle rispettive case.
Le variazioni cromatiche tra i colori
chiari e scuri vengono realizzate combinando punti di colore base con
punti di colore nero, oppure punti di colore base con punti lasciati
appositamente bianchi, cioè riducendo la densità dei punti colorati quindi
il loro numero per unità di superficie. L'uso dei punti neri genera però
il cosiddetto effetto granulare che si può notare guardando l'immagine
stampata con una lente, così come l'uso dei punti bianchi riduce la
capacità della stampante di definire i dettagli dell'immagine che si sta
creando. La soluzione ottimale per l'aspetto qualitativo in stampe
fotografiche è quella di ridurre la dimensione dei punti e quindi
utilizzare testine in grado di generare gocce di inchiostro sempre più
piccole per avere un miglior dettaglio, risoluzione e sfumature, e
cercando di adottare un maggi |
Qualità di stampa - tecnologie | |
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Ogni costruttore ha sviluppato differenti tecnologie proprietarie specificatamente ottimizzate per la qualità di stampa.Vediamone alcune. Tecnologie sviluppate da EPSON per ottimizzare il processo di stampa; come detto in precedenza il primo aspetto è legato alla testina di stampa basata sulla tecnologia piezoelettrica in grado, in generale, di avere un miglior controllo sul processo di formazione della goccia, sia per quanto concerne le dimensioni e la forma che per il quantitativo di inchiostro utilizzato. EPSON ha dato il nome di "PerfectPicture Imaging System" all'insieme di tutte le tecnologie che, operando congiuntamente, sono in grado di realizzare stampe di elevata qualità sia per il testo che per la grafica; queste sono rispettivamente:
Tecnologie sviluppate in casa CANON. La società alla quale si deve la nascita della tecnologia Bubble Jet, basata su un processo termico per la formazione della goccia di inchiostro, ha messo a punto due interessanti tecnologie mirate al miglioramento della stampa su carta comune e all'ottimizzazione della stampa fotografica; queste due tecnologie sono note sotto il nome di "P-POP" (Plain Paper Optimized Printing) e "Drop Modulation Technology", rispettivamente.
A Canon si deve anche la realizzazione di una particolare testina di stampa a forma di stella, anziché circolare, in grado di creare punti in stampa perfettamente circolari e di posizionarli con elevata precisione; con queste testine si possono ottenere gocce da 4,5 pl e risoluzioni di 1200x1200 dpi reali; tutto questo è alla base della tecnologia "MicroFin Droplet". Anche ad HP, altro importante produttore
di stampanti a tecnologie Bubble Jet, si deve il perfezionamento di metodi
di stampa che hanno progressivamente portato la qualità degli stampati a
livelli di stampa laser per il testo e fotografica per le immagini. Le
tecnologia sviluppate da HP sono denominate HP ColorSmart e HP Photored,
presenti nell'evoluzione III nei prodotti di punta della casa. HP ColorSmart III:
HP Photored III:
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Materiali di consumo e costi | |
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Parliamo ora dei materiali di consumo
che per la tecnologia a getto sono costituiti dai ricambi di inchiostro e
dalla carta di stampa.
Il costo elevato di questi supporti è
dovuto al fatto che sono realizzati con particolari materiali che
garantiscono una limitata diffusione dell'inchiostro in fase di
essiccazione, una maggiore resa cromatica sulle stampe a colori, la
possibilità di poter ottenere testi ed immagini molto meglio definiti
rispetto alla carta comune e così via; vi posso assicurare che la
differenza qualitativa tra stampe realizzate su carta comune o speciale è,
a seconda del campo di impiego, sensibile. |
Tipologie di cartucce | |
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Di seguito ho voluto riportare una carrellata di quelli che sono i vari modelli di cartucce che si possono trovare in commercio e che si differenziano tra loro sulla base di quanto in precedenza detto:
In commercio esistono tantissimi modelli di stampanti che si differenziano sia per il prezzo che per le caratteristiche. Vediamo di elencare le principali differenze che possono maggiormente incidere sul prezzo di acquisto:
mentre il prezzo può variare tra le 150.000 lire a più di 2 milione per le unità di rete. |
Stampanti ad impatto
(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/266/index.html - di Luca Ruiu)
Tecnica
Le stampanti ad impatto furono le
prime ad essere introdotte nel mondo informatico e rivestirono un ruolo di
assoluta supremazia per un ampio periodo di tempo.
Le prime stampanti
commercializzate emulavano le caratteristiche di una tradizionale macchina da
scrivere, dato che dall'impatto di una testina di stampa riproducente lettere e caratteri vari con un nastro inchiostrato, si
riuscivano a stampare sul foglio tutti i caratteri su di essa riportati; con
queste particolari periferiche i possibili campi applicativi erano limitati ed
in modo particolare era preclusa qualunque tipo di stampa grafica. Altre
limitazioni erano rappresentate dalla notevole lentezza, dalla rumorosità,
dall'ingombro eccessivo e dal fatto che la testina di stampa riproducendo i
caratteri tipici dell'alfabeto, doveva subire una "personalizzazione" a seconda
della nazione in cui veniva venduta; le testine potevano essere del tipo a
margherita o rotante.
La qualità di stampa, per il testo ovviamente, era
decisamente buona e al pari delle macchine da scrivere
elettroniche.
Dalle stampanti ad impatto del tipo ora descritto si è poi
passati alle più evolute ed attuali stampanti ad aghi che, come richiama la
stessa denominazione, sono stampanti in cui la testina è realizzata con piccoli
aghi di acciaio tali da generare con l'impatto sul foglio un singolo punto;
combinando in modo opportuno i vari punti stampati, queste periferiche sono in
grado di riprodurre tutti i caratteri possibili ed immaginabili, così come linee
ed elementi grafici. E' ovvio che più elevato è il numero di punti resi
disponibili nel processo di stampa, maggiore sarà la qualità della stessa, cioè
la risoluzione; l'evoluzione in questo settore fu proprio dettato dall'aumento
del numero di aghi finalizzato alla produzione di stampanti con una maggiore
qualità e velocità di stampa; la velocità su queste periferiche è definita dal
numero di caratteri stampati in un secondo e l'unità di misura è il "cps",
caratteri per secondo.
Le prime stampanti erano caratterizzate da testine
con 9 aghi, il che limitava il numero massimo di punti utilizzati per formare i
caratteri; in effetti la qualità era abbastanza scarsa, dato che erano evidenti
i singoli punti che formavano lo stampato. Si è poi passati a periferiche con 18
e 24 aghi, quelle attualmente commercializzate, in grado di generare un numero
maggiore di punti durante la stampa e di rendere disponibili stampati di qualità
prossima a quella delle macchine da scrivere, "NLQ" (Near Letter Quality), o
analoga ad esse, "LQ ", (Letter Quality); queste periferiche garantiscono
notevoli velocità in modalità "draft", cioè modalità di stampa economica che
privilegia più la velocità che non la qualità.
La stampa viene realizzata con
successivi passaggi orizzontali della testina, durante i quali gli aghi vengono
"sparati" sul foglio in base agli impulsi elettrici che arrivano dal PC, il
tutto abbinato ad un contemporaneo avanzamento, o passo verticale dello stesso
foglio.
Da un punto di vista costruttivo le attuali stampanti ad aghi sono così costituite:
testina di stampa a 18 o 24 aghi
cassetto per l'introduzione dei fogli singoli
dispositivo per l'alimentazione dei moduli continui
doppio sistema di avanzamento carta uno a frizione (foglio trascinato da due rulli rotanti) per i fogli singoli e l'altro a trattore (dispositivo dentato che aggancia il foglio proprio nelle zone laterali riproducenti dei fori) per il modulo continuo
nastro inchiostrato inserito in una apposita "cassetta"; in genere il nastro può essere utilizzato più volte invertendone automaticamente il senso di avanzamento e questo sino a quando la qualità della stampa non scende al di sotto di livelli accettabili.
tasti per l'impostazione dei set di caratteri, qualità di stampa, densità di stampa, posizionamento foglio e così via, il tutto coadiuvato da una serie di LED, o da un display LCD, per verificarne la configurazione
Attualmente le stampanti ad aghi
non sono le più vendute essendo state surclassate da quelle a getto
d'inchiostro, ma sono ugualmente presenti in moltissimi uffici dove la velocità
di stampa, l'economicità della stessa, la possibilità di stampare copie multiple
ecc... rivestono un ruolo di primaria importanza; la possibilità di produrre
documenti in più copie da 1+1 a 1+ 7 con l'uso di particolari supporti
autoricalcanti e grazie alla forza del colpo impresso dalla testina di stampa, è
una caratteristica delle sole stampanti ad impatto, particolarmente apprezzata
da uffici commerciali ed amministrativi.
Le stampanti ad aghi possono
essere a 80 oppure a 136 colonne e quindi danno la possibilità di stampare su
tabulati di differenti larghezze, sono in genere dotate di buffer interno
ed emulano differenti linguaggi di stampa; hanno un numero più o meno elevato di
font di caratteri residenti nella memoria ROM. Alcune di queste stampanti
usufruiscono di una opzione colore attraverso l'uso di particolari nastri
inchiostrati, ma il risultato finale non è certo esaltante.
Qualità, velocità di stampa, materiali di consumo, costi
Come detto in precedenza, la
velocità di stampa si misura in "cps", cioè caratteri stampati in un secondo. Le
prime stampanti ad aghi immesse sul mercato non erano particolarmente veloci, ma
oggi è possibile trovare prodotti molto performanti ed in grado di stampare a
più di 1100 cps in modalità draft 10 cpi (HDS - High Speed Draft) o 240 cps in
modalità LQ 10/12 cpi e quindi prodotti decisamente veloci, più di quanto
qualsiasi altra tipologia di stampante in commercio non sia in grado di
fare.
In queste stampanti non si guarda certo la qualità di stampa quanto
la velocità ed economicità dello stesso processo, anche se in modalità LQ,
essendo stampanti a 18 o 24 aghi e con risoluzioni di 360x360 dpi, sono comunque
in grado di offrire dei buoni risultati. Il costo di acquisto varia in genere
dalle poche centinaia di mila lire ad alcuni milioni, anche 7 - 8, per i modelli
più veloci, affidabili e progettati per reggere elevati volumi di stampa
mensili. Poco costosi i materiali di consumo che sono in grado di offrire una
buona autonomia di funzionamento e possono essere facilmente rigenerati, almeno
quelli del tipo "nastri inchiostrati".
Stampanti Laser e LED
(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/267/index.html - di Luca Ruiu)
Introduzione | |
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Le stampanti laser fecero la
loro comparsa negli anni 80 come d'altronde le stampanti a getto
d'inchiostro; ad HP (Hewlett Packard) si deve la produzione della prima
stampante laser costruita sulle basi di una tecnologia sviluppata da
Canon. Una alternativa alla sorgente
luminosa di tipo laser è rappresentata dalle sorgenti LED; queste
stampanti sono molto simili alle laser sia per le modalità di stampa che
per la qualità che si riesce ad ottenere sul testo in B/N. In questi ultimi anni si
stanno sempre più diffondendo periferiche laser o LED a colori che grazie
al perfezionamento della loro tecnologia costruttiva e dei metodi di
fabbricazione hanno visto una progressiva riduzione del loro prezzo di
acquisto ed un contemporaneo miglioramento delle loro prestazioni
velocistiche e qualitative; in campi applicativi professionali possono
rappresentare delle ottime alternative alle stampanti a getto d'inchiostro
rispetto alle quali, pur avendo un maggior costo di acquisto, garantisco
un minor costo di stampa per pagina e sono in grado di offrire degli
ottimi risultati, sia velocistici che qualitativi, anche nella stampa su
carta comune. La risoluzione nelle stampanti laser, o LED, parte dai 300 dpi, anche se oramai quasi tutte le entry level consento di raggiungere i 600 x 600 dpi, fino ai 1200 dpi per i modelli di fascia alta, mentre la velocità di stampa parte dalle 6 ppm fino ad arrivare a 60 è più pagine al minuto; in genere gestiscono formati di foglio pari all'A4, ma ci sono periferiche che utilizzano supporti A3. |
Tecnica | |
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Il principio di funzionamento delle stampanti Laser è abbastanza semplice da illustrare anche se queste periferiche sono un concentrato di alta tecnologia e complessità costruttiva; all'interno della stampante troviamo una sorgente laser che genera un fascio di luce concentrato ed una lente prismatica, cioè una sorta di specchio rotante, in grado di indirizzarlo nei punti desiderati; questo fascio colpisce puntualmente e con grande precisione un rullo di stampa ricoperto da uno strato di materiale fotosensibile, cioè in grado di caricarsi elettricamente se eccitato da un fascio di luce. Lo specchio viene movimentato sulla base dei segnali che arrivano dal nostro PC, in modo tale da "disegnare", per linee orizzontali, l'immagine sul rullo fotosensibile rotante; è un procedimento analogo a quello che governa le stampanti ad impatto ed InkJet, cioè la formazione della pagina avviene per linee orizzontali. Il rullo elettricamente caricato entrando in contatto con una finissima polvere denominata Toner, costituita da piccole particelle di carbone e di resina, attira su di se queste particelle nelle zone caricate elettricamente per poi depositarle, per contatto, sul foglio di carta. Con un successivo processo termico si fissa il Toner al foglio; in pratica il foglio viene fatto passare tra due rulli riscaldati ad alta temperatura in modo tale che il calore fonda temporaneamente la resina contenuta nel Toner fissandolo sul foglio e dando origine a stampe con un nero molto marcato e duraturo nel tempo. Tutto il processo di stampa viene gestito da un apposito processore, in genere di tipo RISC, presente sul circuito integrato della stampante.
Vediamo ora il principio di funzionamento di una periferica laser o LED a colori:
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Com'è fatta una stampante laser | |
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Evidenziamo le principali parti costituenti una stampante laser:
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Qualità di stampa | |
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Andremo ora ad analizzare
cosa si intende per qualità di stampa in stampanti laser e LED, e quali
sono gli accorgimenti che i vari produttori hanno escogitato per
aumentarla. L'insieme degli accorgimenti adottati dai vari costruttori assumono particolari denominazioni quali ad esempio: HP RET (Resolution Enhancement Technology) e HP Ultra Precise Toner per Hewlett Packard, EPSON MicroGray 1200 BiRITech (BiResolution Improvement Technology) per Epson, A.I.R. (Rifinitura Automatica delle Immagini) per Canon e così via. E' ovvio che anche queste tecnologie hanno dei limiti fisici e tecnologici quali ad esempio:
Le stampanti oggi in commercio partono da un minimo di 300 dpi, portati ai virtuali 600 dpi con le tecniche sopra specificate, fino ai 1200 dpi reali. E' bene ricordare che le tecniche sopra descritte aumentano considerevolmente la qualità dei documenti stampati nel caso di testo, ma non garantiscono buoni risultati in immagini stampate con le classiche scale di grigio; qui la reale risoluzione della stampante farà sentire il suo peso. |
Velocità di stampa, materiali di consumo, costi | |
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Velocità di stampa.
L'insieme di tutti questi aspetti:
e così via, contribuiscono a determinare la velocità di stampa. E' bene ricordare che la
velocità dichiarata dai vari costruttori è puramente indicativa, anche se
rimane un utile parametro per valutare le differenze prestazionali tra i
vari modelli commercializzati. Materiali di
consumo Costi |
Stampanti per impieghi professionali
(tratto dal sito: http://www.hwupgrade.it/articoli/267/index.html - di Luca Ruiu)
Periferiche a sublimazione e ad inchiostro solido | |
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Per "stampanti professionali" intendiamo quella categoria di periferiche studiate ed ottimizzate per rispondere alle esigenze di una utenza professionale che va quindi a ricercare determinate caratteristiche qualitative, velocistiche e applicative, quali la stampa su supporti differenti da quello cartaceo, vedi i tessuti, e così via. In commercio esistono molte stampanti per impieghi professionali alcune delle quali commercializzate dalle maggiori case produttrici di periferiche di stampa che abbracciano quindi un mercato che va dall'entry level al professionale, altre invece realizzate da società specializzate in determinati settori professionali e che limitano la loro produzione ad ambienti molto di nicchia e quindi settoriali. Stampanti a
sublimazione d'inchiostro Stampanti ad inchiostro solido
Stampanti thermal -
wax a cera |
Plotter, periferiche multifunzione ed altre | |
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Plotter Queste periferiche
dell'ultima generazione prendono il nome di "Stampanti per grandi
formati" Utilizzano un metodo di stampa di tipo stratificato con con un numero di passaggi più o meno numerosi a seconda dell'effetto cromatico che si vuole ottenere. Ottime le velocità di stampa che vengono definite sulla base della superficie stampabile nell'unità di tempo; possono raggiungere velocità pari a 50 e più m2 /h nelle modalità di stampa veloce, ovviamente questo valore è funzione della tipologia di stampa e del supporto cartaceo utilizzato. Stampanti multifunzione
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LO SCANNER
(tratto dal sito: http://www.boscarol.com/pages/cg/070-scanner.html
- di Mauro Boscarol)
E' periferica di input per acquisire le immagini. Digitalizza (numerizza, trasforma in numeri) le immagini, cioè costruisce una loro rappresentazione numerica, utilizzabile con un computer. Un'immagine digitale può essere:
Il tipo di scanner più diffuso è lo scanner piano, che dall'esterno assomiglia molto a una fotocopiatrice. L'immagine da acquisire si appoggia sul piano di vetro dello scanner, e viene progressivamente illuminata e 'letta' da una testina scorrevole. Esistono scanner per negativi, diapositive e lastre. Lo scanner, come le altre periferiche per la computer grafica, è un dispositivo raster in grado di leggere una immagine originale su carta o pellicola (positiva o negativa) mediante appositi sensori optoelettronici, scomponendola in una matrice o griglia rettangolare di pixel che vengono successivamente trasmessi alla memoria del computer. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Nelle specifiche tecniche degli scanner vengono spesso dichiarate tre risoluzioni: ottica, meccanica e interpolata, per esempio
Questa indicazione va letta così: lo scanner ha 1200 sensori per pollice (cioè sensori ottici sul lato corto del letto: risoluzione ottica) che vengono spostati da un motore, il quale fa 2400 passi in un pollice (sul lato lungo del letto: risoluzione meccanica, più alta di quella ottica). Poiché i motori sono più economici dei sensori i costruttori offrono una risoluzione "bassa" sul lato corto e una "alta" sul lato lungo del letto dello scanner. Ma se i sensori sono 1200 per pollice, la risoluzione dello scanner è in realtà 1200 pixel per pollice (perché il pixel per essere usabile deve essere quadrato, non rettangolare). La risoluzione interpolata, poi, non ha alcun valore perché introduce molti dati ma nessuna informazione. E se è proprio necessario interpolare (cioè aggiungere altri punti), meglio farlo con una applicazione, per esempio Photoshop. In conclusione: di tutte le risoluzioni di uno scanner a letto piano (ottica, meccanica, interpolata) l'unica che conta è la risoluzione ottica, la più bassa di tutte. Maggiore è questa risoluzione, migliore è lo scanner. La risoluzione ottica di uno scanner a tamburo arriva fino a 9600 ppi, quella di uno scanner a letto piano può arrivare a 3800 ppi. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Tutti gli scanner (a parte rarissime e costosissime eccezioni) leggono i colori in RGB, cioè, per ogni pixel, leggono tre valori di intensità luminosa: rosso, verde, blu. Gli scanner più economici leggono possono leggere 256 gradazioni di rosso, altrettante di verde e altrettante di blu. Poiché uno di questi valori di luminosità si può rappresentare con 8 bit, si dice che lo scanner ha una profondià di colore (bit depth) di 8 x 3 = 24 bit. La profondità di colore in uno scanner desktop può andare da 24 a 48 bit.
Per questioni che riguardano la possibilità di fare correzioni tonali (cioè correzioni di luminosità) sull'immagine, 8 bit per colore sono normalmente insufficienti. Ce ne vogliono almeno 10, 12 o meglio ancora 16. Quindi scanner a 30, 36 o 48 bit. Il fatto di avere più bit consente di fare correzioni tonali senza perdere troppe informazioni, e soprattutto, se il software lo permette, durante la scansione (senza perdere tempo successivamente). | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Nessuno scanner arriva a leggere i valori estermi di 0% e 100% di nero. Ogni scanner può leggere da un livello minimo a un livello massimo di nero. Questi livelli di nero vengono indicati come densità (density), che è la capacità di una superficie o materiale di assorbire la luce. In quanto tale deriva direttamente dalla riflettanza (per i materiali opachi) o trasmittanza (per i materiali trasparenti) della superficie in questione: minore è la riflettanza maggiore è la densità. Per esempio, se una pellicola trasmette il 60% della luce (e assorbe l'altro 40%) possiamo dire che la trasmittanza è 60% o 0,6. Analogamente se un'altra pellicola trasmette 1/500 della luce che la colpisce, la sua trasmittanza sarà 0,002. Lo standard di misura della densità prevede di considerare l'inverso della riflettanza o trasmittanza (nei due casi precedenti 5/3 e 500) e prenderne il logaritmo in base 10 (nei due casi precedenti 0,22 e 2,70); cioè, nel caso della trasmittanza densità = log10 (1/trasmittanza) e analogamente per la riflettanza. Teoricamente i valori di densità vanno da 0 a infinito, ma una superficie non è mai un assorbente perfetto e in pratica gli intervalli di densità che vengono letti da uno scanner in riflessione vanno da 0,1 a 3,7. L'intervallo dinamico (o intervallo di densità, dynamic range) è la differenza tra due densità estreme (massima e minima). Per esempio se la densità minima di uno scanner è 0,1 (quasi bianco o trasparente) e la massima è 3,4 (quasi nero o totalmente opaco), l'intervallo dinamico dello scanner è 3,4 - 0,1 cioè 3,3. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Una foto stampata su carta ha normalmente un intervallo dinamico di circa 2. Una pellicola negativa ha un intervallo dinamico di circa 3. Una diapositiva ha un intervallo dinamico fino a 4. In altre parole, una foto stampata permette una variazione di chiari/scuri abbastanza povera, una foto su pellicola negativa è meno limitata, una diapositiva ha una variazione di chiari/scuri molto superiore. La densità e l'intervallo dinamico si misurano con il densitometro. Profondità di bit e intervallo dinamico possono essere immaginati come una scala: l'intervallo dinamico descrive l'altezza della scala e la profondità di bit descrive il numero di gradini. Uno scanner con un ampio intervallo dinamico (in grado di catturare informazioni da quelle molto chiare a quelle molto scure) con soli 256 gradini (8 bit) non è molto utile, come non lo è uno con oltre 65000 gradini (16 bit) ma con un intervallo dinamico ridotto. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Esistono
Entrambi i tipi di scanner leggono la luce riflessa da un originale riflettente e la luce trasmessa da un originale trasmittente. La sorgente luminosa proietta una fascio luminoso tipo laser (negli scanner a tamburo) o una lampada fluorescente (negli scanner a letto piano) che "scansiona" l'originale. La luce letta viene passata all'unità sensoriale dello scanner dove viene divisa nella parte rossa, verde e blu e delle unità optoelettroniche (PMT negli scanner a tamburo e CCD negli scanner a letto piano) leggono la luce per ogni colore e la trasformano in segnali elettrici che vengono amplificati, convertiti in digitale e trasmessi al computer. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Gli scanner a tamburo sono quelli usati dalle fotolito da qualche decina d'anni, e sono i più costosi (oltre 300 milioni di lire). Questi scanner leggono l'immagine utilizzando come lettori ottici i PMT (photomultiplier tube, fotomoltiplicatori). Si tratta di una tecnologia molto costosa, che tuttavia permette di ottenere risultati superiori nella lettura dei dettagli. Esistono anche gli scanner da tamburo in miniatura, da mettere sulla scrivania (baby drum) il cui costo parte da 30 milioni di lire. Gli scanner a tamburo sono consigliati solo per esigenze di grande precisione e di alta risoluzione. Occorre tener presente che con questo tipo di scanner non è sufficiente posizionare l'originale e fare clic, come con gli scanner desktop. E' invece necessario sistemare l'originale con molta precisione sul cilindro trattenendolo con appositi liquidi o nastri adesivi. Gli scanner a tamburo veri e propri occupano almeno due persone: una per montare gli originali sul tamburo e una per la scansione. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Scanner a tamlburo Heidelberg PrimeScan D8400 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Gli scanner desktop, detti anche "a letto piano" utilizzano come lettori ottici i CCD (charge-coupled device, dispositivi ad accoppiamento di carica). Si tratta di una tecnologia più economica rispetto ai PMT, ma inferiore nei risultati. Va tuttavia considerato che i PMT sono giunti al termine della loro evoluzione, mentre le prestazioni dei CCD continuano a migliorare. Gli originali che è possibile leggere con gli scanner desktop possono essere
Normalmente gli scanner desktop sono ottimizzati per originali riflettenti ma quasi tutti offrono un supporto (a forma di coperchio) che consente la scansione di pellicole trasparenti (negative o positive) anche se i risultati non sono sempre eccellenti. Per avere buoni risultati sui trasparenti (almeno 4 x 5 pollici) ad alta risoluzione, necessaria per la scansione di originali piccoli da ingrandire, e con un ampio intervallo dinamico che si avvicini il più possibile a quello delle diapositive (circa 3.6). Esistono anche scanner unicamente per trasparenti, positivi o negativi. I più economici sono dedicati ai 35 millimetri, i più cari possono fare la scansione di pellicole di 4 x 5 pollici. Questi scanner possono dare risultati simili agli scanner a tamburo. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Heidelberg Linoscan 1450 con interfaccia FireWire | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Riassumendo, ci sono cinque cose importanti da controllare quando si sceglie uno scanner:
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IL MODEM
Il modem (Modulatore/Demodulatore) è una apparecchiatura che permette di far dialogare 2 computer attraverso una normale linea telefonica. Il modem converte i segnali del computer in suoni che vengono ricevuti e riconvertiti dal modem in ricezione dall'altra parte.
Il computer usa il linguaggio digitale dei bit, cioè valori logici "0" e "1" rappresentati da impulsi di corrente. Sulle linee telefoniche viaggiano però onde elettriche continue (analogiche). Il modem è l'interprete tra questi due linguaggi e permette la trasmissione di pacchetti di informazione tra il client (computer chiamante) e il server (computer ricevente).
Generalmente i modem hanno anche la funzionalità di fax.
I modem possono essere esterni (vedi figura) oppure interni (schede contenute all'interno del cabinet).
Questo preziosissimo dispositivo consente i collegamenti a Internet, servizi online, banche dati e BBS, ha subito negli ultimi anni straordinari incrementi di prestazioni tanto da arrivare a velocità di 56 kilobit (57.600) per secondo:
Anno | 1995 | 1996 | 1997 | 1998 |
Velocità Kbps | 14,4 | 28,8 | 33,6 | 56 |
Lo standard ufficiale V90 56K ITU, che regola la trasmissione a 56 Kbps, annunciato nel febbraio 1998, è stato ratificato dall' International Telecommunication Union (ITU) a settembre 1998. Definito lo standard ufficiale sulla tecnologia a 56Kbps, è cessata la battaglia tra il K56flex (sviluppato dalla Rockwell Semiconductor in collaborazione con Lucent Technologies) e il protocollo X2, cavallo di battaglia della 3Com (precedentemente US Robotics). Lo standard V90 consentirà la loro perfetta compatibilità. Queste aziende continueranno a produrre tecnologie differenti ma troveranno la loro compatibilità sullo standard approvato. Vale la pena precisare, comunque, che tale velocità è raggiungibile solo in ricezione, in normali collegamenti invece, il canale di invio, che viene utilizzato dall'utente per impartire comandi e richieste alla rete, garantisce un'ampiezza di banda fino a 33.6 Kbps. Chi è in possesso di un modem K56 Flex ed effettua l'aggiornamento al V90, potrà collegarsi ad un ISP ( Internet Service Provider) che dispone di modem con tecnologia x2 (a patto che anche quest'ultimo abbia effettuato l' upgrade al V90). I primi modelli V90 dovrebbero già essere disponibili, nel caso non lo fossero, prima di scegliere un modem a 56 kilobit per secondo, comunque, è necessario informarsi su quali protocolli e dispositivi utilizza il vostro provider Internet (non essendo possibile far dialogare a 56 kbps un modem K56flex e un x2, entrambe le tecnologie porterebbero la velocità a 33,6 Kbps rendendo quindi inutile il possesso di un 56 Kbps). C'è infine da chiarire un ultimo, ma non meno importante, aspetto: tutti coloro che hanno precedentemente acquistato un modem 56KFlex oppure x2, in conformità con il loro provider, continueranno ad utilizzare il loro dispositivo senza dover effettuare nessun upgrade alla tecnologia V90. Nella tabella che segue cercheremo di chiarire meglio questo concetto:
Modem utente |
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Compatib. | Veloc. utente Kbps | |||||
Kbps | Standard | V90 | Standard | V90 | fra modem | Trasm. | Ricez. | |
33.6 | 33.6 | K56Flex/x2 | no | 33.6 | 33.6 | |||
56 | K56Flex | no | K56Flex | no | si | 33.6 | 56 | |
56 | x2 | no | x2 | no | si | 33.6 | 56 | |
56 | K56Flex | no | x2 | no | no | 33.6 | 33.6 | |
56 | x2 | no | K56Flex | no | no | 33.6 | 33.6 | |
56 | K56Flex | si | K56Flex | si | si | 33.6 | 56 | |
56 | x2 | si | x2 | si | si | 33.6 | 56 | |
56 | K56Flex | si | x2 | si | si | 33.6 | 56 | |
56 | x2 | si | K56Flex | si | si | 33.6 | 56 |
Utente | Linea telefonica analogica | Provider | ||
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Modem 33.6 Kbps | Modem 33.6 Kbps |
Utente | Linea telefonica digitale | Provider | ||
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Modem 33.6 Kbps | Modem 33.6 Kbps |
Utente | Provider | |||||
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33,6 Kbps ![]() ![]() |
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Centrale digitale | |||||
Modem 56 Kbps V90 |
Modem 56 Kbps V90 |
Quale modem ?
La prima cosa a cui fare attenzione al momento dell'acquisto
è l'OMOLOGAZIONE, cioè la certificazione ministeriale che autorizza all'uso del
dispositivo con le linee italiane.
Verificare, poi, che il modem
scelto possegga un'architettura FLASH ROM (un tipo di memoria a sola lettura che
può essere riscritta con una semplice procedura software) che permette di
aggiungere nuove funzioni al modem semplicemente caricando nella sua memoria un
file di istruzioni.
La scelta dovrebbe comunque cadere sul 56 Kbps anche se, naturalmente dipende dal tipo di utilizzo che se ne vuole fare. Fra normali utenti che intendono solo trasferire dati, non potrà mai essere superata la velocità dei 33,6 Kbps. Gli utenti Internet possono invece trarre beneficio da questa velocità a patto che il loro provider la supporti. Un utente Internet, comunque, deve prima informarsi sul protocollo del proprio fornitore di accesso. Il vantaggio di un modem a 56 Kbps è quello di ricevere una risposta più immediata delle pagine Web, della posta elettronica e dei download in generale.
Esempio dei tempi necessari per ricevere un documento di 1 Mb con velocità di ricezione costante
Velocità Kbps | tempo |
33,6 | circa 4 minuti |
56 | circa 2 minuti e 30" |
Attenzione: la velocità di ricezione non dipende solo dal tipo di modem: possono rallentare la velocità il numero di utenti collegati al Service Provider in uno stesso momento, la qualità della linea e il traffico sulla rete: se i dati arrivano lentamente da Internet al provider, non importa quanto sia veloce il collegamento con quest'ultimo, visto che il limite è a monte.
Accertarsi, comunque, della presenza nel modem di una ROM Flash per permettere l'aggiornamento del firmware prelevabile dal sito Internet della casa produttrice. Tale aggiornamento consente, ad esempio, di incrementare la velocità a 56 Kbps su un modem a 33.6 Kbps o di effettuare l'upgrade alla tecnologia V90. Sarà utile avere a disposizione funzioni di segreteria telefonica , fax e messaggi vocali.
Esterno o interno ?
Entrambe le soluzioni presentano pro e contro sui quali è bene riflettere :
Connessione ISDN: Concetti generali
La sigla ISDN è l'acronimo di Integrated Services Digital Network, ovvero Rete Numerica Integrata nei Servizi. E' un servizio offerto dalla Telecom basato sulla trasmissione digitale dei dati. Il servizio telefonico che usiamo comunemente è analogico, o per meglio dire è stato digitalizzato solo a partire dalla centrale, mentre rimane analogico dalla comune presa telefonica nell'abitazione fino alla centrale. La digitalizzazione dei dati su rete ISDN, consente, utilizzando il normale doppino telefonico in rame che giunge nelle nostre case, di gestire una maggiore quantità di dati che vengono normalmente trasmessi su linea analogica. Grazie alla tecnologia ISDN si può ad esempio utilizzare un normale collegamento telefonico per ricevere nella propria abitazione due linee telefoniche indipendenti, ma utilizzabili contemporaneamente, per collegare, ad esempio, telefono e modem.
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=== | ![]() |
Canale A |
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Telefono |
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Computer | ||||
Provider | Centrale Telefonica |
Linea ISDN su normale doppino telefonico |
Residenza utente |
Vale la pena precisare che la linea ISDN consente di trasportare i dati con velocità nettamente superiori rispetto a quelle raggiungibili con i normali modem collegati alle tradizionali linee telefoniche.
Esempio dei tempi necessari per ricevere un documento di 1 Mb (1.024.000 byte, ossia 8.192.000 bit) con velocità di ricezione costante
Linea | Velocità Kbit per secondo | tempo |
Analogica | 28,8 | circa 4 minuti e 40" |
Analogica | 33,6 | circa 4 minuti |
Analogica | 56 | circa 2 minuti e 30" |
ISDN | 64 | circa 2 minuti e 5" |
Le linee ISDN hanno il vantaggio della velocità. Collegandosi ad Internet via ISDN avremo la possibilità (anche se teorica) di navigare a 64 kilobit ( 65.536 bit ) per secondo, ad una velocità superiore di 2,2 volte rispetto ad un normale modem da 28,8. Ma il punto cardine della convenienza risiede nella possibilità di utilizzare due linee telefoniche contemporaneamente. E' possibile fare e ricevere telefonate mentre si è connessi alla rete con la prerogativa di sfruttare la massima velocità con una buona qualità di segnale priva del rumore di fondo.
Utilizzare una linea ISDN per l'accesso ad Internet presuppone l'acquisto di un ' terminal adapter ' (modem ISDN). Questo dispositivo sulle linee ISDN sostituisce il normale modem. Se avete avuto modo di leggere la nostra pagina dei modem, avrete intuito che non ha senso parlare di modem per le linee ISDN. Il modem converte il segnale digitale del PC in analogico (e viceversa ) . Poichè la linea ISDN opera con segnale digitale ne consegue che quest'ultimo non deve essere convertito. I terminal adapter sono di due tipi:
In teoria, le linee ISDN consentirebbero di avere velocità di 128 kilobit per secondo ottenute aggregando la banda a disposizione dei due singoli canali (64 kilobit). Per questo motivo la connessione di un termianal adapter sulla porta seriale, con una velocità massima di 115 kilobit per secondo, potrebbe risultare limitativa. Ma in effetti il problema attualmente non si pone, in quanto gli Internet Provider offrono abbonamenti a 64 kilobit.
Ricordate, comunque, che l'essere in possesso di una linea digitale velocizzerà il collegamento tra voi e il vostro provider, non quello che dal provider raggiungerà qualsiasi altro sito pesente sulla rete. Se ci consentite una analogia, comprenderete che non ha molto senso viaggiare su una veloce auto, ad elevata velocità su un raccordo stradale a 64 corsie che immette poi in una trafficatissima autostrada a due corsie. Lo stesso discorso è applicabile ad Internet. Se, ad esempio, nella connessione ad un sito taiwanese entrate in un tratto a 12,5 Kilobit/secondo, non servirà a molto avere una velocità di 64 Kb/sec. da casa vostra al vostro provider. Questo è bene saperlo per evitare facili illusioni. La linea ISDN rappresenta comunque un notevole salto di qualità. Se dovete (oltre ad Internet) affrontare problemi di telelavoro, videoconferenza o trasferire dati ad alta velocità avete trovato la soluzione adatta.
Connessione ADSL: Concetti generali
(tratto dal sito: http://adsl.html.it/articoli2/02.htm - di Gianfranco Valente)
l sempre maggiore utilizzo di Internet nei più svariati
campi di applicazione ha reso necessario lo studio di tecnologie di trasmissione
più veloci, per soddisfare lo scambio dati, immagini e suoni con il conseguente
impegno delle società telefoniche ad attuarle.
Una di queste è l'ADSL
(Asymmetric Digital Subscriber Line), il nuovo sistema di comunicazione e
trasmissione dati che consente la trasformazione di una linea telefonica
analogica in una linea digitale ad elevata velocità di scambio dati, utilizzando
dei particolari modem, denominati appunto modem ADSL, che a seconda del provider
scelto vengono forniti in comodato o in vendita . La velocità di trasmissione
raggiunta da questi modem supera i 6 Mbps dalla centrale telefonica
all'utente(downstream) e può arrivare fino a 640 Kbps dall'utente verso la rete
stessa (upstream) ed è appunto per questo motivo che viene definita trasmissione
asimmetrica.
A differenza delle normali linee telefoniche, la tecnologia ADSL
utilizza una banda di frequenza superiore per trasportare in forma numerica
dati, immagini e audio.
L'ADSL opera una compressione del segnale e lo divide in segnali di differenti frequenze, sempre diverse da quella adottata dalla trasmissione audio con il telefono; in questo modo il canale per la ricezione di telefonate anche con PC connesso ad Internet rimane sempre libero. In pratica lo spettro di frequenze supportate dal doppino in rame arriva fino a 1,1 MHz, rispetto ai 4 KHz sfruttati, e l'ADSL, e quindi i dispositivi che si basano su questa tecnologia, non fanno che suddividere i segnali in sottosegnali di differenti frequenze, comprese tra i 64 KHz e 1,1 MHz. Non si sovrappone con la frequenza di 4 KHz destinata alla gestione delle trasmissioni vocali ma sfrutta un campo di frequenze supportate dal doppino in rame e mai utilizzate.
ADSL trasforma la linea telefonica tradizionale in connessioni digitali per il trasferimento dati. Dunque utilizza il vecchio doppino telefonico (due cavetti in rame arrotolati su sé stessi) per navigare in Internet a velocità 10 volte superiore a linee ISDN e 50 volte superiore a modem 56K. Per rendere possibile queste prestazioni la linea telefonica viene suddivisa in tre canali di frequenze distinte:
La suddivisione in canali con diversa frequenza permette, da un lato di aumentare la velocità di collegamento, dall'altro di non occupare la linea telefonica tradizionale quando si è connessi ad Internet. In altri termini si può navigare e contemporaneamente parlare al telefono, senza per questo dover installare una nuova linea telefonica (come per ISDN). Il valore di 640 Kb in entrata non è il limite massimo consentito dalla tecnologia DSL, che in realtà può raggiungere la velocità di 1,5 Mb al secondo. Si tratta di un limite massimo possibile dall'attuale sistema delle telecomunicazioni nazionali, che comunque non viene garantito dai fornitori di accesso
Nessun provider garantisce una velocità minima di upstream e downstream, ed è possibile che i 640 Kb teorici non vengano mai raggiunti. Anzi, molti paventano il dubbio che quando il numero di utenti crescerà le prestazioni scadranno notevolmente. In effetti la velocità di connessione dipende da fattori che ADSL non può prevedere:
Per mantenere separato il segnale digitale da quello voce
del telefono occorre installare un filtro chiamato "Splitter" sulla linea ADSL
in arrivo dalla centrale telefonica a cui va collegato direttamente il modem ed
un eventuale router, se abbiamo una rete lan, e un normale telefono.
Nella
centrale telefonica un altro splitter separa i diversi segnali in arrivo dalla
sede dell'utente. Tali segnali vengono instradati su una rete digitale ad alta
velocità verso il provider e quindi ad Internet, mentre il segnale voce viene
inviato alla tradizionale rete telefonica.
La configurazione minima richiesta per poter utilizzare la
tecnologia ADSL per i personal computer è un sistema operativo Windows95. E'
tuttavia consigliato Windows98. Per i Macintosh, e' consigliato l'utilizzo del
sistema operativo MacOS 8.5 e PPC.
E' possibile attivare la connessione ADSL
anche utilizzando Linux , seppur con delle attenzioni che riguardano il supporto
e la compatibilità dei dispositivi (modem e schede Ethernet) necessari.
Una
connessione Adsl può anche essere utilizzata per effettuare videotelefonate: due
utenti lontani possono chiamarsi con un qualsiasi programma di videoconferenza e
parlare con qualità perfetta senza nessun addebito in bolletta.
L'ADSL, in
ultima analisi, rende permanente il collegamento a Internet ed elimina le
operazioni di connessione/disconnessione alla Rete attraverso i tradizionali
modem. La connessione rimane sempre attiva 24 ore su 24, anche se il computer è
spento, ed è subito disponibile non appena il computer viene acceso o collegato
alla rete aziendale.
La configurazione hardware e software necessaria per utilizzare i servizi
ADSL standard è: